UNA FILOSOFIA PIEDI A TERRA

UNA FILOSOFIA PIEDI A TERRA UNA FILOSOFIA PIEDI A TERRA Le lezioni di Putnam RINNOVARE LA FILOSOFIA Hilary Putnam traduzione di Sara Marconi Gorzont/' PP- 217 L. 36.000 E monografie indipendenti non sono molto popolari nella filosofia anglosassone. Il genere letterario più diffuso è il saggio pubblicato su una rivista, che apporta un contributo preciso e ben definito a una discussione in atto, secondo un'immagine ufficiale della disciplina che la presenta come cumulativa e collaborativa (e affine in questo alla scienza) ma finisce spesso per concretarsi in una sterile stigmatizzazione degli errori altrui. Quando si tratta di pubblicare un libro (e i libri sono sempre più necessari, in un «mercato» accademico sempre più competitivo), è naturale puntare sulla raccolta di saggi o sulla trasformazione editoriale di uno o più saggi fra loro collegati in un prodotto in certa misura unitario. Un'importante alternativa è offerta ai personaggi di spicco (che il mercato lo hanno già conquistato) da prestigiosi cicli di lezioni, organizzati ogni anno da università come Oxford o Columbia e dedicati per lo più a fare il punto di una lunga e luminosa carriera. Anche in queste occa¬ sioni «storiche», però, è difficile trovare eccezioni a uno stile frammentario e pedantemente argomentativo. Hilary Putnam, professore a Harvard, è un augusto luminare della filosofia anglosassone e questo libro (del titolo parlerò più avanti) raccoglie le Gifford Lectures da lui tenute all'università di St. Andrews in Scozia nel 1990. Putnam cominciò la sua carriera come filosofo della scienza e della matematica, espandendo poi i suoi orizzonti verso la metafisica e l'etica. Qui ritorna a temi di cui si è occupato per decenni (teoria del riferimento e. del significato, intelligenza artificiale, materialismo e relativismo) e se ne occupa nel modo consueto per la sua comunità intellettuale: criticando, soprattutto, questo e quell'altro illustre rappresentante dell'accademia (Bernard Williams, Richard Rorty, Nelson Goodman). E' tutto un fine disquisire di mondi possibili più o meno vicini al nostro, un ingegnoso proporre di elaborati esperimenti mentali, un sapiente scaricare il peso delle dimostrazioni sugli avversari, uno strategico appellarsi alle opinioni comuni per ancorarvi le proprie tesi. La dieta quotidiana cui ci ha abituato da tempo la filosofia «analitica», inr >mma: più affine a una perorazione da avvocato di grido che a un'appassionata ricerca della verità. Ma c'è dell'altro in questo libro. Non qualcosa che esso fa, ma qualcosa che dichiara di voler fare; e sia la dichiarazione sia la sua mancata messa in opera hanno un profondo significato. Il libro si intitola Rinnovare la filosofia e di tanto in tanto vi compaiono frasi come queste: «Ma comincio a essere stanco di criticare gli errori dei filosofi contemporanei, analitici o non analitici che siano. Nella parte rimanente, voglio provare a dare un'idea di un modo migliore di fare filosofia». Putnam si esprime così a due terzi del percorso, ma quel che segue non contiene grandi novità. Si chiacchiera un po' di Wittgenstein e Per evitarenelle trapideologie,sul buoma è unada cioc di cadere pole delle si ripiega senso: saggezza olatini di Dewey e si conclude proponendo che «una riflessione filosofica completamente onesta possa smontare i nostri pregiudizi e le nostre convinzioni preferite e i nostri punti ciechi». Niente che, per esempio (e per rimanere nell'ambito di questa tradizione), non avesse già auspicato Francesco Bacone. Che cosa impariamo da queste velleità rivoluzionarie e da questi esiti fallimentari? Dalle prime impariamo che una filosofia che si metta con codardia a rimorchio del buonsenso finirà per dimostrarsi inutile. Senza critiche che scavalchino gli addetti ai lavori per rivolgersi irriverenti e sacrileghe contro quello stesso buonsenso, senza utopie dominate da un'ambizione diabolica, ci si ridurrà a una saggezza da cioccolatini e sarà imbarazzante giustificare la propria presenza negli altisonanti templi della cultura. Ben si comprende, allora, che i protagonisti di quella «presenza» siano inclini a sbandierare progetti epocali. Dai secondi impariamo, però, che i progetti sono comunque una cosa teorica, e finché le pratiche rimarranno le stesse, finché in pratica si continuerà a muoversi secondo le antiche codarde ricette, le teorie saranno lettera morta. Dopo aver annunciato la sua stanchezza, Putnam prende deciso le distanze dall'ipotesi che in filosofia si possa operare con fantasia e afferma di voler invece restare con i piedi ben piantati per terra ed evitare il rischio delle orribili conseguenze di tante ideologie contemporanee. Così facendo, si dimostra una volta di più una brava e assennata persona e chiarisce (se mai ce ne fosse stato bisogno) che persone così non sapranno mai farsi carico di ambiziosi sacrilegi, non vorranno mai fantasiosamente inventare modi davvero nuovi di fare alcunché. Foss'anche un modo nuovo di riempire lo spazio a disposizione in una lezione o in un libro. Ermanno Bencivenga Per evitare di cadere nelle trappole delle ideologie, si ripiega sul buon senso: ma è una saggezza da cioccolatini RINNOVARE LA FILOSOFIA Hilary Putnam traduzione di Sara Marconi Gorzont/' PP- 217 L. 36.000

Luoghi citati: Columbia, Oxford, Scozia