Lei signora delle biblioteche di Luigi FirpoLuisella Re
Lei signora delle biblioteche Una vita tra libri e manoscritti, amica di Luigi Firpo e Luigi Einaudi Lei signora delle biblioteche Ada Peyrot, 80 anni, è ancora al lavoro Ieri la «signora delle biblioteche» Ada Peyrot - ex titolare della librerìa antiquaria di piazza Savoia e saggista storica di casa nei massimi archivi piemontesi, compreso quello di Vittorio Emanuele - ha compiuto ottant'anni. Con gioia per l'invito della nipote, apprezzatissimo «dato che anch'io sono un'ottima cuoca». E con qualche amarezza perché alla Civica, dove è impegnata a codificare i manoscritti, «dai libri più rari, passati tra troppe mani, mancano sovente incisioni preziose». Uno dei suoi pochi rimpianti. E 10 dimostra l'energia con cui Ada Peyrot si aggira nella pace ombrosa della sua casa nascosta in un cortile della vecchia Torino, che trabocca di piante e di libri. Sulla scrivania, le sue opere più recenti: 11 testo su Carlo Bossoli edito per il Museo del Risorgimento, il volume sulla collezione di Eugenio di Savoia, «La Sindone nei secoli nella collezione di Umberto II». Spiega concisa: «Mi sono occupata delle schede, rifiutando di entrare nel Comitato scientifico promotore. Preterisco rispondere di persona, errori compresi». E se gli errori li fanno gli altri, peggio per loro: «Mi hanno coinvolta contro lo sfratto del Circolo degli Artisti da Palazzo Graneri. Scriverò subito qualcosa a chi di dovere». Scrivere qualcosa: una passione ed un'abitudine che Ada Peyrot abbina alla capacità di inserire i ricordi di gioventù nella storia più aulica del Piemonte. «Mio padre Carlo, valdese di Torre Pellice, era titolare del laboratorio chimico Po e inventò l'Euchessina. La mia bisnonna Carolina fu l'ultima erede di Enrico Arnaud, che riportò i valdesi nella loro terra nel 1689, mentre mia madre, Enrichetta Bertelli, apparteneva ad una famiglia cattolica. Suo nonno era sarto di casa reale, suo padre girò mezzo mondo come direttore artistico di una manifattura di velluti». Ada nasce il 4 agosto nel 1918 a Ghedi, dove il padre era stato trasferito nella prima guerra mondiale come comandante del Genio ferrovieri e «i soldati gli scrissero una bella lettera augurale che conservo». La prima pietra di una montagna di carte d'archivio. «Crebbi tra i libri, sognando di diventare bibliotecaria. Dopo la laurea in lettere con Francesco Pastonchi, mi impiegai da Bourlot dove rimasi per dieci anni». In negozio capitavano Luigi Einaudi, Benedetto Croce prima della consueta vacanza a Pollone, Giovanni Spadolini. Oppure collezionisti come l'avvocato Lanzone ed esperti del calibro di Silvio Simeon, che rintracciò tra l'altro una copia rarissima della storia di Torino del Pailetti del 1675, conservata ora all'Archivio Storico. Spiega Ada, che ne ha riprodotto una copia anastatica con Rosanna Roccia per l'editrice Teca: «Gli altri tre esemplari sono conservati a Padova, alla Marciana e alla nostra Biblioteca Reale. Quest'ultima è un'edizione precensura comperata da Carlo Alberto a Firenze nel 1842, e ho rintracciato la fattura dell'acquisto». Nel '54 l'apertura autonoma della libreria antiquaria in piazza Sa¬ voia, conservata sino al '79 e gestita attualmente da Pier Luca Monge. Sono gli anni della grande amicizia con Luigi Firpo, per cui Ada traduce i Canti di Natale di Dickens, «leggendo per consuetudine la prima bozza dei testi antichi scelti da Firpo e ripubblicati dal Comune come strenna annuale della Città, su decisione del sindaco Novelli». Tanti e lieti i flash di quegli anni d'oro: da Franco Aotonicelli che si emoziona di fronte ad una copia dei «Promessi Sposi» con dedica autografa del Manzoni a Luigi Einaudi, immerso con un grembiulone da cameriera «per non sporcarsi e tener calma la moglie Ida» tra gli 8 mila volumi della biblioteca di Achille Loria, nascosti ai fascisti a Luserna e fortunosamente ritrovati da Ada. Un buon compleanno, allora? «Continuo a fare ciò che amo e mi sento a posto con me stessa, come tanti coetanei con cui ho condiviso una Torino che oggi purtroppo non riconosco più. Chissà, forse eravamo un po' cretini. Ma abbiamo sempre vissuto bene così». Luisella Re
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