La Albright: rappresaglie se scopriamo il mandante di Franco Pantarelli

La Albright: rappresaglie se scopriamo il mandante Una telecamera dell'ambasciata di Dar es Salaam ha ripreso i kamikaze prima dell'attentato La Albright: rappresaglie se scopriamo il mandante NEW YORK NOSTRO SERVIZIO C'è forse un filmato che mostra coloro che hanno fatto esplodere una delle due bombe di venerdì, quella di Dar es Salaam, grazie al fatto che sul tetto di cnielTambasciata c'era una telecamera. L'esplosione l'ha resa inservibile, ma le immagini che fino a quel momento aveva inviato all'interno dell'ambasciata rimangono. Cosa mostrino esattamente non si sa perché il gruppo di agenti dell'Fbi e della Cia arrivati a Dar es Salaam (un gruppo analogo sta lavorando a Nairobi) le sta ancora studiando e a quanto pare è anche molto geloso di ciò che ha trovato (sono subito sorti problemi con la polizia della Tanzania, cui quel filmato non è stato mostrato); ma stando a un diplomatico le scene che il filmato mostra indicano che i terroristi potrebbero avere usato un'autobotte carica di esplosivo. L'ultima scena che la telecamera ha ripreso prima di cessare di funzionare, infatti, è l'arrivo di quell'autobotte proprio davanti all'ingresso dell'ambasciata, e il cratere provocato dall'esplosione, profondo almeno un metro, è proprio in quel punto. Se l'ipotesi sarà confermata, si è dunque trattato, almeno nel caso dell'ambasciata in Tanzania, di un attentato suicida, poiché i due uomini che erano a bordo dell'autobotte sono fra le vittime dello scoppio. La speranza è però che il filmato riesca a fornire delle immagini dei loro volti sufficientemente buone da poterle confrontare con le fotografie che si trovano negli archivi dell'Fbi e della Cia, o da poterle mostrare a qualcuno degli informatori di cui sicuramente le due organizzazioni dispongono. Se si riuscirà ad accertare che sono proprio quei due uomini i responsabili dell'eccidio, e se sarà possibile identificarli, dovrebbe anche essere possibile risalire al loro gruppo di appartenenza, sebbene la cosa non sia così automatica continuano ad avvertire gli investigatori - perché nello sfaccettato mondo dei fanatici islamici c'è il fenomeno del continuo «travaso» di uomini da un gruppo all'altro e della continua nascita di nuove sigle che rendono difficile un disegno aggiornato della loro «geografia». Ieri sia il segretario di Stato Madeleine Albright che il ministro della Difesa William Cohen hanno confermato che «alcuni indizi» su cui lavorare sono stati trovati, ma non hanno voluto andare oltre per non «interferire» con le indagini. La loro preoccupazione principale, semmai, sembrava quella di evitare l'equazione Islam=terrorismo. E' importante, ha spiegato per esempio Cohen, ricordare che alcuni fra i nostri «migliori amici» sono Paesi islamici (l'Arabia Saudita, il Ku¬ wait...) e che nello stesso Kenya, considerato uno dei Paesi africani più tranquilli, i musulmani costituiscono il 10 per cento della popolazione. Ieri il loro Consiglio Supremo ha definito «odioso» l'attentato e nelle lunghe code di gente che a Nairobi sfila davanti ai corpi delle vittime per identificarle i musulmani hanno avuto la precedenza in segno di rispetto verso la loro religione, che prescrive che i morti siano sepolti il più presto possibile. La Albright ha ribadito con forza che gli usa reagiranno se dalle indagini risulterà che gli attentati sono stati roganizzati da un'altra nazione; «Gli Stati Uniti hanno la memoria lunga e il nostro braccio può arrivare molto lontano...Non ci sono limiti per nessuno di questi crimini». E ha anche annunciato che chiederà al Congresso il ri¬ pristino dei fondi tagliati a suo tempo, per dotare gli uffici americani all'estero (280 fra ambasciate e rappresentanze varie) di sistemi di sicurezza adeguati. Sembra un po' il discorso della stalla e dei buoi, ma su questo piano c'è di peggio. Nel 1993, riportava ieri il «Los Angeles Times», una cinquantina di esperti messi insieme dal Pentagono (fra loro c'erano perfino ex agenti del Kgb) presentarono un rapporto sulle «direttrici di sviluppo» che il fenomeno terroristico avrebbe probabilmente preso, che praticamente prevedeva tutto ciò che poi è accaduto. Indicava il passaggio a possibili «obiettivi finanziari» e dopo poco arrivò l'attentato al World Trade Center, le «torri gemelle», di New York. Indicava-che il «terrorismo interno», £ino a quel momento molto parolaio ma poco concludente, avrebbe potuto compiere un salto di qualità, ed ecco arrivare la bomba di Oklahoma City, con il suo spaventoso bilancio di vittime e di certezze perdute. Considerava che i tempi erano ormai maturi perché un altro salto di qualità avvenisse, quello di ricorrere a ordigni batteriologici per compiere gli attentati, probabilmente in luoghi affollati e «indifendibili» come le metropolitane, ed ecco l'attentato di Tokyo. I responsabili della Cia lessero quel rapporto, lo discussero e lo trovarono «esagerato». Come ripiego si pensò di diffonderne una versione edulcorata, allo scopo di incoraggiare una certa «vigilanza» nella gente, ma poi, per paura di seminare il panico, non se ne fece nulla. Franco Pantarelli A sinistra i soccorsi a un ferito nell'attentato di Nairobi e il segretario di Stato Usa Madeleine Albright [FOTO AP]

Persone citate: Albright, Cohen, Madeleine Albright, William Cohen