Prodi frena Marini: non apro a Cossiga

Prodi frena Marini: non apro a Cossiga Dopo la proposta del leader Ppi, l'Ulivo fa quadrato intorno al premier. Ma sarà un autunno caldo Prodi frena Marini: non apro a Cossiga Bertinotti non si accontenta: ora serve una svolta ROMA. Franco Marini dice che i voti di Cossiga in autunno potrebbero sostituire quelli di Rifondazione, Romano Prodi si affretta a far diffondere una nota per chiarire per lui esiste una sola maggioranza - quella con i comunisti - ma ai due risponde seccamente Fausto Bertinotti: «Quella di Prodi sarebbe stata una bella risposta un anno fa. Oggi il problema è quello di una svolta: c'è una disoccupazione drammatica che si è accresciuta». E quanto a Marini, Fausto Bertinotti lo paragona a Giulio Andreotti: «La proposta di Marini? Sembra riecheggiare la politica dei due forni di Andreotti, per cui può prendere da una parte e dall'altra...». Lungo il «triangolo» ProdiMarini-Bertinotti si è consumata nelle ultime 48 ore la prima tempesta agostana di questa estate 1998. E alla luce di questa inattesa querelle, diventa sempre più chiaro che la lunga verifica di luglio - con finale voto di fiducia - è stata sostanzialmente inutile e che a settembre si consumerà una ripresa conflittuale. Un certo nervosismo lo testimonia anche la salita del Premier Romano Prodi al Quirinale. Che la temperatura si sarebbe riscaldata, lo si era capito 48 ore fa, quando un politico prudentissimo come Franco Marini, un leader che misura le parole come pochi, ha scelto il Tgl per lanciare un messaggio molto forte: «Se per la prossima Finanziaria dovessero venire meno dei voti, mentre ce ne fossero degli altri, io sarei per approvare la Finanziaria». Come dire: se sulla «madre di tutte le leggi», Rifondazione si tirerà indietro, perché rifiutare i voti dell'.Udr di .Francesco Cossiga e di Clemente Mastella? Una proposta buttata con apparente nonchalance, come se nulla fosse, come se davvero fosse realistico pensare ad una sostituzione in «corsa» di un alleato con un altro. Una proposta, quella di Marini, inevitabilmente destinata a suscitare un incendio polemico anche in una Roma politica semideserta. Il primo a rendersene conto è stato il presidente del Consiglio. Due sere fa Prodi ha ricevuto Marini a Palazzo Chigi, poi ieri mattina una volta constatato l'effetto della sortita, si è dovuto mettere in moto. Di buona mattina, Romano Prodi e il portavoce Ricardo Franco Levi hanno preparato un comunicato, segnato da un unico messaggio: «Questo programma e questa maggioranza sono e rimangono i punti di riferimento del governo». Come dire: se Rifondazione, toglie il suo appoggio, cade anche il governo. E infatti per togliere ogni dubbio, Palazzo Chigi cercava di essere esplicito, sia pure nella gergalità del comunicato: «Alla luce del dibattito svoltosi nelle ultime ore riguardo alla possibilità di approvare la prossima legge Finanziaria con una maggioranza diversa da quella che attualmente sostiene il governo, il presidente del Consiglio ha ricordato che, prima con il Dpef e poi in occasione del recente dibattito sulla fiducia, l'esecutivo ha definito un proprio programma e su questo ha verificato l'esistenza di una propria maggioranza». Sarebbe bastato il comuni¬ cato di Prodi a placare Fausto Bertinotti? La risposta arrivava ancora dal Tgl, con il doppio attacco a Romano Prodi e a Franco Marini. Ma l'aspetto più curioso della vicenda è che l'oggetto vero della contesa - la prossima legge Finanziaria - per il momento non divide nessuno. Bertinotti non ne fa menzione e infatti il vice-presidente del Consiglio Valter Veltroni si affretta a ricordarne le dimensioni ridotte: «Sarà tutt'altro che una mazzata e dunque non ci saranno motivi per dividersi». [f. mar.] ■• ^-;:;v >V.V.--: . '•• .-*..;•.'•.. ..... Il segretario del Partito popolare Franco Marini

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