Bocciate le telecamere-poliziotto di Francesco Grignetti
Bocciate le telecamere-poliziotto «Lede i diritti dei singoli», ma il ministero dell'Interno vuole estenderne l'uso Bocciate le telecamere-poliziotto Rodotà contro la videosorveglianza ROMA. La chiamano «videosorveglianza». Non ò l'uso (vietatissimo) di quelle microtelccamere da spioni a cui danno la caccia i carabinieri, ma quello lecito delle telecamere che catturano immagini di autostrade o piazze malfamate. E' una tecnologia dallo tante funzioni. Vigilare i varchi dei centri storici. Controllare l'andamento del traffico su un'autostrada. Memorizzare, una funzione di «videosorveglianza» a cui fa ricorso l'Fbi, a Nairobi, alla ricerca dei teiroristi. La «videosorveglianza» è insomma una di quelle tecnologie su cui anche il nostro ministero dell'Interno conta per il controllo a distanza. Ma al Garante della privacy non piace granché. Perché la cattura e conservazione di immagini potrebbe ledere i diritti dei singoli. «Il dibattito sulla legittimità di tali forme di controllo - scrive Rodotà nell'ultima Relazione - e rui rischi che possono derivarne alla riservatezza e alla libertà dei singoli è avviato in Italia già da qualche tempo». Un eufemismi per annunciare che sta esaminando le «videosorvoglianza» con perplessità. Al ministero dell'Interno, in verità, la «videosorveglianza» piace. Sono ormai tanti gli episodi di telecamere che aiutano gli investigatori a identificare i responsabili di reati. Sono state sufficienti buone telecamere all'ingresso di banche, uffici postali e autogrill per scongiurare molte rapine. I prossimi progettisicurezza per la protezione dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, o l'area industriale di Napoli, o l'area portuale di Gioia Tauro prevedono un largo uso di queste telecamere. Rodotà, però, ha cominciato con il presentare critiche al sindaco di Milano, Gabriele Albertini, che voleva «videosorvegliare» un parco pubblico. Rodotà presenta quattro obiezioni: se il Comune sia legittimato a installare telecamere ai sensi dell'ordinamento di polizia municipale, se possa assicurare un uso corretto dei dati immagazzinati, se la registrazione e conservazione dei dati non ecceda rispetto agli scopi perseguiti, se le procedure rispettino la legge sulla privacy. Come si vede, la diffidenza è molta. Ma Rodotà aggiunge anche: «Non è da escludere la prospettiva che l'installazione dei sistemi di "videosorveglianza" sia oggetto per il futuro di un esame preliminare da parte di questa Autorità». E' quasi una dichiarazione di guerra. Infatti scrive ancora, Rodotà: «L'installazione di telecamere presso istituti bancari, esercizi commerciali, strade e piazze, finalizzata a sorvegliare luoghi pubblici o aiutare le forze dell'ordine nella lotta contro la criminalità è già stata oggetto di esame da parte del Garante, che ha richiamato l'attenzione sugli aspetti connessi alla violazione della privacy, fornendo alcune indicazioni». E comunque, considerando che sarà difficile vietare le telecamere nella lotta alla criminalità, arriverà presto un decreto legislativo, espressamente previsto nella legge sulla privacy, «che - sostiene il Garante - dovrà definire regole specifiche per trovare il giusto bilanciamento tra gli interessi nel settore della pubblica sicurezza, della prevenzione dei reati, dell'accesso nei centri storici, con il diritto alla riservatezza degli interessati». Francesco Grignetti Sopra: Stefano Rodotà, garante della privacy. Accanto: un impianto di telecamere a circuito chiuso per la sorveglianza
Persone citate: Gabriele Albertini, Rodotà, Stefano Rodotà
Luoghi citati: Gioia Tauro, Italia, Milano, Nairobi, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Salerno
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