Cipri & Maresco la vendetta di Fulvia Caprara
Cipri & Maresco la vendetta Cipri & Maresco la vendetta ROMA. Cipri e Maresco tornano sul luogo del delitto, nella Palermo che hanno sempre descritto con impietosa lucidità, ma stavolta il loro è lo sguardo dei documentaristi, dei testimoni del cambiamento, dei cercatori del tempo perduto. «Abbiamo sempre raccontato questa città in chiave simbolica, metaforica - spiega Maresco - ora, invece, con questo film-documentario voghamo descrivere il modo in cui Palermo sta mutando e soprattutto sta perdendo la sua identità. Un processo che ha riguardato molti altri luoghi, Milano, Roma, Napoli, e che ora sta provocando il cambiamento culturale, antropologico, di una città insulare come è Palermo. Il nostro è un viaggio malinconico, triste, perché la considerazione di fondo è che questa trasformazione non ha fatto altro che cancellare i vecchi mali per sostituirli con i nuovi, non meno pericolosi». Lungo questo percorso doloroso, segnato dal ritorno nei posti che fecero da sfondo a «Cinico tv», ma anche a «Lo zio di Brooklyn» e a «Totò che visse due volte», Cipri e Maresco incontrano personaggi significativi nella storia dell'evoluzione della città: dal sindaco Orlando al drammaturgo Franco Scaldatai, dal «puparo» Mimmo Cuticchio al giornalista Salvo Licata, al fotografo Nicola Scafidi che ha saputo raccontare la Sicilia per immagini, fin dai tempi dello sbarco degli americani. «Negli Anni 50 - osservano Cipri e Maresco -, alla cultura dominante mafiosa si opponevano altri modelli culturali e i vecchi intellettuali, Sciascia in testa, svolgevano la loro funzione, cioè quella di rompere le uova nel paniere. Adesso invece il coro è unanime, non ci sono più contrappunti critici: tutti tessono le lodi della tecnologia, ma sarebbe giusto che non si perdesse la coscienza critica soprattutto se, all'avanzare della tecnologia, corrisponde l'aumento della barbarie, l'assenza di modelli di sviluppo a misura d'uomo». Nel giro di pochi anni, dicono i due cineasti, certi luoghi della città sono spariti, ma il risultato spesso è «un inferno, un pasticcio estetico e sonoro. Basta guardare Piazza Politeama: è vero, oggi ci «Un docuapocae trnell'inche ha il nostro mentario ittico ste ferno spirato» "Totò"» sono un sacco di palchi per accogliere iniziative di spettacolo, ma l'effetto è quello di un gran casino, un caos senza forma». Anche il sindaco Orlando, con cui Cipri e Maresco dicono di essersi da poco riappacificati, ammette che la trasformazione non è solo positiva, che «la mafia è cambiata, ma non scomparsa». Con l'affrancamento da quella mentalità soiio arrivate nuove storture, nuovi pericoli: «Oggi un ragazzo di Palermo può anche apparire identico a uno di Amsterdam o di Parigi, omologato dal grande, imperante consumismo. Pure il Linguaggio è mutato, il dialetto sparito, così come è impossibile trovare certe facce di un tempo, quelle dei nostri film, esseri umani che nelle città industrializzate non s'incontrano più, fagocitati insieme, con altri brandelli della Palermo di prima»; Ma esiste un futuro per una città che sta perdendo perfino i suoi tratti somatici? «Il nostro punto di vista è sempre apocalittico - rispondono i due registi -, quello che avviene qui avviene dovunque e quindi c'è poco spazio per sperare. D'altra parte siamo partiti dal pessimismo di Sciascia che diceva "la Sicilia non crede alle idee"e quindi escludeva la possibilità di una redenzione». Secondo Orlando, però, uno sviluppo ci può essere: «A suo parere il futuro di questa terra è nella rivoluzione araba, nel suo confluire nella cultura araba». Prodotto «disperatamente» dai due autori, da Rean Mazzone e da Giuseppe Bisso, questo film che tenta di «catalogare la memoria, di fermare i ricordi» di fare una sorta di inventario sociale e antropologico prima che tutto il vecchio scompaia, potrebbe avere la sua collocazione ottimale in tv. Ma sarà possibile per i due registi supercensurati trovare una rete che li ospiti? I tempi della Raitre di Angelo Gughelmi, che li scoprì e li piazzò in un orario di punta, a ridosso della prima serata, sono lontani. Però c'è Enrico Ghezzi, fa notare Maresco, che è anche vicedirettore e che forse potrebbe inventare il modo di riportare i due «sacrileghi» sul piccolo schermo. Fulvia Caprara «Un documentario apocalittico e triste nell'inferno che ha ispirato» il nostro "Totò"»
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