Un corpo speciale in prima linea a tempo di record di Gabriele Beccaria

Un corpo speciale in prima linea a tempo di record I/America piega i roghi con i para Un corpo speciale in prima linea a tempo di record «Noi siamo la prima forza d'attacco», spiegano alla base di Boise, cittadina annegata nelle pianure dell'Idaho che ha come motivo d'orgoglio il quartier generale degli «smokejumpers», i famosi «paracadutisti degli incendi». «E' vero, a volte è terrificante, ma l'eccitazione finisce sempre per avere la meglio». Solo negli Usa avrebbero potuto creare un corpo d'elite così, che combatte roghi giganteschi piombando dall'alto, come se si trattasse di un blitz da kolossal. Arrivano per primi, dall'Alaska al Texas, dalla California alla Virginia, quando ancora le forze di terra sono rallentate dal traffico e dagli ostacoli naturali, dalla sequela di difficoltà che emerge quando si devono concentrare uomini e mezzi in un solo punto. Sono 400 cavalieri del cielo superallenati e supermotivati, il più anziano ha 37 anni, e di recente hanno avuto molto da fare A luglio, la Florida è stata sfigurata da 2 mila incendi, che si sono mangiati migliaia di chilometri quadrati, e gli interventi richiesti al «National interagency fire center» di Boise sono stati a ripetizione, anche se tra le epopee che gli «smokejumpers» ricordano con maggiore orgoglio c'è la gigante¬ sca lotta al parco di Yellowstone, quando l'anno scorso le fiamme sembrarono inghiottire una delle enclave naturali più spettacolari del mondo. Alla fine la catastrofe fu tamponata, ma i danni superarono i 200 miliardi di lire. Ci vuole un'audacia speciale per buttarsi con la zavorra delle superbite ignifughe e di un'attrezzatura di caschi, radio, torce e «pulaski» e «mcleod», due degli attrezzisimbolo del corpo, ibridi simili a un'ascia-vanga e a un rastrello- zappa. Servono nei primi momenti al suolo, quando si deve rapidamente fare piazza pulita della vegetazione e costruire davanti al fronte del fuoco una trincea. Se non lo si ferma, almeno si cerca di spezzarlo e rallentarlo, fintanto che arrivano le task force di bulldozer a estendere la «terra di nessuno» e poi gli aerei e gli elicotteri a spargere una sostanza collosa composta da acqua e ritardanti che si appiccica ai rami e ai tronchi, in modo da evitante la disper- sione al suolo. E' questa l'essenza dell'orinai centenaria lotta americana al «mostro», un mix di coraggio individuale e voglia di affrontare il pericolo a mani nude e di tecnologia e organizzazione per piegare una natura a volta onnipotente (a cominciare dal sofisticato e ineguagliato network di stazioni di segnalazione e pattuglie*. Di fronte a emergenze particolarmente gravi, oltre ai 400 «marines del fuoco», si è arrivati a mobilitare un'armata di 20 mila uomini alla volta, tra pompieri, rangers, fanti della Guardia nazionale ed esperti che sono considerati «the best» al mondo, figli di una nazione che ha ; ' .'iccati nella memoria drammi come quello dell'incendio di San Francisco del 1906. Alcuni «para» sono appena anivati in Francia per studiare le tecniche europee e dare suggerimenti. Peccato che in Italia nessuno abbia pensato di chiamarli. Avrebbero molto da raccontare. Uno scrittore dio li conosce bene, Norman McLean, ha descritto così la loro spaventosa avventura: «Senti il ruggito del fuoco e sembra quello di una bestia, eppure la bestia non c'è». Gabriele Beccaria