A Cipro, polveriera del Mediterraneo

A Cipro, polveriera del Mediterraneo Nicosia compra missili dai russi, Ankara addestra in Israele i suoi F-16 a distruggere le batterie A Cipro, polveriera del Mediterraneo Turchi e greci si preparano alla guerra IL CONFINE DELL'ODIO LLEFKOSE A sera, guardando dall'alto delle montagne che dominano la fertile e assolata pianura della Mesoaria è facile immaginare la linea di demarcazione che divide la città: da questa parte qualche lampadina che illumina a stento casupole semidiroccate, dall'altra luci, pubblicità al neon e grattacieli scintillanti. Di giorno il confine appare reale, e povero come il paese che gli sta dietro: fatto di bidoni, filo spinato arrugginito, qualche blocco di cemento, sacchi bucati di sabbia e brevi tratti di mura veneziane. Un cartello ricorda che Nicosia (che dalla parte in cui siamo, quella turca, si chiama Lefkose) è l'ultima capitale divisa del mondo. Divisa come tutta l'isola di Cipro, da quando nel 1974 i nazionalisti greco-ciprioti tentarono un colpo per unirsi alla Grecia e i turchi invasero e presero possesso di un terzo del paese, installandovi poi nel 1983 la «repubblica turca di Cipro del Nord» riconosciuta solo dalle autorità di Ankara. (E proprio agli inizi di questo mese d'agosto la Corte europea dei diritti dell'uomo, quella di Strasburgo, ha condannato la Turchia a pagare un indennizzo di un miliardo di lire ad una profuga greco-cipriota cacciata dal Nord dell'isola dall'invasione del 1974: certo ora seguiranno le pretese di decine di migliaia di altri profughi che si trovano nelle stesse condizioni). Fra le due parti dell'isola, quella greca e quella turca, ci sono stati in tutti questi anni stranamente solo incidenti di poco conto. Sono due comunità profondamente diverse che nutrono se non un odio, una profonda sfiducia reciproca. Pochissimi sono i greco-ciprioti che parlano turco, meno rari i turco-ciprioti che parlano greco, soprattutto fra i più anziani che lavoravano per i greci prima del 1974. Per un quarto di secolo si è cercato di mediare fra le due parti con varie formule di co-governo o di governo federale, respinte a turno o dai ciprioti greci o da quelli turchi. I turchi si sono irrigiditi da quando la Commissione europea ha inserito Cipro (cioè la sua parte greca) fra i paesi candidati all'adesione escludendone allo stesso tempo, e bruscamente, la Turchia. Secondo il loro leader Rauf Denktash, i turchi ciprioti parteciperanno ai negoziati di adesione solo se la loro «entità» separata verrà riconosciuta, mentre i greco-ciprioti si dicono disposti ad accettarli nella delegazione che dovrebbe trattare con Bruxelles solo a titolo personale come sindacalisti, industriali o anche politici ma mai come rappresentanti di un altro Stato. L'adesione all'Unione Europea rimane il più forte catalizzatore per la riunificazione di Cipro: contribuirebbe anche a ridurre il divario nel livello di vita fra le due parti che è in rapporto di 1 a 4 a sfavore dei turchi (3000 dollari all'anno contro 12.000). Certo, per arrivare a qualche progresso su questa strada, è in¬ dispensabile che anche la Turchia possa aderire. Per ora attorno a questa frontiera che stiamo osservando da vicino la tensione sta salendo e aumentano i rischi di uno scontro armato che trascinerebbe gli Stati di riferimento delle due parti, Grecia e Turchia, in mia ostilità aperta, creando gravi problemi all'interno della Nato di cui ambedue i paesi sono membri. Già due volte in questo decennio i due paesi sono stati sull'orlo della guerra, l'ultima due anni fa per una controversia su alcuni insignificanti isolotti del Mar Egeo. La Grecia accusa la Turchia di aggressione a Cipro dimenticando che è stata proprio lei ad attaccare tre volte la Turchia negli ultimi cent'anni (1897, 1912, 1919) ed è stata anche causa delle due crisi di Cipro (1963 e 1974). All'origine di questa «escalation» la decisione della Repubblica di Cipro (greca) di acquistare dalla Russia missili terra-aria S300 Sam. I turchi hanno reagito come l'amministrazione Kennedy quando Krusciov voleva installare i suoi missili a Cuba: provateci, hanno detto ai grecociprioti, e noi li distruggeremo. E per apparire più credibili hanno inviato sei caccia F-16 nella base israeliana di Shedma per addestrarli a colpire batterie di missili