2001, Torino nello spazio di Antonio Lo Campo

2001, Torino nello spazio In corso Marche, ingegneri e tecnici da tutta Europa verso il sogno della nuova frontiera 2001, Torino nello spazio Viaggio dentro la cittadella di Alenia REPORTAGE DOVE NASCONO I SATELLITI TORINO è certamente una delle capitali aerospaziali del mondo, e da sempre lo è in Italia. E a pieno merito». La frase, che riassume una realtà nota da circa mezzo secolo, è di Franco Malerba, il primo astronauta italiano. Genovese, 51 anni, fece un volo sullo Shuttle nel 1992, quando la navetta spaziale americana portò in orbita il famoso «satellite a filo» chiamato Tethered. Quella volta il filo non si ruppe e il satellite fu riportato a Terra. Poi, appesa subito la tuta al chiodo, Malerba dal 1994 è un europarlamentare. La sua storia ricorda sotto certi aspetti quella del senatore John Glenn, primo americano in orbita, poi subito passato in politica. Quel satellite, così come tanti altri, era nato a Torino presso il complesso industriale dell'Alenia Aerospazio, negli stabilimenti e sale d'integrazione tra Corso Francia, Corso Marche e il Campo Volo. Una cittadella aerospaziale, dove tra capannoni e hangar che costruiscono da 50 anni alcune tra le componenti fondamentali di aerei civili e militari, sono nate 25 anni fa le palazzine e i capannoni di quella che John Kennedy chiamò «la nuova frontiera», cioè la conquista dello spazio. Gran parte di ciò che l'Italia spaziale ha realizzato finora è infatti nato a Torino, ed è stato sviluppato in Alenia, nella cittadella aerospaziale che non parla solo con accento piemontese, ma dove tecnici e ingegneri provenienti da ogni regione italiana sono confluiti per creare gruppi di lavoro basati sullo stile delle grandi aziende aerospaziali americane. E' così che prende il balzo per il cosmo l'industria spaziale italiana. «Tutto viene progettato, e poi visto e rivisto in molte riunioni», racconta Andrea Salimbeti, di Assisi, tecnico che lavora ai moduli della stazione spaziale. «Ogni vite e bullone viene controllata nei minimi particolari prima di passare al disegno progettuale. I problemi relativi alla costruzione di un satellite o un modulo spaziale sono tanti: dobbiamo valutare con massima attenzione i sistemi idraulici, di pressurizzazione, di schermatura e di impianti termici, poiché quando si va nello spazio le temperature variano da meno 120 gradi all'ombra, a più 110 nella parte irraggiata dal Sole, quando un veicolo è in orbita attorno alla Terra». «Meno male che la situazione spaziale si è risollevata», dice Annibale Rega, responsabile di cantiere. «Dopo un periodo di crisi che sembrava difficile da risolvere, di recente sono arrivate nuove commesse per lo spazio, in particolare quelle che riguardano la stazione spaziale internazionale». Solo per la Divisione Spazio di Alenia a Torino, sono circa un migliaio i tecnici e gli operai che vi lavorano. La stazione orbitante è il più grande progetto spaziale varato fin dai tempi delle missioni lunari «Apollo». Ma se a quell'epoca il programma spaziale era solo americano, in un epoca di'guerra fredda, oggi tutto viene realizzato con la cooperazione internazionale. Stati Uniti in testa, con la Russia a seguire, e poi vi sono altre 13 nazioni impegnate in imo sforzo comune che dovrà portare tra la fine di quest'anno e il 2004, ad assem- blare, tramite 35 lanci di navette americane e razzi russi, una struttura spaziale fatta di moduli incastrati tra loro, con tralicci, pannelli solari, antenne e bracci meccanici, lunga 108 metri, pesante 418 tonnellate e con uno spazio abitabile interno per sette persone pari a quello di due aerei Jumbo. Se l'Italia, e quindi Torino, sono protagonisti di questa avventura spaziale, gran merito è di un milanese trapiantato in questa città per motivi spaziali: Ernesto Vallerani, già presidente del Settore Spazio di Aeritalia prima, e di Alenia poi, considerato il padre dei moduli spaziali, è riuscito a convincere tutti, compresa la Nasa, sul fatto che a Torino si possono' realizzare molte parti di questa stazione: «In effetti le esperienze maturate con il laboratorio pressurizzato Spacelab» - ricorda Vallerani - «che ha viaggiato per svariate missioni nella stiva dello Shuttle dal 1983 fino allo scorso mese di aprile, del quale progettammo e sviluppammo la struttura principale e altre componenti fondamentali, come i sistemi termici, ci hanno portato ad essere protagonisti in questo settore. Lo siamo diventati, è logico, anche perché tutto ha sempre funzionato a dovere. Lo diciamo senza nascondere una certa soddisfazione: d'altra parte, dopo Spacelab è nato il "piccolo modulo commerciale Spacehab che vola attualmente nella stiva dello Shuttle, per ampliarne lo spazio di bordo dedicato al lavoro scientifico, e poi man mano si sono sviluppati i progetti attuali per i moduli della stazione». Moduli che saranno tanti: