Monica: Clinton non mi chiese di mentire

Monica: Clinton non mi chiese di mentire Il racconto della ragazza al gran giurì: la storia è durata 18 mesi, l'ho amato 12 volte Monica: Clinton non mi chiese di mentire Anche Starr nei guai per violazione del segreto istruttorio NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Mezz'ora dopo che Monica Lewinsky aveva lasciato il Palazzo di Giustizia, giovedì sera, per i cronisti dei giornali e delle tv americane è cominciato il lavoro vero: quello di sapere da qualche testimone che cosa esattamente la ragazza avesse detto. Finito il bivacco davanti alla «Courthouse» sotto gli ombreUoni, tanto che per rompere la noia quel luogo lo avevano chiamato «Monica Beach», così come anni prima, durante il processo contro il sindaco di Washington, lo avevano chiamato «Barry Beach». Ora si trattava di sapere se quelle quasi sette ore di domande e risposte, spesso interotte dalle crisi di Monica, avevano o no spostato l'asse dell'inchiesta di Kenneth Starr verso lidi più vicini alla possibilità di sottoporre Bill Clinton a «impeachment». Attaccati al telefono, i cronisti chiamavano disperati gli avvocati della ragazza, gli uomini dello staff di Starr e magari anche qualcuno dei 23 membri del gran giurì, scongiurandoli di dir loro qualcosa e promettendo di non nominarli e di usare la soluta formula: «Fonti vicine all'inchiesta». Monica ha detto quel che tutti si aspettavano dicesse: la relazione sessuale fra lei e Bill Clinton c'è stata, i loro incontri sono stati una dozzina nell'arco di 18 mesi, alcuni sono avvenuti in una stanza nei pressi dell'Ufficio Ovale. E sul fatto che il Presidente l'ha indotta a mentire? Incalzavano dall'altro capo del filo gli ansiosi interlocutori. Da quanto se ne sa lei ha ribadito che con Clinton ha parlato della necessità di tenere le cose segrete (com'è del resto ovvio che facciano due amanti clandestini), che ci sono state delle «allusioni» di lui al fatto che forse lei avrebbe fatto bene a restituire i regalini ricevuti, ma ha anche ripetuto che lui non le ha mai esplicitamente chiesto di mentire e che quando lei lo ha fatto (con la sua dichiarazone giurata al procedimento Paula Jones) è stato di sua iniziativa. Se a quel punto gli uomini della Casa Bianca abbiano tirato un sospiro di sollievo non si sa, certo è che da ieri le tv, invece di riproporre ogni cinque minuti la solenne frase pronunciata a gennaio da Clinton, «Non ho mai avuto ima relazione sessuale con quella donna, Monica Lewinsky», hanno preso a riproporre la frase immediatamente successiva: «Non ho mai chiesto a nessuno di mentire». Il punto, insomma, è sempre lo stesso, e cioè se Clinton ha un problema legale, da impeachment, come l'accusa di avere ostacolato la giustizia, o se ha invece un problema politico e (forse) familiare, corno la prova e (forse) familiare, come la prova di avere mentito al popolo e (forse, ancora una volta) a Hillary. Quello che secondo le «fonti al corrente» Monica ha detto, non sembra avere sciolto quel punto. Se Starr vuole dimostrare l'esistenza di una strategia per «comprare» il silenzio di Monica deve insistere su altre strade, come le offerte di lavoro fatte alla ragazza da Vernon Jordan, il ricco amico di Clinton, e Bill Richardson, l'ex rappresentante americano all'Onu. Lui proprio ieri ha ricevuto il «sì» del Senato al suo nuovo incarico di ministro dell'Energia, e i senatori, anche repubblicani, erano più interessati a parlare delle scorie nucleari da sistemare che di Monica. Solo sistemare che di Monica. Solo uno gli ha chiesto della ragazza, e lui ha ripetuto che a «segnalargliela» era stato John Podestà, vice capo dello staff di Clinton. E sul giallo del vestito scoppia l'ennesimo scandalo. «La macchia sul vestito di Monica è effettivamente la traccia di un rapporto sessuale. Gli esperti dell'Fbi lo hanno accertato e ora stanno ricostruendo le impronte genetiche dell'autore della macchia, per confrontarle con quelle del presidente Clinton», sostiene da due giorni il giornalista Geraldo Rivera, il re del tabloid televisivo americano. Ma la rete televisiva «Nbc», che in un primo tempo aveva trasmesso lo scoop di Rivera, ha poi preso elegante- Rivera, ha poi preso elegantemente le distanze. In giornata nuovi guai si sono profilati anche per Kenneth Starr: il procuratore avrebbe infatti violato il segreto istruttorio nel caso Lewinsky. Ci sono le prove - il giudice che presiede alle audizioni del Gran Giurì le ha giudicate già sufficienti - ad aprire un procedimento contro di lui. E' quanto si è appreso dalla diffusione del testo della decisione presa dal magistrato Norma Holloway Johnson dopo aver esaminato la documentazione presentata in materia dagli avvocati di Clinton. Secondo Johnson, anche un solo articolo di stampa che contenga informazioni secretate è sufficiente per stabile che ci so- è sufficiente per stabile che ci sono state violazioni «prima facie» dell'ordinanza che secreta le audizioni del Gran Giurì. «E la corte ha trovato che diversi articoli configurano violazioni» scrive il magistrato. Starr ha sempre negato che la fuga di notizie partisse dal suo ufficio. Ora, dopo l'atto giudiziario del giudice Johnson dovrà dimostrarlo, esibire solide prove che dimostrino che non c'è stato «oltraggio alla corte», cioè che lui e i suoi procuratori non hanno disobbedito all'ordine di segretezza delle testimonianze, ampiamente riportate dalla stampa. Franco Pantarelli Un reporter alla Nbc: «L'Fbi lo sa, la macchia sul vestito esiste e prova il rapporto» ■SHHHHHHHjjH Nella deposizione di Monica Lewinsky (qui accanto) tutti i particolari dei suoi incontri alla Casa Bianca con il presidente Clinton A sinistra la portavoce di Monica Lewinsky attorniata dai reporter. Qui sopra, Al Gore

Luoghi citati: New York, Washington