«I campi? Meglio la cella»

«I campi? Meglio la cella» «I campi? Meglio la cella» La voce dei ribelli di Lampedusa AGRIGENTO DALL'INVIATO «Meglio in carcere che nei campi», dicono al deputato Scozzari i «ribelli» di Lampedusa, i cinquantadue marocchini e tunisini che sono in prigione, alcuni già condaimati per direttissima, per le rivolte dell'isola e quella di Agrigento. In effetti meglio le celle del nuovo carcere di contrada Petrusa che i containers di latta di Lampedusa e i capannoni industriali disattrezzati della periferia industriale di Agrigento. Giuseppe Scozzari, deputato della Rete, ora uno dei fedelissimi di Antonio Di Pietro, è andato ieri mattina in carcere a far visita ai 52 reclusi. Primo deputato ad interessarsi, seppure anche lui con vistoso ritardo visto che qui, sul fronte dei clandestini, si combatte da qualche settimana. Eppure Scozzari era stato protagonista di una sceneggiata antirazzista in un ristorante romano a inizio luglio. Qui è arrivato infine a vedere che cosa è accaduto nelle notti dei fuochi di Lampedusa e Agrigento. E il deputato se n'è uscito dal carcere con una dichiarazione piuttosto impegnativa: «Ho riscontrato il disinteresse totale del mio governo». Perché disinteresse? «Perché hanno lasciato soli questore e prefetto ad affrontare con una miseria di mezzi a disposizione un'emergenza che non ha precedenti». Ma cos'hanno raccontato i cinquantadue all'onorevole Scozzari? Che, naturalmente, loro non c'entrano nulla con la rivolta. Che, anzi, non è stata nemmeno una ri¬ volta, ma una lite, fra loro, per il cibo, degenerata per «l'arrivo della polizia». Finita in un grande «casino» perché molti ne hanno approfittato per tentare di scappare. «Siamo stati arrestati a caso - ha raccontato il sedicente marocchino Mohammed Salahg -: io, per esempio, non ho fatto niente...». Comunque sia in carcere stanno benissimo: brandine di metallo invece dei materassini di gomma buttati sulla polvere del «campo 2» di Agrigento, cibo in abbondanza e senza carne di inaiale per loro che sono musulmani. Persino sigarette a volontà (fumano molto) fornite con un supplemento di cortesia dal direttore del carcere. Dichiarazioni? Per quanto si stia bene in carcere, «o fuori, o in Tunisia». Probabilmente resteranno dentro, salvo scarcerazioni secondo procedura (penale) perché ormai il destino è segnato: sono imputati di reati commessi in Italia e dunque non faranno parte dei «rimpatri». Rimpatri che si stanno preparando in silenzio. Forse awerrano di notte. Certo senza avvertire le centinaia di clandestini sbarcate da metà luglio in poi a Lampedusa e dintorni ora distribuiti nei vari campi siciliani. Il vero problema sta nelle identificazioni, perché nessuno di questi ha documenti, molti hanno dichiarato di essere marocchini pur essendo tunisini confidando che il rallentamento delle pratiche li faccia arrivare ai trenta giorni di permanenza hi Italia e quindi alla libertà obbligatoria secondo legge. Scoccato il trentesimo giorno, si prenderanno un «foglio di via», ma anche la libertà che per molti di loro significa una fuga da clandestini «a vita» per l'Europa. Sarà così svuotato il famigerato «campo 2» di Agrigento, dove questore e prefetto hanno già programmato lavori per installare servizi igienici e docce e qualche comfort. Anche se a Roma l'accordo con la Tunisia è stato firmato, qui nessuno si illude: continueranno ad arrivare. Forse già nelle prossime ore, appena il mare di Lampedusa si calmerà. [c. m.] parlamentare Giuseppe Scozzari

Persone citate: Antonio Di Pietro, Giuseppe Scozzari, Mohammed Salahg, Scozzari