«An prese soldi da Fucini»

«An prese soldi da Fucini» L'ex pm ironizza sul finanziamento, i colonnelli di Fini attaccano, Tonino querela Maceratini «An prese soldi da Fucini» Scontro con Di Pietro. Ilpartito: tutto regolare ROMA. Stuzzicato e provocato dai «colonnelli» di Fini, alla fine Antonio Di Pietro ha risposto per le rime. Ne è venuto fuori un aspro battibecco polemico tra Di Pietro e An, culminato a fine giornata nell'ennesima querela dell'ex pm, stavolta nei confronti del presidente dei senatori di An Giulio Maceratini. Una durissima polemica che ha tutta l'aria di essere l'antipasto di quello che sarà uno dei leit motiv della campagna elettorale delle elezioni europee del 1999: la contesa di una fetta di elettorato perbenista-giustizialista tra la tradizionale destra di An e la nuova formazione dell'ex pm molisano. A Maurizio Gasparri che lo aveva stuzzicato («Per le Uste alle elezioni Europee, Di Pietro potrebbe interpellare D'Adamo, Lucibello e Pacini Battaglia...»), Di Pietro ha replicato attraverso le colonne di Oggi: «Non io, ma An farebbe bene ad aver maggior riguardo per Pacini Battaglia giacché, come è documentalmente provato, anche di recente, nel 1995, l'amministrazione di quel partito non si è fatta scrupolo di accettare da Pacini una cospicua somma di denaro», peraltro regolarmente iscritta nel bilancio del partito, ma ricevuta da «una società off shore» di Pacini quando il banchiere era già coinvolto nelle inchieste di Mani pulite. Ma l'ex pm, maliziosamente, richiama anche un'intercettazione telefonica che si riferisce ad una conversazione tra Emo Danesi e Pacini Battaglia del gennaio 1996 nel corso della quale si fa riferimento a fondi da «girare» ad An e si parla di Publio Fiori e di Gianfranco Fini. Scrive Di Pietro: «In quelle intercettazioni l'onorevole Gasparri troverebbe tanti spunti che po- trebberò essere usati a iosa contro diversi esponenti del suo partito, onorevole Fini compreso. Sicuramente calunnie. Ma si sa: la presunzione di innocenza che vale per gli altri non vale per me...». La replica ufficiale di An si è fatta attendere ed è arrivata diverse ore dopo la diffusione della nota di Di Pietro, una lentezza legata anche dal fatto che Gianfranco Fini si trova in vacanza in Turchia: «Di Pietro è il primo a sapere che il contributo ricevuto da An è stato regolarmente iscritto in bilancio. Evidentemente Di Pietro, che ha deciso di polemizzare con An, non ha argomenti per farlo. Gli consigliamo di cercarne qualcuno più serio». Una replica asciutta, sotto tono, rispetto a quelle più acuminate di Maurizio Gasparri («An non si farà intimidire da allusioni e personalmente l'unica pendenza giudiziaria è una querela di Di Pietro...») e soprattutto di Giulio Maceratini («Nessun mistero sottobanco perché An non ha ricevuto di nascosto Mercedes in regalo né milioni in prestito a tasso zero, restituiti avvolti in carta da giornale o in scatole da scarpe»). Una battuta quella di Maceratini che non è piaciuta a Di Pietro che in serata ha preannunciato che querelerà il presidente dei senatori di An: «Reazione scomposta quella di Maceratini», dice Di Pietro, sottolineando che il suo era soltanto un invito a «non prendere per oro colato ciò che dicono alcuni calunniatori». Ma nella polemica di Di Pietro la parte più insidiosa riguarda non tanto il finanziamento (anche Pacini ricorda che si trattò di «50 milioni» indirizzato ad emigrati in Canada), ma le intercettazioni telefoniche, contenute nell'ordine di custo- dia cautelare emesso nei confronti di Lorenzo Necci. Scrive il magistrato di Perugia: «La gestione devastante del denaro pubblico attraverso le Ferrovie non poteva non avvenire se non con u beneplacito del potere politico. A tal riguardo si ritiene debba inserirsi la corruzione del deputato di An Publio Fiori (cento milioni di cui cinquanta consegnati) e della riferita richiesta del leader di tale partito di una ingente somma a scopo di finanziamento (cinque miliardi)». [f. m.] Il senatore dell'Ulivo Antonio Di Pietro

Luoghi citati: An, Canada, Perugia, Roma, Turchia