I cattolici: sì alle unioni di fatto di R. Int.
I cattolici: sì alle unioni di fatto Sondaggio di «Famiglia cristiana»: lo Stato riconosca lo stesso trattamento riservato agli sposati I cattolici: sì alle unioni di fatto Don Zega: forse hanno le idee un po' confuse ROMA. I registri delle trnioni civili istituiti in alcuni Comuni non scandalizzano gli italiani che vanno in Chiesa. Anzi. Oltre il 50 per cento dei cattolici praticanti è a favore delle «unioni di fatto». 0 meglio, ritiene che esse devono godere degli stessi diritti delle famiglie che si sono costituite secondo la legge. Una quota che sale ulteriormente se si aggiungono anche i cattolici non praticanti. E' quanto emerge da un sondaggio condotto dalla Swg di Trieste per conto di «Famiglia cristiana» su un campione nazionale di 800 persone di età superiore ai 18 anni. I risultati sono pubblicati sul numero della rivista dei Paolini distribuita nelle chiese domenica prossima; la quale, tuttavia, prende le distanze dagli orientamenti espressi dalle cifre con un editoriale dal titolo «La grande confusione», nel quale si esprime preoccupazione, sull'opinione della maggioranza degli italiani sulle famiglie di fatto. L'argomento è stato fonte di polemiche tra i partiti di ispirazione cattolica dopo le iniziative di alcuni Comuni, condannate dalla Chiesa. La stragrande maggioranza del campione intervistato, il 72,2 per cento, ritiene che le unioni di fatto debbano avere lo stesso trattamento delle famiglie, mentre il 21,2 per cento è nettamente contrario e il 6,6 per cento incerto. Un eventuale riconoscimento delle unioni di fatto dovrebbe avvenire per il 76,8 per cento da parte dello Stato. Dalla stessa domanda, risulta anche che il 70,9 per cento sarebbe favorevole a un via libera dei soli Comuni, mentre il 40,9 per cento ritiene che la stessa Chiesa non dovrebbe opporsi, ma anzi offrire il suo riconoscimento. Ma quello delle unioni civili è un problema importante? E' «molto importante» per il 35 per cento del campione e «abbastanza importante» per il 5,4 per cento, mentre è «poco importante» per il 31,6 per cento e «per niente importante» per il 15,5 per cento. Il sondaggio di «Famiglia cristiana» entra nel merito anche della definizione che gli italiani danno di ((famiglia». L'86,6 per cento non ha dubbi: «Un uomo e una donna che vivono insieme dopo essersi sposati in chiesa» (il 74,3 per cento ritiene altrettanto corretta quella dell'uomo e della donna sposati in Comune). I risultati della ricerca demoscopica mostrano, comunque, che sull'argomento, che in queste settimane è all'ordine del giorno dello scontro politico, gli italiani non hanno ancora del tutto le idee chiare. Lo dimostrano alcuni dati. La definizione di «unione di fatto» può essere applicata per l'81,3 per cento solo all'uomo e alla donna che vivono insieme dopo essersi sposati in chiesa e il 74,8 per cento trova ugualmente giusta quella relativa all'uomo e alla donna dopo le nozze in Comune. Per il 24,1 per cento le unioni civili sono quelle relative a due donne che vivono insieme e per il 23,7 per cento a due uomini che vivono insieme. Commenta don Leonardo Zega, già direttore di «Famiglia cristiana»; ((Pur con tutti i suoi limiti, il sondaggio conferma che esiste oggi, anche fra i cattolici praticanti e ancor più tra i tiepidi, una notevole confusione sul senso del matrimonio e della famiglia e sul loro ruolo sociale. Forse è tempo di riscoprire la forza evangelica della testimonianza e la funzione di lievito e fermento della massa, assegnata da Cristo ai suoi seguaci, per essere più credibili e convincenti dei pubblici poteri, di politici e amministratori, giudicati condiscendenti verso gruppi ben noti per la loro aggressività, ma scarsamente rappresentativi del sentire comune». [r. int.]
Persone citate: Leonardo Zega, Paolini, Zega
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