Hollywood a nozze col libro

Hollywood a nozze col libro Primo fu «Lo squalo», poi il fenomeno si ingigantì. Oggi si scrive pensando al cinema Hollywood a nozze col libro Magli editori tremano-, saranno schiacciati? /v LOS ANGELES ! ! UANDO, un mese fa (8 lu- I I glio), Tina Brown ha an- II nunciato che avrebbe laY I sciato la direzione del New V Yorker per andare a fondare un giornale con la Miramax, il mondo letterario e l'establishment giornalistico hanno reagito con un misto di apprensione e di orrore. La Brown lasciava una delle più prestigiose posizioni giornalistiche d'America e diceva addio al giornale che ha ospitato nell'arco degli anni Truman Capote, James Baldwin e John Updike per gettarsi in un'avventura editoriale la cui ambizione più grande è quella di pubblicare storie che possono diventare film per il cinema e per la televisione. In altre parole, Tina Brown non si accontentava più di invitare a cena e di mettere in copertina gli attori, i registi e gli executives del mondo dell'entertainment come aveva fatto a Vanity Fair e al New Yorker, ma voleva essere lei stessa protagonista di quel mondo. Nei giorni successivi, ha avuto inizio il gioco della toto-direzione, conclusosi con la nomina di Dave Remnick, uno scrittore che la stessa Brown aveva portato al New Yorker. E molti hanno cominciato a chiedersi se il matrimonio tra la Brown e Harvey Weinstein, il fondatore e presidente della Miramax, potrà davvero funzionare. Da un lato lei, educata a Oxford, molto snob, una delle figure più ricercate dei salotti newyorchesi; dall'altro Weinstein, un omaccione dalla faccia butterata cresciuto nel Queens che non ha mai finito il college, che si presenta sempre con la camicia che gli esce dai pantaloni e che ha saputo fare della Miramax una piccola potenza, la casa che ha lanciato film come Pulp Fiction, The Cryme game e II paziente inglese. Una ben strana coppia, ira due individui cui piace auto-promuoversi come due visionari. La aro nuova avventura non è però un progetto così originale, è solo un altro passo nel difficile e controverso cammino della convergenza tra giornali, libri e entertainment. E, con orrore dell'estoblishmenl giornalistico ed editoriale della East Coast, dell'inarrestabile spostamento dell'epicentro della cultura americana verso l'altra costa. «Un processo iniziato circa 20 anni fa, quando studios e case editrici si sono ritrovati inaspettatamente sotto lo stesso tetto», ricorda Ron Bernstein, un agente letterario con la Gersch Agency. La Disney, che controlla la Miramax e che quindi diventa un ricco ma ingombrante partner della nuova avventura, possiede la Hyperion Books. La Viacom controlla la Paramount e la Simon & Schuster, la Time Warner la Warner Books, Rupert Murdoch è il padrone della Fox e della Harper Colhns, che un paio di settimane fa ha sfondato un'altra barriera: ha aperto un ufficio di collegamento fin negli studios della Fox. Sempre venti anni fa si è verificato un altro fenomeno: la pubblicazione de Lo squalo. Tratto dall'omonimo libro di un autore sino a quel momento sconosciuto, Steve Alten, quel film non ha solo lanciato la carriera di Steven Spielberg ma ha cambiato la relazione tra l'industria editoriale e quella cinematografica. Hollywood ha sempre cercato ispirazione nella letteratura. Un libro offre immediata legittimità. E se si tratta di un libro di successo, l'adattamento cinematografico parte con una base di lettori probabilmente curiosi di rivisitare in immagini personaggi e fatti già conosciuti. Ecco dunque gli Stephen King, i Michael Crichton, i John Grisham e i Tom Clancy, autori i cui libri sono legati a così tanti successi cinematografici che adesso vengono trattati loro stessi come stelle, con compensi che arrivano anche ai dieci milioni di dollari per un libro (Crichton per Airframe). Tutti gli studios si sono buttati alla ricerca del prossimo Grisham, con aste mmtimilionarie (in dollari) appena un qualche abile agente fa circolare il nome di un nuovo scrittore molto «caldo». Ma il gioco non sempre riesce. Due anni fa, Alten ha annunciato Mep e la Doubleday gli ha offerto due milioni di anticipo per il libro mentre la Disney gli ha dato la metà per i diritti cinematografici. Il seguito de Lo squalo non è però mai andato oltre le 100 mila copie di vendita e il film adesso giace in uno stato di «sviluppo inatteso», che tradotto dall'hollywoodese significa che è a un passo dalla spazzatura. E Gump&Co., il seguito di Winston Groom a Forrest Gump, non solo non è mai diventato un film ma è subito scompar¬ so anche dalle librerie. Più che la paura del fallimento a preoccupare giornali e case editrici è tuttavia altro. C'è il timore di restare schiacciati: l'industria del libro, negli Usa, ha entrate per 6 miliardi di dollari e quando deve lanciare un best-seller conta su un budget che se va bene arriva ai 50 mila dollari. Le industrie del cinema e della televisione hanno entrate per 17 miliardi e quando si tratta di lanciare un film possono permettersi di spendere anche 50 milioni di dollari, mille volte di più. Ormai, la prima di Godzilla è un «evento», la presentazione dell'ultimo Norman Mailer un'occasione per pochi amici e arruniratori. La paura più grande è però quella di non potersi più riconoscere, che il matrimonio con Hollywood possa segnare l'inizio della fine. «Lo scopo più importante del giornalismo è quello di informare il pubblico, non di intrattenerlo e di arricchire gli azionisti», ha ammonito recentemente il New York Times in un editoriale che commentava la nuova avventura di Tina Brown. Lo stesso vale per i libri. Quando Crichton ha scritto Sol Levante ha chiamato il suo poliziotto John Connors nella speranza (fondata) di poter attrarre a quella parte Sean Connery. Niente di grave, ma che cosa succede quando un libro diventa non un lavoro a sé ma un veicolo per sfondare a Hollywood? Quando i personaggi, le trame, i nomi, i colpi di scena vengono concepiti pensando a come verranno recepiti non dal lettore ma dai boss della Warner e della Fox? «Accade che continuano ad arrivarci romanzi mal scritti, prodotti che non sono né libri né sceneggiature», spiega David Rosenthal, il responsabile della Simon & Schuster. Lorenzo Soria Stephen King, Michael Crichton John Grisham vengono trattati come stelle, con compensi fino a dieci milioni di dollari Anche Tina Brown lasciato il «New Yorker» ha fondato un giornale per pubblicare storie che possono diventare film Juliette Binoche protagonista del «Paziente inglese» La pellicola della Mìramax fa parte di una larga serie di opere tratte da romanzi. Il legame libro-film è così stretto che Harper Collins ha aperto un ufficio fin dentro gli studi della Fox

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