IL PRISMA. DI CERVANTES di Angela Bianchini

IL PRISMA. DI CERVANTES ICIIMI IL RISO MAGGIORE DI CERVANTES LE OPERE E I TEMPI Mario Socrate La Nuova Italia pp. 330 L. 35.000 1 Ammaglile della Spagna Ira Cinque e Seicento e una grande Storia divisa tra impresa e avventure IL PRISMA. DI CERVANTES «Il riso maggiore»: Mario Socrate oltre il «Don Chisciotte», sulle orme di un romanzo totale sospeso tra vita e letteratura L riso maggiore di Cervantes, Le opere e i tempi» di Mario Socrate: ecco un testo di alta e specializzata critica letteraria che offre, al contempo, come uno specchio, l'immagine della Spagna tra il Cinque e il Seicento, con la sua composizione etnica unica tra le nazioni europee, e una grande Storia divisa tra impresa e avventure di portata fatale e meschine esigenze cortigiane e controriformiste. Sta qui il fascino di un testo denso e compatto, frutto del lungo magistero e degli approfonditi studi di Mario Socrate, specialista del Siglo de oro, ma anche poeta per vocazione e, come tale, particolarmente interessato alla poesia spagnola moderna e contemporanea. Proprio in questa veste Socrate si è dedicato alla complessità dell'ultima (e postuma) opera di Federico Garcia Lorca, I sonetti dell'amore oscuro. Avvezzo, dunque, e incline a scoprire il segno segreto non soltanto di grandi opere ma anche di gran d di autori, componendone ombre e luci con abilità ritrattistica. E ritratto, in senso duplice, è anche II riso maggiore di Cervantes. Come spiega la prefazione, nasce da esigenze contrastanti: da un lato, l'interesse, per così dire, «scaduto» o diminuito nei confronti di un testo, il Quijote, considerato tra i pochi veri classici, e, tuttavia, sempre meno letto in forma diretta. E, questo, non soltanto in Italia. Dall'altro, invece, un fervore di ricerche specifiche e di studi importanti proprio sul Quijote che, per la sua stessa complessità, sembra stimolare e sollecitare gli interrogativi. E, ancora, sempre da parte della critica, nuove investigazioni sulle opere cosiddette minori di Cervantes, la Galatea, le Novelas ejemplares, gli entremeses e altre che oggi, assai più di un tempo, appaiono correlate al Quijote. Il metodo critico di Mario So¬ crate ricorda un poco la grande saggistica di Giovanni Macchia, e, questo, particolarmente nel saper incorporare i rimandi e le segnalazioni della smisurata bibliografia cervantina (che si trova poi, in forma essenziale, in fondo al volume) al fine di mettere in luce un'interpretazione che è, invece, sempre personale. Il risultato sarà dunque, alla fine, una visione nuova, mai priva dei necessari riferimenti (che, nel caso di Cervantes, spaziano attraverso i secoli, modificati, poi, da condizioni storiche e religiose), tesa a colpire l'immaginazione del lettore. Prima di tutto, un Cervantes totale, autore di un capolavoro al quale sono legati però, per riferimenti interni (ed è questa una parte affascinante della ricerca di Socrate), ma anche esistenziali, le altre opere. Di qui, l'importanza di tracciare le linee di una vita, di un'esisten- Nuove investigazioni sulle opere «minori»: Galatea, Novelas ejemplares, Entremeses, così correlate al Quijote za, appunto, di cui si è scritto moltissimo ma che, rivista e narrata nel suo insieme, suona come un romanzo: dalla lontana ascendenza di ebreo converso alla ricerca frenetica di crearsi, anche fisicamente, un nome, un titolo, fino al soggiorno italiano a Roma, al seguito e al servizio del cardinale Giulio Acquaviva, come camarero o poco più, in grado però di esplorare la biblioteca e leggere quei testi «non di rado proibiti in Spagna e che ora, con l'apprendimento dell'italiano, si depositano nella sua intelligenza e nella sua attiva memoria». Poi la famosa giornata di Lepanto, impresa prodigiosa della cristianità, che Cervantes continuerà a ricordare con orgoglio, anche quando l'avvenimento sarà svalutato e sminuito, con il passar degli anni, e su di lui ne rimarrà soltanto un segno fatale, la perdita della mano, quella condizione di monco che per¬ metterà al «falsario» Avellaneda, l'autore della spuria Parte Seconda del Quijote, di sbeffeggiare l'ormai vecchio scrittore. E altri avvenimenti ancora: la prigionia di cinque anni ad Algeri, la richiesta di un posto impiegatizio in America, tutti potenzialmente fatali e tutti così legati allo sviluppo dell'opera cervantina totale da creare un Cervantes unico e non diviso. Non due Cervantes, dunque, il Cervantes terragno che si esprime attraverso la saggezza contadina di Sancho Panza e il Cervantes che trascende la realtà come don Quijote oppure il Cervantes di necessità incline ai compromessi controriformisti, bensì il Cervantes tollerante, di tendenze erasmiane, malinconicamente consapevole delle debolezze umane. Fondamentale per la comprensione di questo Cervantes è quanto ripetutamente afferma Socrate: vale a dire che Cervantes si trova sempre, per le circostanze della vita, «sui luoghi più deputati della parola - nella plurivocità e nel plurilinguismo - dove l'altro è la parola, e la parola con l'altro difende l'essere, Tessere-soggetto dal suo diluirsi e cancellarsi nel numero o nell'informe mentre la compresente molteplicità degli idiomi, dei parlari, porta alla riscoperta della propria lingua nella variata relazione con le cose e i fatti del mondo». Ecco dunque la spiegazione di quel plurilinguismo che altre volte è stato interpretato come «prospettivismo» e che, comunque, rende unico il Quijote con la sua prismatica convivenza di situazioni e personaggi. E c'è poi in questo grande saggio la riaffermazione del Quijote come primo romanzo moderno, soprattutto per la scelta dell'eroe come eroe degradato, conseguente, si capisce, alla morte dell'epopea. Ma c'è soprattutto la scoperta del riso, un riso che esce dall'immediato, non è mai né divertito né consolatorio, ma sale fino a diventare «un sorriso maggiore, sovrano... quello che può porre in causa la certezza delle acquisizioni consolidate, gli assetti delle dottrine ufficiali e imperanti». Un Cervantes molto vicino alle nostre stesse confusioni e contraddizioni che, come accade spesso con la Spagna, in momenti diversi della Storia, può trasformarsi nella nostra coscienza e nel nostro banco di prova. Angela Bianchini

Luoghi citati: Algeri, America, Italia, Roma, Spagna