Dieci anni dopo il Big Fire

Dieci anni dopo il Big Fire L'INCENDIO DI YELLOWSTONE Dieci anni dopo il Big Fire Fu il più grande rogo di foreste in Usa L'ESTATE del 1988 fu la più secca degli ultimi 112 anni. Nella zona delle Rocky Mountains e dei Greater Plains settentrionali degli Stati Uniti, non piovve per cento giorni di seguito, da giugno a fine settembre. Tra le foreste del parco nazionale di Yellowstone e dell'adiacente Stato del Montana soffiarono venti a 80 miglia all'ora. In pochi giorni a partire dal 14 giugno scoppia uno dei più grandi incendi mai verificatosi in Nord America dal 1600 ad oggi. Quest'anno, esattamente 10 anni dopo, mentre sia in America che in Europa si combatte nuovamente con i fuochi estivi, a Yellowstone si tirano i primi bilanci del Big Fire. A quanto pare tutti positivi. I primi fuochi cominciarono nell'area di Absaroka-Beartooth Wilderness, vicino allo Yellowstone Lake e furono causati dai fulmini e dalla siccità. Il primo rogo battezzato Storni Creek Fire in pochi giorni polverizza 95 mila ettari di bosco. In base al piano di controllo degli incendi deciso nel 1972 (il Wildland Fire Management Pian) che delegava ai Park Ranger la decisione di intervenire o meno nel caso di fuochi naturali, gli esperti monitorarono le prime combustioni lasciandole bruciare liberamente. Pensavano che si sarebbero estinte (come le precedenti) nel giro di pochi giorni e con pochi danni. Tutt'al più ci sarebbe stato un ringiovaiiimento della foresta. Era già successo. Ma ben presto altri fronti caldi s'accesero in tutta la zona. La mancanza di precipitazioni, la straordinaria presenza di forti venti e alcune altre coincidenze sfavorevoli (un incendio, il North Eork Fire, venne accidentalmente causato da alcuni taglialegna che lavoravano nella Foresta di Targhee), fecero sì che le fiamme si propagassero velocemente per tutto il parco. Il dover Mist Fire, l'Huck Fire, l'Hellroaring Fire, il Lava Fire, il Mink Fire e un'altra mezza dozzina di focolai, si aggiunsero ai primi due cominciando a preoccupare seriamente ranger e opinione pubblica. Dall'istituzione del Wildlife Fire Pian 16 anni prima, appena 34 mila acri di boschi protetti erano andati bruciati. Nel 1988, in un solo giorno a Yellowstone andarono in fumo ben 160 mila acri di verde, ben 5 volte tanto. Ormai divenne chiaro che tutta l'area era fuori controllo. Le zone di Mammoth Spring, Old Faithful, Madyson, Canyon, Norris, West Yellowstone e Tower Roosevelt dovettero essere evacuate. In molti casi la strategia di spegnimento poteva risultare confusa a osservatori esterni. In realtà la drammatica decisione di lasciar estinguere alcuni fronti naturalmente e concentrarsi sulla salvaguardia delle strutture del parco (alberghi, magazzini e stazioni d'osservazione) fu dettata dall'impossibilità oggettiva di soffocare le fiamme. Evitare gli sforzi inutili, fu il verdetto. Quasi 800 mila acri di foresta (un acro = 4046,85 metri quadrati) subirono danni causati dal fuoco, ma i rimanenti 2 milioni e duecentomila che componevano il parco rimasero pressoché inattaccati. Meno dell'un per cento del totale fu bruciato così gravemente da sterilizzare il terreno. Il 35 per cento delle foreste risultò essere danneggiato all'interno di Yellowstone, ma molti alberi vennero solo parzialmente bruciati. Nessun hotel, campeggio o centro visitatori fu colpito dalle fiamme. La direzione del parco riuscì addirittura a tener aperte ai visitatori alcune aree della riserva. Delle 93 mila alci censite solo 367 rimasero uccise insieme a 36 cervi, 6 orsi e 9 bisonti. Nessun dato venne raccolto per uccelli e insetti. Le perdite umane consistettero in un impiegato dell'amministrazione morto a causa della caduta di un albero nella foresta di Shoshone e di tre persone uccise in due diversi incidenti d'elicottero negli Stati del Wyoming e Washington. Tutto sommato venne giudicato un bilancio accettabile viste le dimensioni dell'evento. Gli ultimi fuochi furono spenti alla fine di settembre e le ultime tracce di fumo vennero cancellate dalle prime piogge e nevicate di ottobre. II governo statunitense spese enea 120 milioni di dollari per domare e circoscrivere gli incendi utilizzando 25 mila pompieri, 77 elicotteri e 12 aerei cisterna. Un paio di miliardi di lire al giorno, più o meno. A un certo punto venne chiesto aiuto persino alla Nasa che concesse l'uso di satelliti