Caserma a Roma gestita dalla Cri «Dialogo anziché la repressione»

Caserma a Roma gestita dalla Cri «Dialogo anziché la repressione» Al via «l'accoglienza aperta» Caserma a Roma gestita dalla Cri «Dialogo anziché la repressione» ROMA. Lo hanno definito «il primo esempio di centro di accoglienza aperta». E' l'ultima sponda offerta ai clandestini prima del rimpatrio, situato a Ponte Galeria, a pochi passi dall'aeroporto di Fiumicino. Si tratta di una caserma di polizia. Quanto la sua accoglienza sia aperta è tutto da vedere. Nella notte tra sabato e domenica sono giunti alcuni clandestini dalla Sicilia: 25 egiziani tra i 18 e i 25 anni. Ieri, primo giorno di permanenza nel centro di «accoglienza aperta», sono rimasti chiusi all'interno della caserma, e tenuti ben lontani da telecamere e giornalisti. Comandante del campo è Luciano Baietti, tenente colonnello della Croce Rossa, specialista in criminologia clinica e psichiatria forense. «L'accoglienza aperta - spiega - è una nuova forma che la nostra organizzazione sta sperimentando a Roma e Milano. Significa che noi non siamo qui per vigilare, ma per essere vicini a questi ragazzi». Ben protetta da un solido cancello, la nuova formula del centro di Ponte Galeria è entrata in funzione fin dall'arrivo dei 25 egiziani intorno alle due della notte tra sabato e domenica. Il loro viaggio era iniziato la mattina dal Palazzetto dello Sport di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Su un pullman della polizia avevano risalito le strade della Penisola. A Ponte Galeria hanno dovuto sottoporsi alle formalità d'uso previste in tutti i centri: visita medica e scheda sanitaria (non bisogna dimenticare che il centro da cui provengono è lo stesso dove lo scorso 25 luglio si erano registrati due casi di febbre malarica). Poi, si sono visti assegnare un kit sanitario e i posti: quattro clandestini per ogni stanza. Terminate le procedure, ,.erano ormai le quattro del mattino. «Se qualcuno ha fame, la cena è pronta», hanno avvertito i volontari. Si sono .ritrovati tutti nella sala adibita a mensa, davanti al primo pasto di vago sapore orientale dal momento del loro arrivo in Italia. Uno dei punti-cardine dell' «accoglienza aperta» è l'alimentazione, il più possibile vicina a quella dei Paesi d'origine dei clandestini. L'altro è l'antenna parabolica: presto verrà montata per dare la possibilità di vedere programmi trasmessi dalle terre da cui stanno fuggendo. Agli egiziani sono stati serviti zuppa, legumi, pollo, purè di patate e frutta forniti da una ditta di catering con cui è stata stipulata una convenzione. ((Alla fine erano tutti molto febei», assicura Baietti. Terminati la cena e i sorrisi, nel centro le luci si sono finalmente spente. La formula dell' «accoglienza aperta» ha ripreso a marciare a pieno ritmo ieri mattina con una prima colazione comune, a base di tè, caffè, marmellata, burro, fette biscottate. Entusiasti volontari e infermiere per lo spirito di gruppo che si andava creando e per il dialogo con i clandestini. Un po' meno felici gli egiziani, almeno a giudicare dalla loro conversazione. «Ci hanno rivolto sempre la stessa domanda: che ne sarà di noi?», raccontano le infermiere. Domanda a cui nessuno ha voluto dare una risposta. Gli egiziani sono tutti destinati al rimpatrio. Il tempo di completare le procedure di identificazione previste per i clandestini sprovvisti di passaporto e di prenotare i voli in questo periodo pieni. Probabilmente subito dopo Ferragosto dovrebbero tornare in Egitto. Nel frattempo, sono giunti pantaloncini corti e ciabatte per tutti, una rete di pallavolo, una partita di posacenere e un altro gruppo di 22 marocchini partito ieri dalla Sicilia. Sono stati gli unici momenti in cui il pesante cancello azzurro del centro di accoglienza aperta si è spalancato. [f. ama.] «Vivo non mi tenete» ha urlato il maghrebino che aveva organizzato la fuga. Poi ha sbattuto la testa contro il muro Gli illegali consumano tonnellate di carte telefoniche regalate dai volontari per poter parlare con le famiglie e gli amici Un clandestino appena sbarcato a Otranto e nell'altra foto il centro di accoglienza di Catania

Persone citate: Baietti, Luciano Baietti