Il mio sbarco a Marsala nel paradiso dei golosi

Il mio sbarco a Marsala nel paradiso dei golosi Zabajone, cassata e granita in una città sospesa tra la Storia e il mare Il mio sbarco a Marsala nel paradiso dei golosi c MARSALA ONOSCO tipi non propriamente da mare. Le cui vacanze ideali sono fatte di vetro, cemento e acciaio. Gente che adora le metropoli, soprattutto quando si trasformano in megalopoli: il giorno in cui Città del Messico si congiungerà a Los Angeles, trascorreranno là il mese di agosto. Temo di essere uno di loro. Non ho mai preso un traghetto per la Corsica. Ignoro quale sia la stagione giusta per raggiungere Phuket. Non ho idea di dove si trovi Santorini. La mia mèta ideale è Tokyo. Eppure un posto c'è. Un posto di mare, intendo. Che amo. Se ne sta di fronte all'Africa e alle Isole Egadi, sulla punta estrema della Sicilia Occidentale: le spalle coperte dai templi di Segesta e Selinunte, il fianco protetto dalle saline dello Stagnone, specchio d'acqua calda e bassa da cui un giorno, migliaia d'anni fa, dev'essere emersa Mozia. Si chiama Marsala e il suo nome di origine araba - da Mars-Allah, Porto di Dio, o forse Marzakalla, Porto Grande - evoca di solito almeno un paio di ricordi, l'uno legato ai tempi della scuola per via di Garibaldi e dello sbarco dei Mille -, l'altro al sapore dello zabajone - grazie al vino prodotto dalle Cantine Florio e poi da innumerevoli altre, ingrediente indispensabile per la preparazione del giallo ordigno calorico -; a Garibaldi e in quel di Marsala, anni orsono, Bettino Craxi volle far edificare un museo: i lavori prima iniziarono, poi rallentarono, quindi si bloccarono del tutto. Oggi il cantiere langue all'ombra di altissime palme, poco lontano dal porto. A ricordare gli Esuli, come si dice, penserà la Storia. Dal porto salpa ogni tanto il Sandokan, piccolo battello dalla denominazione più televisiva che salgariana; a seconda delle condizioni del mare, collega la Sicilia alle Egadi - l'aspra Marettimo, la dolce Levanzo e la congestionata Favignana -, in svantaggiosa concorrenza con i moderni aliscafi che quotidianamente partono da Trapani. La rivalità tra le due città, l'antica Lilybeo - prima fenicia e poi punica, romana, normanna, saracena, spagnola, borbonica - e l'odierno capoluogo ai piedi del Monte Elice e della sua Rocca iniziò proprio a causa del parziale - ma letale, per quanto riguarda i commerci con le altre genti del Mediterraneo - interramento del porto di Marsala, voluto nel XVI secolo da Don Giovanni d'Austria, preoccupato «pe' li turchi» e desideroso di evitare l'eventuale trasloco di questi ultimi a quelle latitudini. Ancora oggi, basta chiedere a un qualsiasi marsalese che cosa ne pensi di Trapani. La risposta ° una sola: «Si Maisala avissi 'u poitu, Ciapani lussi moitu»; cosa probabilmente vera, ma relegata per sempre nel mondo delle ipotesi. Per andare ai bagni, ad ogni modo, dal porto azzoppato è necessario allontanarsi: se possibile, in motorino, essendo ridotte le auto date le temperature - al ruolo di ambulanti crematori. Un tempo, dopo la guerra, lungo la litoranea in direzione di Mazara del Vallo, le uniche costruzioni a rompere l'incantata monotonia delle spiagge lambite dal mare erano i bunker lasciati dall'Afrika Korps. Ne rimangono alcuni, perlopiù inaccessibili, colmi di alghe e di rifiuti: dalla strada li si vede aspettare in eterno sotto il sole un nemico che non verrà più, minuscoli fortini semicoperti dalla sabbia del loro privato deserto dei Tartari. Intorno ad essi, però, nel frattempo, per chilometri e chilometri di costa, profumatissimi gelsi e altissimi canneti hanno dovuto via via abdicare al proprio regno, invaso da inesorabili schiere di case, rimesse per auto, stradine private. Tutte abusive, naturalmente. Ancora verso la metà dei Settanta, era possibile abbronzarsi o giocare interminabili partite a tamburello nei tre lidi del posto - il Mediterraneo, il Delfino e il Signorino, scambiatisi a turno nel corso degli anni la qualifica di stabilimento balneare più «esclusivo»: appannaggio riservato, da ultimo, al Signorino, dove si va per poter guardare ed essere guardati, scambiando informazioni con i vicini di telo, «a vidisti chidda? Si maritau cu' chiddu, i dopu du' misi già ci ficìa i coina cu' chiddu'ddà», approfittando della copertura sonora fornita dal continuo sottofondo musicale, capace di attirare qua a ritmi da discoteca sia i rampolli della Marsala-bene che i soldati e gli ufficiali della Folgore, almeno fino a quando è durata l'operazione Vespri Siciliani -, e, stesi sulle dune o a caccia della pallina di caucciù tra gli spruzzi dell'acqua, non si vedevano che onde da una parte e vegetazione dall'altra. Oggi sono rimaste le onde: il panorama alle spalle del mare, invece, è ormai costituito da un continuo susseguirsi di villette bianche di tufo, edificate dapprima al di