e apparecchi di monitoraggio ad alta quota (una versione migliorata degli aerei spia U-2) per fotografare l'intera area. Vennero ripuntati gli scanner del satellite Landsat 4 e parecchie missioni di aerei Er-2 e C-130B vennero compiute per mappare agli infrarossi i boschi del parco. Verniero rovesciati 7 milioni di Litri di liquido termo ritardante e 10 milioni di galloni d'acqua. In Italia di questi tempi non si riescono a trovare nemmeno sufficienti piloti per i Canadair. Figuriamoci. Cheryl Matthews, attuale vice capo delle relazioni pubbliche di Yellowstone, era una ranger alle prime armi quando suonarono gli allarmi. «Ero a Mammoth Hot Springs quel giorno - racconta - «Ci avvertirono di cominciare l'evacuazione della zona perché i fuochi erano ormai fuori controllo. Non ci furono mai scene di panico e noi seguimmo alla lettera le istruzioni via radio. Yellowstone è un'area geologicamente giovane, più o meno ha 600 mila anni. Metà dei geyser del mondo si trovano tra queste montagne. Eravamo abituati alle emergenze. Quando venimmo a conoscenza degli incendi non ci preoccupammo più di tanto. La nostra politica a riguardo era chiara per tutti: lasciar fare alla natura. Subito però ci attirammo le critiche di mezzo mondo.' Ci accusarono di non contrastare tempestivamente i fuochi mandando in malora un patrimonio preziosissimo. Ma studi e statistiche seguenti ci hanno dato ra- gione. Yellowstone, come altri parchi molto grandi e vecchi, aveva bisogno di questi fuochi, e noi non avevamo il diritto, tantomeno la possibilità fisica, di intrometterci». Cheryl spiega ancora che nemmeno gli effetti dell'incendio furono mai cancellati. «Lasciammo tronchi bruciati, alberi abbattuti e prati carbonizzati esattamente come il fuoco li aveva ridotti. E' la nostra filosofia. Molti fusti morti sono diventati nuove case per formiche e insetti. Di conseguenza abbiamo notato anche un notevole aumento nel numero degli uccelli. Nuovi fiori e piante sono cresciuti sulle ceneri tra le radici dei pini che nonostante le fiamme non sono morte. Persino le earcasse dei pochi animali deceduti non sono state rimosse. Sono servite a nutrire aquile, orsi, coyote e altri carnivori, in un ciclo biologico normalissimo». Oggi il controllo sui fuochi è aumentato (Yellowsto¬ ne dispone di 400 ranger permanenti che diventano 800 in estate a fronte di quasi tre milioni di visitatori l'anno), ma l'intervento è sempre molto limitato. «Noi lasciamo "Bruciare i piccoli incendi che si sviluppano naturalmente - continua Cheryl - Li controlliamo, seguiamo le condizioni del terreno, la densità della foresta, la direzione del vento, ma interveniamo solo in caso di fuochi dolosi o di roghi su aree troppo danneggiate». E anche se arrivare nel parco oggi lascia mi poco sconcertati, a guardare bene si capisce cosa voglia dire rinascita e rinnovamento. Vastissimi tratti di foresta sono ancora inceneriti e migliaia di alberi grigi macchiano le aree-verdi come cicatrici insanabili. Ma nel giro di 30/40 anni sarà tornato tutto come prima. Anzi meglio. I primi pini per esempio, nati tra le ceneri di 10 anni fa, hanno superato i due metri di altezza, rinverdendo il sottobosco. Non c'è stata nessuna riforestazione artificiale, ma il fuoco stesso paradossalmente ha aiutato a riseminare le aree che ha distrutto. Un pino adulto produce infatti due specie di pigne, una aperta e l'altra serotina. Se la pigna aperta sparge i semi appena raggiunta la maturazione, la serotina è sigillata dalle resine e necessita di una temperatura che sfiora i 113 gradi per l'apertura. Un incendio quindi non solo aiuta la schiusa delle pigne ma arricchisce il suolo fertilizzandolo con ceneri e residui vegetali. Spazio ad una nuova generazione quindi. Yellowstone è un grande laboratorio naturale che conserva 10 mila fornaci attive sotto la foresta e continua a cambiare aspetto ogni stagione. In fondo un incendio, per quanto grave, è solo una parte del processo di sperimentazione evolutiva. Davide Scagliola Sforni Creek Fire Silver Gate o Entrata Nord-Est ■Entrata Sud LA SUCCESSIONE DEE FUOCHI A YELLOWSTONE TRA IL 16 LUGLIO E IL 16 SETTEMBRE 1988 li/ugfio 1988 li agosto 198S ti settembre 1988 hm I rangers lasciarono ardere i boschi per quattro mesi Oggi i risultati sono considerati positivi anche se vaste aree sono ancora carbonizzate

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