simili ai Sam. La Russia spinge per la vendita per incassare sia i 200 milioni di dollari del contrat- to sia il successo politico di inasprire il conflitto tra Grecia e Turchia e indebolire il fianco Sud della Nato, vendicandosi così anche dell'allargamento dell'Alleanza Atlantica che continua a mal digerire. Su pressione degli Stati Uniti, del cui appoggio ha bisogno per ottenere i prestiti del Fondo Monetario Internazionale, Mosca ha fatto ora sapere che ritarderà la consegna dei missili fino alla fine dell'anno, nell'attesa di una mediazione fra le due parti che appare difficile se non impossibile: i greco-ciprioti sostengono che i Sam sono necessari per ristabilire l'equilibrio militare fra le due parti dell'isola, i turchi non hanno intenzione di ritirare nemmeno parte dei 30 mila soldati che stazionano nell'isola da quando è divisa. Anche perché, in previsione di elezioni nella prossima primavera, nessun politico turco potrebbe permettersi di apparire arrendevole su un problema così sentito e spi¬ noso come quello di Cipro. La prospettiva di uno scontro tra Atene ed Ankara preoccupa gli Stati Uniti che attraverso mediatori di prestigio come Richard Holbrooke (l'esperto degli accordi sulla Bosnia) e Thomas Miller hanno cercato di far recedere i greco-ciprioti dall'acquisto dei missili, spiegando loro i rischi di una reazione turca. Finora i loro ripetuti viaggi su e giù attraverso questa frontiera per parlare prima con Denktash e poi con il lea¬ der greco-cipriota Clerides (ma mai con tutti e due insieme) non hanno avuto successo. E allora qui nella parte turca dell'isola, che diventa sempre più povera rispetto all'altra, si attende e si spera in una soluzione rapida. Ma non a costo del ritiro dei 30 mila soldati turchi come vorrebbero i greco-ciprioti dai quali i turco-ciprioti temono di essere soggiogati politicamente ed economicamente, essendo loro più ricchi e numerosi. Il turismo ha qui molte maggiori potenzialità che dall'altra parte perché questa è più bella e archeologicamente più ricca, ma si sviluppa lentamente: qui possono atterrare solo aerei turchi e i turisti per arrivarci devono volare via Istanbul perdendo tempo e denaro. La Turchia mantiene questa sua «dependance» cipriota al ritmo di 120 milioni di dollari all'anno e con i soldi manda anche contadini e altra povera gente per «turchizzare» il territorio. Ma i nuovi arrivati, che fra pochi anni saranno già maggioranza, stentano a integrarsi con i residenti: anche le lingue sono diverse perché i ciprioti parlano un turco ottomano antico che da tempo non è più usato sulla terraferma. Sul confine di Nicosia si respira così tutta la tensione dell'isola. Avvicinandosi alla zona cuscinetto, una striscia di terra di nessuno larga poche centinaia di metri, non si può evitare di scorgere, perché è l'unica costruzione elevata, l'ex hotel Ledra, che fu uno dei migliori del Mediterraneo: ora ospita il quartier generale dei 1300 caschi blu dell'Onu che hanno il compito, finora non difficile, di «mantenere la pace» fra le due popolazioni. Poco prima del Ledra c'è una bacheca con delle foto che mostrano le atrocità perpetrate dai greco-ciprioti sui turchi dal 1963 al 1974. Pare che dall'altra parte (e non possiamo controllare di persona perché la frontiera è chiusa in direzione turco-greca mentre è aperta da là in qua per visite di poche ore) ce ne sia una analoga con le foto di tre greco-ciprioti insanguinati e trucidati tre anni fa durante una trasferta nella parte turca. Sono questi i messaggi che si scambiano le parti coinvolte in una delle crisi più pericolose e sottovalutate del momento attuale. Messaggi che inducono a prevedere che, senza un intervento determinante, l'isola di Cipro rimarrà divisa e pericolosamente irrequieta ancora per molto tempo. Jas Gawronski L'adesione alla Comunità Europea resta il più forte catalizzatore per la riunifìcazione ma il dialogo tra i due gruppi è ancora lontano Capo Kormakitis Capo Arnaoutis Capo Apostolo Andrea l l Controllato dai greci L_J Controllato dai turchi Un soldato di Ankara a Lefkose sorveglia i festeggiamenti per l'anniversario dell'invasione turca nel '74 nel luglio scorso

Persone citate: Apostolo Andrea, Clerides, Denktash, Jas Gawronski, Kennedy, Krusciov, Rauf Denktash, Richard Holbrooke, Thomas Miller, Turchi