COM'È' RELIGIOSO L'ATEO LEOPARDI

COM'È' RELIGIOSO L'ATEO LEOPARDI COM'È' RELIGIOSO L'ATEO LEOPARDI LEOPARDI Poesia, filologia pensiero A cura di Pietro Gibellini e Claudio Moreschini «Humanitas». 1-2 pp. 426 L. 35.000 I fronte alla marea di saggi critici dedicati a Leopardi, fattasi più intensa nel corso di quest'anno data la ricorrenza del bicentenario della nascita, verrebbe istintivamente da pensare che l'argomento sia per così dire esaurito, e tutto sia ormai stato detto, interpretato, decifrato (è appena il caso di ricordare che la bibliografia leopardiana è - per quantità - seconda solo a quella dantesca). E tuttavia, proprio la complessità del pensiero di questo gigante della letteratura e della filosofia moderne, un pensiero che si intreccia con il ritmo e la musica del «canto», rende in un certo modo inesauribile l'esegesi, legittimando nuove letture e aprendo dunque imprevisti orizzonti di comprensione. Ciò che rende Leopardi uno scrittore «intrattabile» è propriamente la sua difficile «collocabilità» nei tradizionali generi letterari e, a un tempo, il fatto che la sua opera si presenta come il luogo di innumerevoli crocevia che non solo raccolgono differenti tradizioni di pensiero (dalla filosofia classica alla teologia giudaico-cristiana, dal materialismo iUuministico a forme di platonismo neognostico), ma anche accenti stilistici diversi che intersecano, in modo inscindibile, la riflessione sul «mondo» storico, l'introspezione esistenziale e la meditazione più propriamente metafisica. Per questo, mi sembra che i contributi critici più innovativi provengano non tanto dalle monografie onnicomprensive, ma dagli accostamenti settoriali «discreti», nella consapevolezza che il cammino per giungere al cuore del «nichilismo» leopardiano sia costituito di piccoli spostamenti di senso, di accenti ritmici «significanti», di soprassalti semantici nascosti nelle pieghe della lingua. Ciò che rende convincente il numero doppio della rivista «Humanitas» dedicato a Leopardi è proprio questo felice incontro di letture diverse: e diverse non solo per il taglio ermeneutico, ma anche per i differenti campi di indagine dei singoli studiosi. Il sottotitolo recita appunto: «poesia - filosofia - pensiero» e significativo appare che i curatori siano Pietro Gibellini e Claudio Moreschini: l'uno, critico letterario di grande levatura, l'altro, filologo classico. Filologia, critica letteraria e filosofia possono così incontrarsi nel rigore delle singole competenze, gettando nuova luce su aspetti finora rimasti nell'ombra o lasciati ai margini delle grandi interpretazioni canoniche. Impossibile dare un resoconto completo della miscellanea: e tuttavia, proprio il nome di Alberto Caracciolo posto nell'articolo di apertura di Stefano Minelli può costituire una traccia per individuare uno dei possibili percorsi di lettura. Caracciolo ha pubblicato un solo libro su Leopardi: una raccolta, postuma, di brevi interventi sul poeta di Recanati. Leopardi e il nichilismo uscì da Bompiani nel 1994 e fu quasi del tutto ignorato dalla critica. Eppure si tratta di un saggio fondamentale perché la distinzione che Caracciolo individua tra «niente oggettivistico» e «nulla religioso» nel pensiero di Leopardi è poi stata ripresa da molti inter¬ preti e costituisce oggi, mutatis mutandis, il vero centro della «querelle» intorno al cosiddetto «pessimismo» leopardiano (si pensi alle differenti posizioni sul «nulla» in Leopardi che oppongono due filosofi come Severino e Givone). Una distinzione, questa, che innesca l'interrogativo sulla paradossale «religiosità» dell'ateismo leopardiano, in quanto riporta la lingua poetica e il relativo esercizio filologico preparatorio al suo luogo più proprio, e cioè all'ambito di quel «dire originario» (come lo chiamava Heidegger) capace di approssimarsi alla domanda sul senso dell'essere costitutiva della filosofia e che nel suo stesso porsi inaugura le due tradizioni su cui la storia occidentale si fonda: quella greca e quella giudaico-cristiana. Ma la consapevolezza, che in Leopardi fu lucida e folgorante, dell'oblio dell'essere cui è destinato l'uomo moderno irreversibilmente (e sulla maturazione di questa (orreversibilità» del tempo sfociante nel «rim¬ pianto» è dedicato il saggio di Biasucci) costringe a rintracciare quella domanda nei risvolti della lingua poetica, nella sua musica, che diviene così una «figura» residuale. Sulla distinzione tra «lume celeste» e «lume di lucerna» si sofferma con grande finezza Cesare Galimberti, mentre Lucio Felici esamina la figura del «borgo» con i suoi «apologhi». Utilissime le considerazioni di Claudio Moreschini sulla «Filologia di Giacomo Leopardi» che integrano i fondamentali studi sull'argomento di Sebastiano Timpanaro. Ma tutto il reticolo entro cui viene inscritta l'opera del Recanatese dalle suggestioni goethiane e montiane (Bertazzoni alle più antiche e radicali influenze della «religiosità jobica» (Moretto e Gatti), alle anticipazioni dell'«angoscia» kierkegaardiana (Venturelli) - è di grande interesse e contribuisce a fare di questa miscellanea un punto fermo per gli studi leopardiani a venire. Alberto Folin Altri studi dedicati al Recanatese: intuì l'oblio dell'essere a cui è destinato l'uomo Giacomo Leopardi LEOPARDI Poesia, filologia pensiero A cura di Pietro Gibellini e Claudio Moreschini «Humanitas». 1-2 pp. 426 L. 35.000

Luoghi citati: Recanati