là della litoranea ed in seguito al di qua, a sempre minore distanza dall'elemento liquido, tanto che chi abita in molte di esse non fa più di venti passi sulla sabbia rovente per rinfrescarsi con un tuffo, alla faccia del piano regolatore. Grazie al rigore delle leggi, una casa abusiva, da queste parti, non la si può abbattere dopo che si siano innalzati i muri perimetrali: a quel punto dei lavori, infatti, scatta immediatamente la possibilità di condono. Così, la maggior parte di queste villette è spuntata dal nulla nel gi- ro di una notte, alla luce dei riflettori; e dell'antico paesaggio, come sempre, non resiste che il ricordo. Profumi, colori e sapori, però, non sono cambiati. Mentre, al riparo dal sole e dagli sguardi, nelle villette circostanti e in quelle sparse per la campagna - al mare ad un certo punto non c'era praticamente più posto, e così anni fa è scoppiata la moda della seconda o terza casa adagiata tra vigneti sterminati e fichi d'India giganteschi - gli eredi della borghesia si ritrovano tra scampoli di nobiltà e reggimenti di parvenu intorno ai tavoli delle carte - dove terreni e proprietà cambiano di mano in una specie di ininterrotto Monopoli -, al Lido Delfino, tra un bagno e una partita di calcetto, ci si rinfranca con un bicchiere di latte di mandorle e con un panino cunzato, cioè condito con alcune delle meraviglie dell'Isola che l'uomo ancora non è riuscito ad intaccare: pomodori, olio, sale, basilico, acciughe, pecorino. La semplicità del pane cunzato - che tra l'altro è pane giallo, di farina di grano duro, e cosparso di giuggiulene, o semi di sesamo - raggiunge però il sublime dal signor La Vecchia, che a richiesta dei clienti, nella sua gastronomia a conduzione familiare, in centro, prepara tale squisitezza con l'aggiunta di olive e peperoncino, invitandovi nel contempo ad assaggiare il suo incredibile cous-cous: felice retaggio della dominazione araba, così come in rare altre zone della Sicilia. Ubriachi di luce e trasparenze marine, dalla spiaggia non ci si sposterebbe mai: meglio sfruttare la prima mattina, allora, e godere del malinconico splendore barocco della cattedrale che si affaccia su piazza della Loggia, o concedersi una passeggiata lungo l'affollata - a quell'ora - via XI Maggio, data fatale, coincidente con lo sbarco delle Camicie Rosse nel 1860 ma anche con il bombardamento alleato che nel '43 rase al suolo larghe fette di città. Oltrepassata la recente, funzionale, bellissima biblioteca, si potrebbe raggiungere il cinema Impero, appena fuori Porta Nuova, notevole esempio di architettura del Ventennio, da poco restaurato - alla pari dello straordinario ex convento del Carmine, ora sede di mostre - da un'amministrazione comunale finalmente attenta al patrimonio culturale di una città che, con oltre 100 mila abitanti disseminati su un territorio suddiviso in estesissime contrade, non può permettersi più di un'unica libreria: ma tutto ciò a patto di non dover rinunciare al rito della colazione, una granita con brioche, magari in via Rapisardi, da De Gaetano. La pasticceria De Gaetano a Marsala sta all'arte pasticciera siciliana come «La ronda di notte» alla pittura di Rembrandt: nascosta all'ombra della stradina subito dietro l'apoteosi di sole della piazza principale, emana fragranze capaci di far commettere a chiunque peccato di gola prima ancora di aver portato alla bocca alcunché. Farvi colazione, per un credente osservante e praticante, significa dover recitare subito dopo un intero rosario; salvo che costui non abbia gustato anche una fetta di cassata. Per la cassata di De Gaetano, gira voce tra i capannelli di uomini che si formano ogni mattina al riparo del porticato di fianco alla cattedrale, non esiste assoluzione, alla stessa maniera che per i peccati mortali degni di scomunica. Il soffice pandispagna ripieno di ricotta e imbevuto di vino liquoroso, incorniciato dalla pasta di mandorle e sormontato dalla frutta candita, vale però ampiamente un posto fisso nel girone dei Golosi: dove con ogni probabilità farà pur sempre meno caldo che in Sicilia, d'estate, a Marsala. Giuseppe Cullcchia Un tempo le uniche costruzioni a rompere la lunga monotonia delle spiagge erano i bunker dell'Afrika Korps Del museo a Garibaldi voluto da Craxi oggi resta soltanto un cantiere abbandonato all'ombra delle palme Per andare ai bagni bisogna usare un motorino perché le auto si trasformano in forni crematori La musica assordante copre i pettegolezzi da spiaggia Le ville abusive hanno preso il posto della vegetazione e un condono le ha salvate ma colori, sapori e profumi di Sicilia non sono cambiati A fianco, la cupola della cattedrale di Marsala. A destra, i mosaici romani dell'isola di Mozia. Malgrado l'abusivismo edilizio, la costa ha mantenuto il suo fascino

Persone citate: Afrika, Bettino Craxi, Craxi, De Gaetano, La Vecchia, Rembrandt