Wall Street tenta di scacciare l'«orso» di Franco Pantarelli
Wall Street tenta di scacciare l'«orso» Giornata di continui alti e bassi, con perdite da 100 punti e guadagni da 50. Finale a più 59 (+0,70%) Wall Street tenta di scacciare l'«orso» Con un colpo di reni il DowJones chiude in attivo NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Sembravano gente rifugiatasi sotto un ponte per sfuggire all'uragano, ieri mattina, gli operatori di Wall Street. Erano più o meno in salvo ma erano tutti bagnati e non sapevano bene che fare, visto che il tempaccio, là fuori, continuava. Oltre alla «caduta libera» dell'altro ieri, 300 punti perduti nell'indice Dow Jones, c'era stata la «nottata asiatica» in cui il loro comportamento da «orsi» era stato freneticamente seguito dai loro colleghi di Tokyo, di Singapore, di Hong Kong, trasformando la cosa in un fenomeno che minacciava di assumere proporzioni colossali. La loro giornata cominciava così nella nervosa incertezza fra l'orso e il toro, e non è che sia stata di grande aiuto l'improvvisa apparizione proprio sulle loro teste, sulla balconata che circonda il «pozzo», di un leone. Che diavolo vuol dire? Si chiedevano in molti. Poi, i più informati fra loro hanno spiegato che proprio ieri la «share» americana della Anglogold Limited, la maggiore produttrice di oro del mondo, aveva fatto il suo ingresso nel listino dello Stock Market e il suo presidente Richard Grasso aveva deciso di festeggiare l'avvenimento esponendo sulla balconata il «ìogo» della compagnia, appunto un leone. Chiarito il punto, restava, l'incertezza sul che fare. A una prima, timida, botta di acquisti, che faceva salire il Dow Jones di 26 punti, seguiva una quasi impaurita corsa alle vendite, per cui il suddetto indice scendeva a meno 75. Poi di nuovo qualche acquisto, fino a più 21, e poi un anda- mento, se non proprio spedito perlomeno regolare, verso il rialzo. A mezzogiorno, il Dow Jones indicava 40 punti di recupero rispetto all'altro ieri. Nel pomeriggio, nuova puntata a -124, finché un successivo e definitivo rimbalzo faceva chiudere a +59,47. «A un certo punto si sono accorti che nonostante tutto ci sono pur sempre molti buoni investimenti da fare e hanno deciso di mettere al lavoro il loro denaro», diceva Sung Won Sohn che nonostante il nome è americanissima ed è responsabile delle scelte strategiche della Norwest Corporation, finanzaria con base nel Minnesota. Ma a quanto pare a convincere tutti sono state le pubbliche dichiarazioni (e l'esempio) di gente come Ed Kerschner della PaineWebber e Abby Cohen della Goldman Sachs, due dei maggiori «guru» di Wall Street, che hanno cominciato a comprare. «Intendiamo essere tori aggressivi - diceva Kerschner in un comunicato diffuso dal suo ufficio (una cosa abbastanza insolita) - e siamo sicuri che gli investitori che comprano oggi, fra sei o 12 mesi saranno contenti di averlo fatto». Gli analisti erano comunque divisi fra chi considerava la caduta dell'altro ieri la normale e prevedibile «correzione» che sempre segue i momenti di gran- de euforia (tre-settimane fa Wall Street ha toccato il suo massimo storico, arrivando a quasi 9000 punti nel Dow Jones) e chi teme che ci si trovi nel bel mezzo di qualcosa di molto più pericoloso. Gli uni dicono che in fondo, anche se quei 300 punti fanno impressione, in termini percentuali la caduta dell'altro ieri non è certo stata fra le peggiori: il 3,4 di fronte, per dire, al 7,18 per cento nel «martedì nero» dell'ottobre scorso. Gli altri sostengono che quello che succede va collegato a tutto il resto, intendendo con questo i segni di rallentamento che vengono un po' da tutti i settori: l'occupazione, la produzione e soprattutto le vendite. Quando usciranno i dati sull'andamento delle imprese nel primo semestre di quest'anno, dicono costoro, non ci sarà proprio da stare allegri. I profitti risulteranno sicuramente inferiori e almeno 500 aziende, quelle che finora hanno fatto ottimi affari in Asia, dove hanno i loro principali acquirenti, denunceranno una perdita per «mancate vendite», seguita probabilmente da blocchi di produzione e licenziamenti. E' l'ingresso trionfale dei guai asiatici nell'economia americana? Andiamoci piano, dice Bob Dickey, analista principe e molto ascoltato della Dain Rauscher. Lo Stock Market può anche scendere ancora e non è da escludere che l'indice Dow Jones finisca per avvicinarsi ancora di più agli 8000 punti (ieri era a 8533), che poi sarebbe la quota salutata con applausi e squilli di tromba quando, l'anno scorso, fu raggiunta. Ma «l'economia è ancora in ottima salute, i tassi sono sempre bassi e non c'è ragione di allarmarsi. Semmai il cambiamento è psicologico: quello che si avvicina sembra più il tempo degli investitori seri e oculati che il tempo degli speculatori usa e getta. Il tradizionale "compra quando il prezzo è basso, vendi quando è alto", con l'economia globale andrà forse rivisto». Franco Pantarelli Le nubi sugli utili delle grandi aziende e l'effetto Asia scuotono New York
Persone citate: Abby Cohen, Bob Dickey, Dain, Kerschner, Richard Grasso, Sung Won Sohn
Luoghi citati: Asia, Hong Kong, Minnesota, New York, Singapore, Tokyo
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