Cede la diga dello yen, le Borse tremano

Cede la diga dello yen, le Borse tremano La divisa giapponese ai minimi del '90. A Wall Street cresce l'esercito dei ribassisti Cede la diga dello yen, le Borse tremano Dall'Asia all'Europa un lunedì nero per i listini MILANO. Le vendite salgono, salgono e la diga dello yen comincia a scricchiolare per davvero. E' dal disagio della moneta giapponese, scivolata a quota 146,65 (ai minimi dall'agosto del 1990) che arriva la nuova ondata di malessere che rischia di arroventare il Ferragosto dei listini di tutto il mondo. Scendono le Borse del Far East (Tokyo -1,28, ma va peggio a Pechino e a Seul). Scendono i titoli nella vecchia Europa, da Milano (-1,59) a Francoforte e Parigi, sotto attorno il 2,5%. Ancor peggio va a Zurigo (-2,91), il mercato più sensibile ai derivati su Wall Street, quasi ad anticipare la seduta negli Stati Uniti, negativa fin dalle prime battute. Ma perché la caduta dello yen? E, soprattutto, per quale motivo la discesa della moneta asiatica rischia di creare tanti problemi alle Borse? Lo yen, prima risposta, scende perché ormai nessuno si illude che Tokyo possa uscir in fretta e senza enormi sacrifici dalla voragine della recessione più grave degli ultimi 50 anni. E' di questa opinione lo stesso Alan Greenspan, presidente della Federai Reserve, che l'avrebbe confidato (la fonte è l'autorevole settimanale «Focus») a Gerhardt Schroeder, candidato socialdemocratico alla successione di Kohl. La sfiducia nello yen, poi, ha trovato alimento nelle mosse d'esordio del nuovo governo di Tokyo, a partire dalle gaffes iniziali del nuovo ministro delle Finanze, Kiichi Miyazawa, decano della politica nipponica. «Merita un premio - ironizza il Financial Times - perché è stata la conferenza stampa meno convincente della storia economica. Chi l'ha guardata è corso a vendere yen...». Cosa che , probabilmente, hanno fatto molte famiglie giapponesi che solo da pochi mesi dispongono di una relativa libertà di investimento in valute straniere. Ma perché la discesa dello yen spaventa tanto le Borse? Perché, innanzitutto, uno yen svalutato darebbe nuova energia all'esercito degli esportatori di Tokyo (l'industria non fa mistero di gradirla, Mitsubishi scommette su quota 155 contro il dollaro) affamati di ordini di vendita di fronte alla caduta drammatica della domanda interna. Ma una svalutazione in Giappone può costringere la Cina a far lo stesso. E dopo l'accoppiata CinaHong Kong potrebbe toccare al resto del Far East. Il Vietnam, anzi, ha già svalutato del 9%. Ma una seconda svalutazione in Corea del Sud, Malaysia, Thailandia e così via renderebbe molto difficile la soluzione della crisi finanziaria di quei Paesi che, a fatica, stanno cercando di rispettare gli accordi con il Fondo Monetario restituendo i debiti contratti in dollari. La crisi asiatica, insomma, comporta una doppia minaccia: l'arrivo di esportatori particolarmente agguerriti e disperati; l'insolvenza di debitori pubblici (gli Stati del Far East) e privati (le banche di Tokyo, «sotto» di 100 mila miliardi di lire sul fronte delle sofferenze e dei crediti incagliati) capaci di far tremare la finanza di Wall Street e le grandi banche europee, olandesi e tedeschi in testa. La situazione, insomma, non è allegra nemmeno per l'Europa o gli Stati Uniti anche se, grazie al basso livello del costo del dena¬ ro, non si respira aria di panico o di crollo imminente. Grandi masse di denaro, però, si stanno trasferendo dai mercati di ri¬ schio a quelli monetari, con il risultato che molti contratti, tra cui il Btp future, hanno segnato ieri un nuovo primato assoluto. Anche i grandi gestori, insomma, stanno erigendo barriere e trincee contro il rischio di una crisi improvvisa che, avvertono i «guru», potrebbe sconvolgere i mercati a fine settembre o a ottobre, il mese più delicato per Wall Street. Impressiona, al solito, il comportamento di Warren Buffett, il più che settantenne re dei listini, socio numero uno di Coca Cola, Walt Disney e altri colossi Usa, che contende al suo giovane amico Bill Gates la palma di uomo più ricco del mondo. Il suo fondo Berkshire Hathaway (mille dollari investiti all'inizio Anni Cinquanta sono diventati 40 milioni....) ha venduto 4,6 miliardi di zero-coupon sui T-Bond, i Btp americani, convinto che il livello dei tassi ha ormai toccato il punto minimo. Seconda mossa, ha acquisito un gigante della riassicurazione riducendo al minimo il portafoglio di titoli da «trading». Anche Buffett, perciò, si è schierato dalla parte dei ribassisti. Il malessere, insomma, sembra aver messo radici solide anche sulle due rive dell'Atlantico. Non stupisce che Londra, la Borsa più sensibile agli umori americani, sia piombata ai minimi degli ultimi sei mesi o che a Parigi soffrano, in particolare, i titoli del lusso, a partire da Lvmh. Una curiosità: Mannesmann, socia fortunata di Olivetti, ha perso ieri 7 inarchi. Colpa della battaglia al ribasso delle tariffe telefoniche in Germania, dove la concorrenza a vantaggio dei clienti si fa sentire per davvero... J UN LUNEDI' NERO j (Chlusuie delle principali Bom) Marzotto rimescola le carte Nelle due foto operatori sconfortati alla Borsa di Tokyo per il lunedì nero dello yen

Persone citate: Alan Greenspan, Bill Gates, Buffett, Gerhardt Schroeder, Kiichi Miyazawa, Kohl, Walt Disney, Warren Buffett