La doppia vita di Mister Latitanza di Alessandra Pieracci

La doppia vita di Mister Latitanza Giuseppe Rizzi, conosciuto come Clark Gable, era stato condannato per l'omicidio di un poliziotto La doppia vita di Mister Latitanza In fuga da 22 anni, viveva e lavorava a Genova GENOVA. Era scappato nel '76 da Porto Azzurro, durante uno dei primi permessi ottenuti grazie alla legge Gozzini, e per 22 anni ha vissuto in latitanza, inseguito da una condanna a quasi 30 anni per concorso nell'omicidio di un maresciallo di Ps, freddato dopo una rapina. Lo hanno catturato tra lunedì e martedì in un palazzone del quartiere di San Fruttuoso (zona tristemente nota per aver ospitato il serial killer Donato Bilancia), dove viveva da una decina d'anni con una compagna molto più giovane, lei donna delle pulizie, lui falegname in un mobilificio, ormai senza nemmeno bisogno di documenti falsi. Giuseppe Rizzi da Gioia del Colle, provincia di Bari, 64 anni, detto ai suoi bei tempi «Clark Gable», come riportato persino sulla sua scheda di pregiudicato al Ced di Roma, uno dei latitanti non mafiosi più ricercati d'Italia, proprio per un reato che la giustizia e le forze dell'ordine non possono dimenticare, era lì, sotto gli occhi di tutti, a far la vita di onesto lavoratore e poi pensionato, educato e insospettabile. Unico segno del passato turbolento, fatto anche di estorsioni e truffe, la valigia sempre pronta per la fuga. Eppure Rizzi aveva cercato di richiamare l'attenzione su di sé fin dall'aprile dell'anno scorso, quando aveva abbordato Marco Menduni, un cronista del quotidiano genovese «Secolo XIX», per raccontargli la sua vita di latitante, la sua stanchezza e la voglia di raccontare una versione dei fatti diversa, rivendicando la propria innocenza, sperando nella revisione del processo. Il giornalista, credendo di avere a che fare con un folle, aveva verificato la storia di «Clark Gable» ed era risultata reale. Ma nessun poliziotto si era messo in contatto con il cronista, nessun investigatore aveva reagito alla foto «d'epoca» fornita da Clark Gable e regolarmente pubblicata. Nulla sino a quattro mesi fa, quando alla squadra giudiziaria del commissariato Centro è arrivata una segnalazione confidenziale che il dirigente ha giudicato attendibile tanto da cominciare un'operazione fatta di appostamenti, intercettazioni, pedinamenti, con l'aiuto dei colleghi di Bologna che hanno fornito le informazioni necessarie sul «bandito di Cesenatico». Alla pensione «Sole» di Cesenatico, infatti, il 15 luglio '61 furono individuati dalla polizia Rizzi, che allora abitava a Forlì, Giuseppe Righi e Settimo Severi, sospettati di una rapina a Crespellano, nel Bolognese. All'intimazione della polizia, Righi aprì il fuoco e il maresciallo quarantaquattrenne Eduardo Suriano, padre di due figli, cadde fulminato. Anche Righi fu ucciso, mentre Severi, secondo i poliziotti, per tutto il tempo della sparatoria tenne le mani in alto e se la cavò con una condanna a tre anni. Rizzi afferrò il revolver del complice morto e saltò della finestra, frantumandosi un piede nella caduta. Fu catturato poco dopo. Difeso dall'avvocato Alfredo Biondi, fu assolto con formula dubitativa in primo grado e poi condannato in appello nel '64 a 29 anni per concorso in omicidio. Ne ha passati 15 a Porto Azzurro, deve scontare un cumulo di pene per 11 anni di carcere e due presso una casa di lavoro. «Sono stato condannato ingiustamente - è la versione di Rizzi -. Righi non fece mai fuoco e quando feci ritrovare il revolver, l'arma aveva tutti i colpi ancora inesplosi. So che quel povero maresciallo fu ucciso nella confusione da colpi vaganti, ma non sparati da noi. Mi hanno voluto per forza in galera e sono scappato. Sono stato sempre lontano dalle zone dove potevo essere riconosciuto. Amici mi hanno permesso di lavorare». Alessandra Pieracci Lo scorso anno aveva raccontato a un giornale la sua storia, ma non erano scattate indagini Giuseppe Rizzi, 64 anni, era scappato da Porto Azzurro nel 76