«Minacce di morte a Melis per avere un altro miliardo» di Giovanni Bianconi

«Minacce di morte a Melis per avere un altro miliardo» «Minacce di morte a Melis per avere un altro miliardo» L'ULTIMO INTERROGATORIO ROMA ON teoremi, ma «elementi concreti», aveva detto il procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli ai giornalisti in mia pausa dell'interrogatorio del suo collega Lombardini. Elementi concreti che il magistrato sardo ha conosciuto ieri per la prima volta durante l'interrogatorio, che ha negato fermanente nel corso di un faccia a faccia lungo ma tutto sommato «ordinario», finché non s'è concluso con la tragedia. L'elemento principale a carico del procuratore circondariale di Cagliari erano le dichiarazioni di Tito Melis, il padre di Silvia: un incontro - aveva riferito lo stesso Melis - nei pressi dell'aeroporto di Elmas tra lui e Ixjrnbarduii, nel corso del quale si sarebbe consumata la tentata estorsione. I due, ha detto Melis, si videro da soli, anche se sul posto c'era anche l'avvocato Garau (ora indagato per favoreggiamento) che però non partecipò al colloquio «incri- minato». Secondo il racconto di Mehs, Lombardmi sarebbe arrivato addirittura a delle minacce di morte per lui e per la figlia che era ancora nelle mani dei sequestratori, se non avesse fatto quello che gli stava chiedendo: far avere un secondo miliardo all'avvocato Piras, l'altro legale coinvolto nella vicenda insieme con l'imprenditore Grauso, nonché recapitare a Piras una lettera liberatoria per il primo miliardo già consegnato. In quello scritto Mehs doveva comunicare a Piras che poteva pagare il riscatto utilizzando il primo miliardo, perché dai magistrati di Cagliari era arrivata un'autorizzazione in tal senso. Ma non era vero. Alle parole di Mehs i magistrati palermitani avrebbero trovato alcuni riscontri. In primo luogo la lettera, che Mehs avrebbe effettivamente scritto. Poi ci sarebbe una recente testimonianza di Piras, che avrebbe confermato l'incontro tra il padre della ragazza ostaggio dei banditi e il procuratore Lombardini. Altri elementi a sostegno dell'accusa sarebbero venuti dalle agende dell'avvocato Garau, che assisteva Tito Mehs: alarne annotazioni sull'agenda confermerebbero la versione fornita da Melis. Lombardini ha negato che l'incontro sia mai avvenuto. «Mehs s'è inventato tutto», ha ripetuto più volte. Ma quali motivi avrebbe avuto il padre di Silvia per accusare ingiustamente il magistrato, lui stesso non l'ha saputo spiegare. In ogni caso i magistrati di Palermo non hanno mai contestato a Lombardini di essersi intascato una quota del riscatto. Per lui il reato ipotizzato era il concorso in estorsione in relazione al primo miliardo realmente consegnato da Melis, e il concorso nella tentata estorsione per il secondo, che invece Mehs non ha mai pagato. Secondo l'accusa, infatti, non sarebbe veritiera la versione data da Grauso sul pagamento del pri¬ mo miliardo. Dagli elementi emersi finora nell'indagine, per gh inquirenti non è mai avvenuto il pagamento notturno ad emissari della banda di sequestratori di cui ha parlato l'imprenditore mdagato, 0 quale ora accusa i magistrati di aver provocato la morte di Lombardini. Nel corso dell'interrogatorio sono state fatte a Lombardini anche alcune domande sui suoi rapporti con il generale Francesco Delfino, a sua volta accusato di estorsione nell'indagine sul sequestro Soffiantini, ma si tratta di un capitolo «minore» dell'inchiesta. Dai tabulati telefonici risultavano alcuni contatti tra il generale e il magistrato, e Lombardini ha spiegato che conosceva da tempo Delfino, e Il procuratore di che i colloqui telefonici non avevano nulla a che vedere con l'indagine a suo carico. Che verteva, invece, essenzialmente sull'incontro con Mehs. E dopo aver negato tutto, quando i magistrati hamio chiesto l'esibizione di alcuni documenti e di aprire loro il computer perché potessero guardarci dentro, Lombardini si è chiuso nel suo ufficio e si è sparato. Giovanni Bianconi Il procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli

Luoghi citati: Cagliari, Elmas, Roma