Tentata violenza nell'ufficio postale di Angelo Conti

Tentata violenza nell'ufficio postale E' successo al pomeriggio in corso Grosseto: le porte erano aperte, ma non c'erano gli impiegati Tentata violenza nell'ufficio postale La donna ha reagito: «L'ho morsicato e lui è scappato» IL CORAGGIO DI RIBELLARSI UN uomo ha cercato di violentarmi, in un ufficio postale abbandonato ed incustodito. Ho lottato per molti minuti, l'ho respinto, sono riuscita a farlo fuggire. Poi l'ho inseguito, chiamando carabinieri e polizia. L'ho perso un quarto d'ora dopo, fra la folla di un supermercato. Ma so che un giorno pagherà: sulla mia gonna ha lasciato il suo liquido seminale e il suo Dna». Quella di Giovanna Lippolis, 29 anni, disoccupata, è una storia emblematica della Torino deserta di questi giorni. Una storia che la stessa ragazza, dopo aver reso denuncia ai carabinieri, ha ripetuto davanti al cronista, accettando volentieri di comparire, con il proprio nome e cognome: «Perché di fronte a fatti del genere dobbiamo avere coraggio: solo cosi riusciremo un giorno a non farli più accadere». L'aggressione risale a venerdì scorso, 7 agosto. Sono le 17 quando Giovanna esce dall'officina di un amico: «Aveva compilato il modulo 740 con una settimana di ritardo, mi sono offerta di andar¬ lo a spedire. Sapevo che l'ufficio postale di corso Grosseto era aperto anche al pomeriggio, sino alle 18: mi sono diretta lì». In realtà quell'ufficio non è operativo, perché dal primo agosto anticipa la chiusura alle 14, ma è tutt'altro che chiuso. Giovanna, infatti, non ha difficoltà ad entrare nel grande atrio degli sportelli: «Una volta dentro, ho subito capito che qualcosa non funzionava, non c'era traccia di impiegati dietro i vetri blindati. Ho fatto qualche passo, ho chiesto ad alta voce se c'era qualcuno. E' a questo punto che ho avvertito una presenza alle mie spalle, ed un attimo dopo due mani hanno cominciato a serrarmi il collo. Per un attimo ho pensato: sono finita nel bel mezzo di una rapina, ecco perché non vedo gli impiegati, devono essere tutti a terra. Ma tre secondi dopo ho capito che non era così: quell'uomo aveva i pantaloni abbassati ed intenzioni assolutamente inequivocabili». Mentre il maniaco le si avvicina sempre più, le è addosso e compie atti di libidine, Giovanna urla a squarciagola. Ma nessuno può sentirla: il palazzo è vuoto. «Cercavo di resistere, ed intanto mi accorgevo di essere realmente sola. Lui gridava, mi minacciava, ripeteva che non dovevo guardarlo in viso. Quando mi ha messo le mani sotto la gonna ho capito che dovevo fare conto solo su di me: mi sono ribellata e l'ho morso alla mano. Quasi gli staccavo un dito». Sorpreso dalla reazione, scosso dal dolore, con la mano sanguinante, il maniaco a questo punto fugge: «Lo ricordo bene: capelli biondo scuri, ocelli nocciola, sui 45 anni, alto 1,60, maglia verde, pantaloni blu e scarpe beige. L'ho visto allontanarsi dall'ufficio postale ed allora l'ho inseguito. Ho guardato nel gabbiotto dei sorveglianti, fuori sulla sinistra, accanto al cancello: non c'era nessuno. Ho chiesto allora aiuto a due carrozzieri, sull'altro lato della strada, senza ottenere risposta. Allora ho cominciato ad inseguire quell'uomo, chiamando il 112 ed il 113. Ma il maniaco, che aveva percorso senza fretta mi lungo tratto di corso Grosseto, si è mescolato con la folla del supermercato Continente». Giovanna, con molta freddezza, si è allora presentata ai carabinieri della stazione Campidoglio. Il verbale risulta aperto alle 18,20, appena un'ora dopo l'aggressione: «I militari sono stati molto cortesi, mi hanno ascoltato con attenzione, hanno sequestrato la gonna macchiata dal suo liquido seminale. Io sono sicura che lo prenderanno, ma qualcosa bisognerà dire al dirigente di quell'ufficio postale, che ha lasciato le porte aperte, ed anche al custode, che non era al suo posto quando ne avevo bisogno». Angelo Conti Jm m Giovanna Lippolis: «Racconto quel che mi è successo perché non accada più»

Persone citate: Giovanna Lippolis