il primo, partito con l'aereo da carico Beluga da Caselle lo scorso 30 luglio, è già negli hangar di Cape Canaveral, a qualche chilometro di distanza dalla rampa che lo lancerà con imo shuttle nel dicembre 1999. Altri due moduli come quebto, detti logistici, poiché serviranno a trasportare sulla stazione e poi a terra attrezzature, viveri e materiali di vario genere, verranno presto qualificati a Torino e inviati negli Stati Uniti. Così come due dei tre nodi eli interconnessione (l'altro è americano), con gli altri moduli della stazione, più la struttura principale del laboratorio europeo Columbus verranno sviluppati a Torino nella grande sala d'integrazione di Corso Marche. Qui all'interno, decine di tecnici vestiti da infermieri, attraverso cavi, computer e impalcature di metallo, analizzano, sia elettronicamente che fisicamente, ogni piccola parte di un satellite o di un modulo. Da qualche mese è stata inaugurata una nuova sala, chiamata clean room (camera pulita), dove verranno assemblati i nuovi satelliti europei per telecomunicazioni avanzate. I tecnici sono ora alle prese con un modello di sviluppo del satellite Artemis. Si era anche parlato di Torino, come una di una piccola Houston italiana. Il progetto è quello del Centro Multifunzionale, nato per un accordo con l'Asi (l'Agenzia Spaziale Italiana, che ha sede a Roma), legato proprio alle attività degli astronauti europei sulla stazione orbitante. Verranno cioè guidati e seguiti da terra, a cominciare dal 2003, durante i lavori su certi tipi di esperimenti che gli astronauti realizzeranno nelle particolari condizioni di assenza di peso, tentando di creare nuovi materiali impossibili da realizzare a terra, o nuovi farmaci ed altri prodotti che potranno presto entrare in commercio sulla terra. In questo centro, nato dopo l'abbandono di zone adibite in passato alla realizzazione di componenti per aerei, è stata già realizzata una piscina per simulare le passeggiate spaziali degli astronauti. «La piscina è stata realizzata a tempo di record in poche settimane la scorsa estate - ricorda ancora Annibale Rega - così come la cabina che serve per monitorare tutte le attività. Non è molto grande, e non è paragonabile a quelle di Houston o di Mosca, ma ha giusto le dimensioni per farci stare un modulo spaziale e per far simulare operazioni di lavoro spaziale agli astronauti». Lo svizzero Claude Nicollier, il francese Jean Francois Clervoy, e il nostro Umberto Guidoni, hanno già provato l'emozione di imir ergersi e collaudarla. Con successo. Torino è insomma rivolta al futuro con questo grande progetto, che presto richiederà l'ingresso nella cittadella spaziale di nuovi ingegneri e tecnici specializzati. Lo scorso mese di ottobre, parlando al Lingotto, al Congresso della Federazione Astronautica Internazionale, l'amministratore della Nasa, Daniel Goldin disse: «La scelta di Torino per la più importante mostra-congresso al mondo non è casuale. E' qui che nasce gran parte del nostro progetto, che consentirà a uomini e donne di varie nazioni di abitare in modo permanente nello spazio, a 450 chilometri sopra la Terra, per i prossimi 15-20 anni». «Senza dimenticare che Alenia è leader mondiale nel settore delle telecomunicazioni» disse ancora Goldin, invitandoci e realizzare i satelliti per le comunicazioni tra le future sonde che esploreranno Marte. Così come noi non dimentichiamo che Torino si completa come capitale spaziale italiana, grazie al supporto della Fiat-Avio, per i razzi e la parte della propulsione spaziale. I grandi razzi ausiliari affiancati al vettore Ariane 5 e che gli consentono di staccarsi da terra, sono targati Fiat, così come altre delicate parti di motori dei razzi della serie Ariane e di molti altri satelliti che sono attualmente in orbita, e che presto ci andranno. Con Alenia e Fiat collabora da anni la Microtecnica, altra azienda torinese già premiata dalla Nasa, preziosa per la meccanica di precisione, proprio in un settore dove la precisione è fondamentale. «Il Piemonte spende da solo un quinto del totale nazionale per le attività spaziali» - ricorda Franco Malerba - «e insieme a Lombardia e Lazio accumula quasi il 70 per cento degli investimenti. E' importante procedere di questo passo, grazie soprattutto alle iniziative bilaterali tra ASI e Nasa, e senza dimenticare ciò che si realizza tramite l'Agenzia Spaziale Europea». Un salto nel futuro, che sembra roseo per le attività spaziali italiane. Visti i tempi, potremmo davvero dire «2001, Torino nello spazio», come ha fatto Franco Malerba, il nostro John Glenn. Antonio Lo Campo Una piccola Houston italiana impegnata nella realizzazione dei nuovi moduli che andranno a scrutare lo spazio Molti dei satelliti inviati in orbita sono nati negli stabilimenti torinesi tra corso Francia, corso Marche e il Campo Volo Franco Malerba, primo astronauta italiano e tecnici al lavoro