Grande industria, un '97 pieno di utili

Grande industria, un '97 pieno di utili Grande industria, un '97 pieno di utili Incentivi auto, calo dei tassi e stasi del costo del lavoro trainano il mini-boom italiano Mediobanca: ma in 10 anni perso il 22% dei posti MILANO. Non è andata male nel '97 per l'Italia dell'industria e del terziario. E, almeno a giudicare dall'andamento della prima parte del '98, in attesa di misurare i costi da luglio in poi della crisi asiatica e della fine degli incentivi sull'auto, non ci si può lamentare troppo nemmeno per quest'anno. Il risultato è il primato storico dei profitti: 14.616 miliardi per un campione che rappresenta il 40% dell'industria italiana. Le ragioni? La corsa dell'auto, innanzitutto, che non ha solo comportato una robusta crescita del fatturato di settore (+11,8%) ma ha anche trascinato la richiesta di beni intermedi, dalla metallurgia al settore suiderurgico. Eppoi, la minore incidenza del costo del lavoro, grazie all'aumento della produttività degli addetti e il calo dei tassi, 1' 1,8% in meno che ha fatto calare gli oneri finanziari ma non ha certo stimolato gli investimenti al punto che, nel '97, si è toccato il punto più basso del decennio. Non è facile restare a galla nell'oceano della competizione, soprattutto, per l'economia italiana, non è facile tradurre profitti e produttività crescente in nuova ricchezza per tutti e distribuirla sotto forma di occupazione. Non è questa una gran novità, certo, ma ci voleva l'annuale pubblicazione dei «Dati cumulativi di 1749 società italiane», annuale fatica dell'ufficio studi di Mediobanca, per misurare i costi che deve sopportare un'economia impegnata a fare i conti con la concorrenza globale. Nel corso degli ultimi dieci anni la grande industria, quel- la che registra almeno 500 miliardi di fatturato annuo, ha bruciato 22 posti di lavoro su 100. E' andata meglio per le medie imprese (Mediobanca ha analizzato un campione rappresentativo di 465 imprese con almeno 144 addetti e 51 miliardi di giro d'affari) che hanno perduto solo il 2,3% della forza lavoro. Ma, negli ultimi due anni, la spinta del sistema delle medie imprese fatica a tenere il passo della produttività, assai più delle grandi imprese dove il taglio dell'occupazione si è accompagnato ad un crescita del fatturato del 18%. . In passato, poi, accanto alle aziende minori, l'economia italiana aveva un altro grande serbatoio d'occupazione: il terziario. Ma nel '97, perii terzo anno di fila, il terziario ha diminuito l'assorbimento di forza lavoro, anzi la tendenza ha preso forza: 4139 addetti in meno, ovvero il totale dei tagli del biennio precedente. E' una corsa ad ostacoli, quella dell'economia italiana verso gli standard internazionali. La fotografia di Mediobanca serve a inquadrare alcune istantanee della lunga marcia. I profitti crescono, certo, ma anche così ammontano al 2,4%, meno della metà del 7% circa su cui sono attestate le multinazionali anglosassoni. Dal '92 ad oggi, poi, l'industria italiana è sempre più estero-dipendente: le ven- dite oltre frontiera, infatti, hanno costantemente superato la domanda interna, al punto che nel tessile-abbigliamento e nella meccanica-elettronica, mercato interno e internazionale ormai si equivalgono. Anche nei servizi, intanto, si registra un faticoso ma pur sensibile spostamento verso gli standard internazionali: grazie alla liberalizzazione delle telecomunicazioni si avverte, finalmente, il fenomeno della riduzione delle tariffe, solo parzialmente compensate dai maggiori volumi di traffico; e la concorrenza fa bene anche al traffico aereo, in netta crescita. Salgono i margini di gestione, aumentano i flussi di cas¬ sa, al punto che negli ultimi tre anni le imprese si sono, in pratica, autofinanziate. Questo vale per tutti, pubblici e privati, grandi e piccoli, ma con importanti differenze. Le imprese pubbliche hanno approfittato dei nuovi margini per ridurre l'esposizione verso le banche, i privati hanno approfittato della situazione per ottenere nuove risorse, a condizioni migliori. Il risultato è che il sistema bancario ha meno crediti per 15 mila miliardi verso l'area pubblica e ha prestato 6 mila miliardi in più ai privati. I piccoli e i medi hanno mantenuto alto il livello degli investimenti nell'ultimo triennio mentre i grandi, il settore pubblico in particolare, hanno frenato i nuovi impegni al punto che nel '97 si è toccato il picco più basso degli investimenti, un segnale anche questo delle nuove strategie dell'industria a capitale di Stato. Per i piccoli, poi, la competizione sempre più feroce si è tradotta spesso in nuovi sacrifici, il finanziamento del circolante, ad esempio. E così si scopre che, se nell'industria la media dei termini di pagamento concessi alla clientela è di 102 giorni, per le medie imprese si sale a 129. E questo è un «gap» che pesa sempre di più, anche perché le medie imprese già stentano a recuperare, con la maggior produttività, una quota importante della crescita dei salari. E qui, dietro la foto di Mediobanca, c'è un indizio inquietante sulle difficoltà del prossimo autunno in fabbrica... Ugo Bertone Totale industrio Medie imprese NOrrièro dipendenti Fatturato a prezzi costanti Valore aggiuntò a prezzi costanti Valori per addetto; ,2% + 18,0% +26pj% ?.. + 26Ì0% \ Produzione \ +24;S% +19,7% valore produzione in lire correnti +$9,^% +63#2% Costo del lavoro per addotto +72,7% ,.,+72#5% Difforetnza f \ \ ' / \/l.A, ~«:2,0%\ / -9,3#: .Ponte: Centj-o Studi M&diobancg* $41 * • • Màcchie e sporco senza speranza per fortuna che c e»H r LANZA. LA RISPOSTA E'-SATTA. In esclusiva contemporaneamente sulle reti Rai, Media set è MTV

Persone citate: Ugo Bertone

Luoghi citati: Italia, Milano