«Credetemi, noi non c'entriamo» di Maurizio Tropeano
«Credetemi, noi non c'entriamo» «Credetemi, noi non c'entriamo» Pelissero: queste azioni ci danneggiano LA DIFESA DELL'ANARCHICO TORINO ON ho più contatti con il movimento e non posso sapere che cosa pensano e fanno i compagni. Ma i pacchi-bomba non penso che siano cose fatte da noi o da gente vicino a noi». Silvano Pelissero, l'anarchico-insurezionalista agli arresti domiciliari in una comunità vicino a Cuorgnè, risponde di getto. Poi si ferma, riflette e aggiunge: «Certo, non lo posso escludere. Posso dire che io non l'ho fatto e non lo farei mai, ma in giro per l'Italia, a Roma soprattutto, ci sono duri, di estrema sinistra o di estrema destra capaci a farlo. Queste azioni ci danneggiano, sono contro i nostri interessi». E' preoccupato. Silvano Pelissero, forse ha paura. Per questo vorrebbe «essere dimenticato, lasciato in pace». Un invito al silenzio ad evitare clamori e pubblicità, ma anche le azioni clamorose come i pacchi-bomba che rischiano di «aumentare i tasselli di questa montatura che non finirà più e di cui io sono ormai solo una vittima. Sono dentro per sbaglio. Non c'entro nulla con l'affare dei Lupi Grigi. Come non c'entrano Sole ed Edo, naturalmente. Siamo estranei dall'inizio e adesso, in queste condizioni, non vedo futuro. Non sono in grado di gestire e capire ciò che sta succedendo. Vorrei essere dimenticato. Vorrei non essere al centro dell'attenzione». In quel casale in mezzo alla pianura che si apre tra Rivarolo e Cuorgnè sono saliti a trovarlo il parlamentere verde Giorgio Gardiol, il capogruppo in Comune, Silvio Viale, e don Luigi Ciotti, come espressamente richiesto da Pelissero. Sono lì per testimoniare «la volontà di mantenere aperto il dialogo con il mondo dei centri sociali e gli squatter dopo il pacco-bomba indirizzato al nostro compagno Cavaliere». E proprio al capogruppo in Regione Pelissero ha scritto una lettera, la settima, subito dopo aver appreso dell'invio del paccobomba per testimoniargli solidarietà «al di là delle convinzioni politiche diverse». L'anarchico adesso non «capisce proprio il perché di quelle bombe a Cavaliere e Pisa- pia». Pelissero non lo dice apertamente, ma se la bomba al giudice Laudi può avere qualche giustificazione politica - del resto lo stesso magistrato ha spiegato di aspettarsela - non ce l'hanno le altre: «Sono senza logica». Il motivo? «Pisapia l'ho conosciuto nel carcere di Novara. Cavaliere l'ho incontrato altre volte. Senza il loro sostegno non avrei ottenuto nulla. Il mio sciopero della fame stava degenerando. E credo che in meno di una settimana sarei finito in clinica». E poi «perché è assurdo minacciare chi, come Pisapia, si sta concretamente battendo contro il 4Ibis e per migliorare le condizioni carce- rarie. Tra i detenuti ha una buona fama». E' un fiume in piena Pelissero. In canottiera e scarponcini parla praticamente per un'ora. Racconta che «si aspettava di essere beccato. Il sistema sta addosso ai centri sociali, ma ho pensato che questa montatura si sarebbe sgretolata. Invece no. Il gioco è più grande di noi. Capisco perché Edo e Sole abbiano voluto tirarsi fuori. Forse hanno fatto bene». Quei morti continuano a dargli «un immenso e generale dolore difficile da estinguere». E, se a questo, si unisce il lungo sciopero della fame, il risultato, dal punto di vista fisico, non può che essere uno: «Ho forti dolori intestinali e la vista ogni tanto è un po' offuscata», ma per fortuna «ora posso usare molte erbe e in quelle ho fiducia». Adesso Pelissero ha ripreso a mangiare e si sente «decisamente molto ma molto meglio», come ha scritto a Cavabere. Ma sia nella lettera che nel colloquio di ieri tutta la dialettica di Pelissero è rivolta a dimostrare la sua estraneità agli attentati. I volantini dei Lupi Grigi: «Mai avuti e mai buttati dal finestrino della mia macchina. Non sono andato a riprenderli. Tornavo indietro per ottenere dalla polizia il verbale della perquisizione con scritto che non era stato rinvenuto nulla. Il loro possesso mi è stata contestato 25 giorni dopo». La «pipe-bomb» ritrovata nella casa Okkupada di Collegno? «Quella casa è un porto di mare. Ma perché l'hanno fatta, esplodere? Era un bengala, come quelli usati davanti alle Vallette in una manifestazione del dicembre 1997». Questa è la verità di Pelissero, accusato di banda armata dai giudici di Torino in relazione agU attentati in Val di Susa, e che adesso non vede l'ora che «questa vicenda si chiuda al più presto». Maurizio Tropeano Silvano Pelissero l'anarchico agli arresti domiciliari
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