IL CULATELLO E' UN DONO DA PREMIER di Edoardo Raspelli
IL CULATELLO E' UN DONO DA PREMIER LETTERA DIRASPELU IL CULATELLO E' UN DONO DA PREMIER CARO Direttore, sulla Stampa di giovedì Lietta Tornabuoni ha criticato duramente il presidente del Consiglio. Ma come si è permesso, Romano Prodi, di regalare a Tony Blair culatello e Parmigiano? Ma perché, come si fa di sobto, non è rimasto ai classici doni che si fanno in queste occasioni, cioè «cose che testimonino la ricchezza nazionale di arte e di cultura?». Questo si chiedeva giovedì. Be', Prodi non ne ha bisogno, ma io, da goloso impenitente e, soprattutto, da chi considera che l'Italia è anche gastronomia, storia del cibo, tradizioni millenarie di cucina e artigianato alimentare, voglio difenderlo. E lo faccio ricordando un episodio dell'anno scorso di cui, evidentemente, Prodi ha fatto tesoro. Tony Blair era ospite in Italia e con Prodi andò a mangiare in un famoso (anche se, ahimè, decaduto) ristorante emihano, il celebre Diana di Bologna. All'inizio del pranzo il capo del governo inglese chiese del culatello. Non solo il principe dei salumi itahani non c'era nel menu ordinato dalla presidenza del Consiglio, ma il ristorante più significativo di Bologna non l'aveva nemmeno in casa (e neppure in cantina). Ci pensarono dei piccoli produttori artigiani che fecero avere al governante in vacanza il pane di Parma, il culatello di Zibello, qualche bottiglia di dolce, rossa Fortana... Quindi, anche se con dodici mesi di ritardo, Prodi ha rimediato ad un errore ed ha conquistato un ospite esaudendo inaspettatamente un suo desiderio. E ne ha fatti di errori il nostro presidente, in questo campo. Uno, clamoroso, gbelo stigmatizzò due anni fa l'ex presidente del pds, Stefano Rodotà. Al G7 di Lione i francesi avevano fatto conoscere i loro cuochi più prestigiosi ai padroni del mondo: le berrette bianche di Francia erano apparse sui giornali di tutto il mondo. Per il G7 di Firenze, invece, che aveva fatto il governo italiano? Si era rivolto ad un mediocre, classico, anonimo servizio di catering. Stefano Rodotà aveva punzecchiato Palazzo Chigi su Repubblica, accusandolo di aver perso ima buona occasione per far conoscere i nostri grandi cuochi al mondo ùitero. H portavoce di Prodi, sbeffeggiato poi da mezza stampa nazionale, aveva ribattuto che, nonostante le critiche di Rodotà, quel catering aveva funzionato, che avevano «mangiato benissimo» e che, comunque, il governo itabano non poteva permettersi certi lussi e certe stupidaggini. Per esperienza diretta so che Walter Veltroni ed i suoi dirigenti alla vicepresidenza del Consiglio sono sensibib alla valorizzazione del grande artigianato alimentare italiano. In quelle stanze di Palazzo Chigi, per fortuna, alcuni sanno che anche attraverso la valorizzazione della tavola si può contribuire a evitare lo sfascio turistico di questa | «Italia sprecata»... Sono felice che di questo si accorga ora, anche il nostro Numero 1 fino a ieri gastronomicamente distratto. Ora, però, mi rimane un dubbio, Romano Prodi, il culatello per Tony Blair l'ha comperato da quel pugno di piccoli «Davide» che stagionano 6 mila pezzi l'anno di culateUo per 11 lunghi mesi? Che lavorano solo le cosce dei maiali di casa e solo nella zona vocata, per tradizioni e per legge, cioè quella di Zibello, protetta dalla D.O.P.? Oppure ha voluto, anche questa volta «risparmiare» e si è affidato al sobto «Golia», a una delle solite grandi industrie che, in pochi mesi, mandano fuori un culatello qualsiasi (non a Denominazione d'Origine Protetta come l'altro, ovviamente), che invece di essere una soave rosea indimenticabile delizia è solo carne fresca di maiale, insaporita dal nulla pressoché? Edoardo Raspelli
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