Il terrore via posta punta a Montecitorio

Il terrore via posta punta a Montecitorio Scoperto in un ufficio postale di Roma. I Lupi grigi: «Siamo stati noi». Investigatori scettici sulla rivendicazione Il terrore via posta punta a Montecitorio Disinnescato un pacco-bomba per l'onorevole Pisapia ROMA. La quarta bomba postale portava in bell'evidenza un indirizzo eccellente: onorevole Giuliano Pisapia, Camera dei deputati. Come tale è finita in un ufficio di smistamento speciale dove vengono passati ai raggi X tutti i plichi. Lì il pacchetto carico di esplosivo, naturalmente, è stato subito individuato. Consegnato agli artificieri, è stato disinnescato con cura, facendo in modo che i componenti restassero intatti e ora il tutto è nelle mani della polizia scientifica. Dopo le tre bombe postali di Torino, questa è la prima tutta romana. Ma ancora una volta viene colpito un uomo del dialogo. Pisapia, infatti, assieme al consigliere regionale Pasquale Cavaliere, più un altro deputato dei Verdi, Paolo Cento, era andato in carcere a incontrare lo squatter Silvano Pelissero. La matrice di questo ennesimo libro-bomba sembra ricollegabile alle altre tre. Gli investigatori guardano all'ala dura del movimento squatter, probabilmente incardinata in alcuni centri sociali romani. Una pista battuta sia dalle Digos che dai Ros. Persino la relazione semestrale di Palazzo Chigi sull'attività dei servizi segreti, resa pubblica proprio ieri, annuncia che i «segnali di maggior pericolo provengono dal settore anarco-insurrezionalista, in cui si vanno rafforzando propositi di ritorsione in connessione con i più recenti sviluppi giudiziari». Ci sono alcune differenze nelle caratteristiche tecniche, però, tra questa bomba di oggi e le altre, che verranno analizzate con cura dagli investigatori, il pubblico ministero romano Giovanni Salvi in testa. La bomba postale indirizzata a Pisapia, infatti, non è stata impostata a Fiumicino come le altre tre, bensì in una cassetta qual- siasi di Roma città. Il timbro porta la data del 31 luglio, le altre, invece, erano del 27 luglio. Al suo interno, secondo prime indiscrezioni, ci sarebbe esplosivo al plastico e non polvere nera. Infine mancano i bulloni che rendevano le altre tre tanto pericolose. Comune, invece, è la presenza di libretti tascabili con il dorso rivolto verso l'apertura a nascondere i collegamenti elettrici. Comune è il tipo di innesco. Comune è anche il tipo di busta, color paglierino, con bolle di plastica di protezione. Questa volta è arrivata anche una rivendicazione a nome dei «Lupi grigi» di Torino, nel pomeriggio, che la questura valuta con grande scetticismo. «Eravamo stati allertati dopo gli episodi di Torino», ha spiegato l'agente che ha scoperto l'ordigno, Giuseppe Spinella. Ieri mattina sul presto ha passato come da routine i pacchi postali sotto la macchina a raggi X. Ha notato che qualcosa non andava. Ha fermato la macchina, passando le buste una a una. E ha trovato quella pericolosa. Qualche ora dopo correvano tutti, magistrati e investigatori, al centro postale di via Marsala. E lì l'ordigno è stato disinnescato. Da quel momento è cominciato un diluvio di dichiarazioni. C'è chi - Bertinotti o Cossutta - esprimono solidarietà a Pisapia. Chi - i verdi Luigi Manconi, Paolo Cento e Athos De Luca - invitano ad andare avanti sulla strada del dialogo. Chi - Raffaele Costa o Maurizio Gasparri - protesta perché il fenomeno degli squatter sarebbe stato sottovalutato e i centri sociali ancora non sono stati chiusi. Anche Ombretta Fumagalli Carulli, capogruppo dei senatori della Lista Dini, chiede mano ferma. «Non credo che la tristissima vicenda sia riconducibile a responsabilità di piccoli gruppetti terroristici. Sono certa che il problema squatter non si possa risolvere solo con il dialogo». Ma Giovanni Bianchi, Ppi, dubbioso su «chi sia dietro questa recrudescenza di attentati politici», avverte la sensazione «del possibile infiltrarsi di elementi di provocazione e manipolazione». E secondo Nando Dalla Chiesa «la vicenda puzza lontano un miglio». Urlano alla provocazione anche due centri sociali di Torino, «Murazzi» e «Askatasuna». [fra. gri.] Allarme dei servizi segreti su settori anarchici e insurrezionalisti

Luoghi citati: Roma, Torino