IL LETTO

IL LETTO IL LETTO Una cosa buffa tra due cugini Voci d'estate, voci destate. Dopo «LAttesa» di Ammaniti, «La partenza» di Voltolini, «La stazione» di De Marchi, «La tavola» di Conti e «L'incontro» di Tiziano Scarpa, ecco «Il letto» di Laura Pariani, finalista al premio Campiello. IL letto era di ciliegio, massiccio e tanto alto che l'Ernestina doveva montarci sopra cunt on sgabél. D'estate, quando veniva a passare l'agosto in campagna, dormiva sempre lì: a fianco di sonòna di notte, da sola nel pomeriggio, perché 'na bambina da cénq àgn la g'ha da bisógn da fà un sugnatén alla bassura. Era questa la filosofia della nonna Giuàna: quatr'ùr al viagiatùr e sés al muradùr, sètti agli studenti e óttu a l'óltra gènti, nòvi alla vigiétta e dés alla tusétta... Il comodino era della stessa altezza, coperto di oggetti che c'entravano come san-buco in cielo: vi si apparentavano infatti senza ragione un santino di Santa Rita, 'na bottiglietta di plastica a forma di Madonna di Lourdes e una bolla di vetro contenente un pagliaccio insieme con una cagnetta dal cappellino rosa; che, se la si scortava, veniva la neve. C'era una gran calma nella stanza di pomeriggio. Poggiata al guanciale di piuma, l'Ernestina avvertiva il ticchettio della grossa sveglia rotonda troneggiarne sul comò e l'onda sonora del verso delle cicale dai rami del grande amareno davanti alla casa. Il soffitto palpitava per le ombre proiettate dalle tende di pizzo che un'arietta leggera faceva sospirare davanti alle persiane accostate contro il riverbero del gran sole d'agosto. La bambina si rigirò: non aveva per niente sonno e il grande letto estraneo, proprio da principessasul-pisello, invitava a fantasticare; inoltre adesso, dopo quel che era successo un'ora prima c'era proprio di che aver pensieri... Dato ca Tèa dumìniga erano infatti venuti a pranzo gli zii e, appena finito di mangiare, lei si era messa a giocare all'ombra del portico con suo cugino Richètu, mostrandogli la sua bambola e cercando di insegnargli a farsi le unghie rosse coi petali di geranio. Dalla sala da pranzo veniva la musica del giradischi di sozìa: «Marina Marina Marina, ti voglio al più presto sposar»; i grandi evidentemente stavano prendendo il caffè: se ne sentiva l'aroma galleggiare per aria. «Basta. Che gioco stupido» era sbottato a un certo punto ul Richètu. I suoi dieci anni e il suo essere màs'ciu rendevano incontestabile quel che diceva. «E allora a che cosa giochiamo?» aveva chiesto lei, esitante, grattandosi una puntura di zanzara sulla gamba sinistra. Sozìa rideva dalla finestra aperta e il disco continuava: «0 mia bella mo- ra, no non mi lasciare...». Ul Richètu corse all'improvviso dietro uno dei cespugli di ribes. Chissà cosa aveva intenzione di fare, si chiese la bambina. «Vieni qui» la chiamò il cugino. E, quando lei gli fu vicina, le domandò a voce bassa: «Cosa mi dai se ti faccio vedere una cosa che non sai?». «Prima fammi vedere...» contrattò l'Ernestina: san Tumàs s'al vedi nó, al crédi nó. «Ma lo sai tenere un segreto?». C'era qualcosa di strano nella voce del Richètu; il suo respiro si era fatto più torbido, quasi un affanno. «Che tipo di segreto?». «Prima giura da parla nó!». L'Ernestina sputò per terra, giurìn giurètta. Suo cugino si aprì allora le braghette, frugò nelle mutande e tirò fuori uno strano ròbo violaceo. La bambina restò bóca èrta, fissandolo paurosamente affascinata. (Avevi mai visto un ròbo così?» le chiese ul Richètu con fierezza. Lei fece lentamente segno di no cunt ul cò; la bocca arida, in silenzio; le parve che perfino le cicale si fossero taciute. Poi suo cugino aggiunse: «Se vuoi puoi toccarlo». L'Ernestina però non osava, limitandosi a contemplarlo a occhi tondi, con stupefazione. «Puoi farlo - insistette ul Richètu - Dai...». La bambina allungò la mano, posando il rovescio di un dito su quel ròbo senza nome. Le parve di sentire vibrare qualcosa sotto l'indice e ritirò la mano, impressionata. «Tocca ancora» insisteva suo cugino. La bambina chiese: «Ma com'è che hai fatto?», spingendo i pugni stretti più in fondo che poteva nelle tasche del suo grembiulino. «E' manévole, co¬ me la pasta» spiegò ul Richètu con soddisfazione, ritirando il suo trofeo nelle braghette. Dalla casa qualcuno chiamò. «Rigórdas ca t'é giura!», le fece lui, prendendola per un braccio. «Tina, Richètu...» gridò di nuovo la nonna Giuàna; la sagoma storta e minuta affacciata alla finestra del pianterreno. La bambina era corsa in casa. Si era lavata le mani, congestionata e silenziosa. Non aveva fatto neppure le solite storie per andare da sopra a dormire. Ora, rimasta sola nel lettone di sonòna, succhiava senza entusiasmo una caramella al limone, mentre ripensava a quel che era successo. Si sollevò inquieta sul gomito, allungò la mano verso il comodino, afferrò la bolla di vetro poggiandosela sulle guance: a l'éa pròpri frésca. La scosse e la neve volteggiò intorno al pagliaccio e alla cagnetta col cappellino rosa. L'Ernestina restò a lungo immobile, fissando quel turbine di coriandoli bianchi. Certo, come diceva sonòna, ognidón l'é bón a quajcóss, ma con un ròbo così - pensava la bambina con eccitazione - ul Richètu, da gràndo, qualsiasi circo l'avrebbe preso. I circhi, si sa, cercan sempre dei fenomeni. E magari lei lo accompagnerà... Sigùra: farà un numero con lui, travestita da cagnetta ammaestrata; naturalmente col cappellino rosa a cono. Sorrise tra sé, pensando a quando, lei e ul Richètu, se ne sarebbero andati insieme in giro per il mondo. Le sue dita afferrarono meccanicamente la piega della dùbbia del len- zuolo, come per stirarla. Cercò col piede un lembo di tela fresca e chiuse gli occhi per non vedere il riverbero bianco che filtrava dagli spiragli delle persiane. Le molle del grande letto cigolarono dolcemente, mentre la stracchezza le prendeva le gambe. «Naturalmente avremo un lettone proprio come questo e, d'estate, dopo lo spettacolo del pomeriggio, ci sdraieremo e...». Il pensiero le restò incompiuto, perché, succhiandosi il pollice, l'Ernestina precipitò nel sonno. Laura Pariani LE LETTURE Ivan Aleksandrovic Goncarov Oblòmov «e) i^bj Raymond Kadipiet // diavolo in corpo Giuseppe Berto L bff

Persone citate: Ammaniti, De Marchi, Giuseppe Berto, Ivan Aleksandrovic, Laura Pariani, Raymond Kadipiet, Tiziano Scarpa, Voltolini