«L'arte dia una mano a cambiare la società»

«L'arte dia una mano a cambiare la società» caselli «L'arte dia una mano a cambiare la società» T AL VOLTA, nel nostro lavoro, ci sentiamo isolati, siamo noi a dover parlare di certe cose, a ricordarle alla gente. Rischiamo di combattere da soli, di divenire cioè dei giardinieri che potano continuamente i rami più spinosi e invadenti di piante velenose e infestanti senza però poterle sradicare, rendere arido il terreno dove si sviluppano, dove crescono. E questo terreno, così fertile, invece, si nutre appunto di una cultura e una mentalità sbagliate, della paura di cambiare e di essere uomini liberi. Ma è la società stessa che deve interrogarsi, che deve mutare. Ogni occasione è necessaria ed utile. Ed è proprio l'arte che, con la religione, può fornire momenti di riflessione. Mi pare che questo testo di Michele Di Martino, Atridi (con l'impegno di Pamela Villoresi e del Teatro Argot di Roma che ne hanno permesso la realizzazione scenica), offra più di uno spunto di analisi. Partendo dai simboli del passato, dalla nostra origine culturale e sociale, arriva diretto ai nostri giorni, dalla famiglia di Atreo a quelle mafiose, per condannare la logica del sangue, la legge del taglione e l'omertà e invitare tutti ad una presa di coscienza, al cammino verso la città del diritto e della legalità. E' il pentimento di Oreste che apre una breccia, la possibilità del cambiamento ed offre spunti di riflessione anche sull'odierno, quanto mai spinoso e complesso, problema dei pentiti che decidono di collaborare con lo Stato. Significative le figure dei preti, l'uno che con la malavita, l'antistato convive, complotta, ne approfitta, l'appoggia, lo nasconde, l'altro che sacrifica la propria vita per sconfiggerlo. Proprio come talora nella realtà. Ed è bene parlarne a voce alta, perché la Chiesa assuma posizioni sempre più chiare. Un'analisi interessante è anche quella sull'«altra metà della mafia», le donne. Tra loro c'è chi non regge, non resiste all'idea di farne parte e soccombe, chi da vittima diviene carnefice, chi si rassegna, chi la conbatte, ma certo non immuni, non estranee le donne (come si è creduto fino a qualche tempo fa) bensì protagoniste, nodi cruciali dell'espandersi, del sopravvivere e del mutare della mafia. Per battere un avversario bisogna conoscerlo e bisogna combatterlo alla radice, cioè dentro di noi, nel nostro modo di pensare. Ed è lottando insieme che uomini di legge e di cultura riusciranno a compiere un vero processo di democratizzazione nel nostro Paese, proprio come avvenne in Atene ai tempi di Eschilo. Gian Carlo Caselli emj

Persone citate: Gian Carlo Caselli, Pamela Villoresi

Luoghi citati: Atene, Roma