La settimana nera dell'imperatore di Aldo Rizzo

La settimana nera dell'imperatore F OSSERVATORIO =1 La settimana nera dell'imperatore OMINCIA 0£_ rimana più lunga della presidenza Clinton. Tra sette giorni esatti è il fatidico 17 agosto, data fissata dalle parti per la testimonianza del capo della Casa Bianca al Gran Giurì, in merito allo scandalo Lewinsky. In questi sette giorni Clinton dovrà mettere definitivamente a fuoco le sue dichiarazioni, con le quali si gioca la credibilità personale e forse qualcosa di più, davanti al procuratore speciale e soprattutto davanti all'opinione pubblica americana; ma dovrà anche non distrarre lo sguardo da un quadro politico mondiale ridiventato assai preoccupante e del quale egli, come leader della superpotenza, è il garante principale. Dopo la spettacolare e tragica irruzione della violenza politica intemazionale nella vicenda sessual-giudiziaria del Presidente, che sembrava monopolizzare l'attenzione dei «media», i commenti un po' in tutto il mondo hanno ruotato su due interrogativi. I micidiali attacchi terroristici antiamericani di Nairobi e Dar es Salaam sono stati in qualche misura determinati, o almeno favoriti, dalla debolezza di un Clinton assediato all'interno? E, una volta avvenuti, essi hanno reso Clinton più debole o più forte? Più forte nel senso che ora l'America è comunque con lui, vada come vada lo scandalo Lewinsky. Si possono dare risposte facili e persino ovvie a entrambe le domande, ma la realtà è al solito complessa. L'ipotesi che gli attentatori di Nairobi e Dar es Salaam abbiano inteso approfittare del particolare momento intemo americano è certamente fondata. Ma i disegni criminali del terrorismo internazionale, verosimilmente islamico-estremista, non hanno atteso le avventure-disavventure nei salottini della Casa Bianca per manifestarsi. Questo non va dimenticato. Quanto al punto se i folli dinamitardi abbiano fatto, politicamente, un autogol, rafforzando Clinton, anche qui è da vedere. Dipende da come si svilupperà l'iter giudiziario (che ha una sua autonomia, investendo non il diritto dell'uomo-Presidente alle sue «conquiste» extraconiugali, ma l'obbligo squisitamente americano di non menpubblicamente). E dipen- niugc I ment j tire f de anche da come Clinton saprà reagire a una serie di minacce politiche internazionali, che vanno anche al di là delle stragi di venerdì in Kenya e Tanzania. Ebbene, il quadro delle minacce, o l'arco delle crisi, come si dice, è davvero impressionante. Il terrorismo islamista, ma anche la situazione in Africa, dove sembra sfaldarsi quel progetto di stabilizzazione-modernizzazione lanciato dallo stesso Clinton in primavera. Il Medio Oriente, con Saddam Hussein che rialza la testa, se mai l'avesse abbassata, ma soprattutto con lo stallo ormai esplosivo della politica israeliana verso Arafat. E in Europa i Balcani, cioè dopo la Bosnia il Kosovo, cioè in definitiva che fare con l'«uomo nero» Milosevic. E infine l'Asia, tra la crisi economico-politica giapponese e il crescente stress, anch'esso economico-politico, della Cina, con temibili implicazioni planetarie, per tacere delle neopotenze nucleari. India e Pakistan, che si combattono nel Kashmir. E quell'Afghanistan che fu fattore dirompente per l'Urss e ora minaccia, col delirio integralista dei «taleban», di diventare un incubo americano e occidentale. Tutte queste crisi non sono di esclusiva competenza di Clinton, tutti dovrebbero fare la loro parte, e soprattutto l'Europa, come si è detto fin troppe volte, finora inutilmente E non è certo dimostrabile che esse si siano condensate a causa delle distrazioni erotiche di un Presidente giovane (relativamente) ed esuberante (troppo). Ma è un fatto che nessuno al mondo ha più potere, e più responsabilità, di Clinton, e che tutte qtieste crisi sono di fronte a lui, mentre si prepara a rispondere al procuratore StaiT. Nessuno vorrà invidiare il quarantaduesimo Presidente degli Stati Uniti, nella sua settimana più lunga. Aldo Rizzo :zo j