Nairobi, caccia ai sepolti vivi

Nairobi, caccia ai sepolti vivi Nairobi, caccia ai sepolti vivi Salvate tre persone sotto le macerie GNAIROBI RACE e Gabriel sono usciti barcollando, si tenevano per mano e piangevano. Dopo due giorni e due notti di buia paura, prigionieri di un grattacielo ormai distrutto, sono stati finalmente trovati dai volontari, che li hanno guidati fra i calcinacci e i vetri della Cooperative House. «Sono entrata appena ho sentito lo scoppio», racconta Grace tra le lacrime. Quello sfortunato venerdì 7 agosto si trovava fuori dall'edificio, nel piazzale fra la Cooperative House, la Cooperative Bank e l'ambasciata americana: «Appena ho sentito 10 scoppio, ho pensato che mio figlio era in pericolo, e mi sono precipitata dentro anch'io». Non ce l'ha fatta invece un uomo di mezza età, «avrà avuto circa 45 anni» ci dice un volontario, «era sotto questo maledetto mucchio di macerie, sdraiato supino su una scrivania. Abbiamo cercato di salvarlo raggiungendolo dall'alto, ma poi abbiamo visto che era troppo pericoloso, così abbiamo scavato un cunicolo fino ad arrivare sotto la scrivania, ma era troppo tardi». Ieri pomeriggio le cifre erano ancora incerte ma pare che i dispersi si aggirino intorno ai 150, non si sa quanti ancora vivi. I feriti sarebbero invece 4257,497 ancora ricoverati in ospedale, di cui 24 in condizioni gravissime. Rispetto a sabato 11 luogo dell'attentato è più ordinato. Almeno sei ruspe spalano incessantemente le macerie, ci sono meno vetri per terra, ma proprio di fronte alla stazione ferroviaria, a circa 500 metri dall'ambasciata, sono accatastati le auto e i pulmini rimasti coinvolti nell'esplosione; sono così mal ridotti che formano un ammasso indistinto ed è impossibile contarli. Nel frattempo i soccorsi continuano incessantemente. Oggi sono al lavoro anche degli esperti francesi accompagnati da cani lupo appositamente addestrati per scovare esseri umani ancora in vita. Sulle macerie dell'Ufundi House, l'edificio più colpito, confinante con il retro dell'ambasciata americana, sono al lavoro una decina di persone annate di picchetti e vanghe ed aiutate da una gru. Bose e Jane sono ancora là sotto, rimaste prigioniere nell'androne dell'ascensore. Rose piange, «sono completamente sfigurata e non vedo più niente», racconta. Quando ieri pomeriggio i soccorritori sono riusciti a liberare Nganga, un altro uomo rimasto prigioniero a qualche metro da Rose, lei ha avuto una crisi isterica, «Non mi lasciate da sola» ha gridato. «E' molto difficile recuperare i sopravvissuti senza compromettere la loro incolumità», ci dice John Sparrow, portavoce della Croce Rossa internazionale. «Ieri», continua, «avevamo quasi raggiunto Gitau, un ragazzo di trent'anni, quando abbiamo udito la sua voce dire: grazie per l'aiuto, ma ora devo lasciarvi. E' morto in pochi secondi». La zona dell'attentato è circondata dai marines e dai soldati kenyoti che hanno steso un rigidissimo cordone di sicurezza. Insieme alle squadre di soccorso a Nairobi e Dar es Salaam, ieri sono arrivati i primi investigatori dell'Fbi, specializzati in indagini sul terrorismo. Dall'ambasciatore americano a Nairobi, Prudence Bushnell, non sono trapelate notizie, ma solo che esiste una lista abbastanza ristretta di sospetti. Al lavoro sono anche gli uornini dei Servizi segreti israeliani, i più abili, si dice, ad indagare sugli attentati di matrice islamica. L'esplosivo usato era potentissimo, tutta l'area intorno all'ambasciata è danneggiata. Si è trattato di un'operazione ben congegnata e le piste interne, per Kenya e Tanzania, sono escluse. Ieri il presidente del Kenya, Daniel Arap Moi, ha dichiarato che la polizia è in possesso di nuovi elementi, ma non si è saputo nulla di più. Una rivendicazione è arrivata ieri al Cairo da un sedicente «Esercito islamico per la liberazione dei luoghi santi». L'organizzazione finora sconosciuta ha reso note una serie di richieste in un comunicato inviato a «Radio France international». In cima alle richieste, secondo quanto si legge nel comunicato di tre pagine, c'è «l'evacuazione delle forze americane e occidentali dai Paesi musulmani in generale e in particolare dalla penisola arabica, compresi i civili». I terroristi affermano la loro determinazione a dare la caccia alle forze americane e proclamano di essere risoluti a colpire ovunque gli interessi americani fino alla realizzazione dei loro obiettivi. Venerdì notte al quotidiano arabe «Al-Hayat» era arrivata una telefonata che rivendicava l'attentato da parte di un'organizzazione integralista fondata all'inizio dell'anno, il «Fronte Internazionale per l'attacco a ebrei e cristiani». Ma si tratta di una pista probabilmente priva di fondamento. Un'altra rivendicazione è stata fatta allo stesso giornale dalla «Jihad» egiziana, che avrebbe agito per vendicare due «fratelli» fatti arrestare in Kosovo dagli americani. I giornali kenyoti scrivono di due persone arrestate dopo l'esplosione e parlano di un autista kamikaze morto all'interno dell'autobomba al momento dell'esplosione. Ma l'attenzione, ieri, era ancora tutta concentrata sui soccorsi e sulle inevitabili polemiche. Il «Daily Nation», il più autorevole quotidiano locale, riportava le lamentele dei testimoni: «I marines americani si sono solo preoccupati di proteggere la loro ambasciata, quando c'era da correre qualche rischio non hanno mosso un dito». Ma c'è chi pensa a questioni meramente materiali: «Mia moglie è morta, vorrei sapere qualcosa dall'ambasciatore americano. Chi provvedere ai soldi del funerale e a pagare la famiglia?». Francesca Baronio «Avevamo quasi raggiunto Gitau, un ragazzo di 30 anni, quando ci ha detto: grazie per l'aiuto, ma devo lasciarvi. E' morto in pochi secondi» Rose è ancora lì sotto: «Sono completamente sfigurata e non vedo nulla. Non mi lasciate sola» Un cane delle Forze armate israeliane addestrato alla ricerca di superstiti annusa fra le macerie di Nairobi sotto la sorveglianza di due soldati [FOTO REUTER] BN LOTTA CON IL TEMPO

Persone citate: Bushnell, Daniel Arap Moi, Francesca Baronio, Gitau, Hayat, John Sparrow, Kenya, Nganga

Luoghi citati: Cairo, Dar, Kenya, Kosovo, Nairobi, Salaam, Tanzania