Italia xenofoba con gli italiani Grida da una scuola stravolta

Italia xenofoba con gli italiani Grida da una scuola stravolta lettere AL GIORNALE Italia xenofoba con gli italiani Grida da una scuola stravolta Il voto negato ai nostri lavoratori all'estero Stiamo assistendo, in questi giorni, a qualcosa di paradossale: l'Italia si dimostra diffidente e xenofoba verso gli italiani che lavorano all'estero (ai quali con tenace durezza nega il diritto di voto) e invece sbracatamele accogliente verso gli immigrati dei più remoti Paesi del Terzo Mondo (e già si parla di concedere loro il voto amministrativo). Come può avvenire tutto ciò? Il discorso è ampio e coinvolge l'atteggiamento generale verso gli immigrati che già vivono in Italia, ma anche verso fenomeni come gli squatters. Alla radice dell'atteggiamento di estrema tolleranza verso tali fenomeni c'è la saldatura tra il solidarismo sociologico del clero progressista e la storica simpatia delle sinistre per ogni fenomeno di diversità, ribellione, trasgressione. Ne scaturisce quel «buonismo» a senso unico, pronto sempre a tutto comprendere, giustificare, tollerare di ciò che proviene da una certa parte. Preti e smistre non riescono a frenare la loro istintiva simpatia per le anormalità e le marginalità, tollerate a anche nei casi più negativi e criminali. La «normalità» è quanto meno ignorata, più spesso sopportata. La gente comune, che ha famiglia regolare, lavoro, casa (magari acquistata con grandi sacrifici), che paga le tasse, che fatica silenziosamente e cerca di fare il suo dovere, è giudicata conservatrice, borghese, egoista, immobilista. Se cerca di difendersi (quando non è difesa!) diventa «fascista» e «razzista». C'è chi dice: meglio il buonismo che le ronde. Ma una parte degli italiani dice: meglio le ronde che città invivibili, insicurezza, droga, criminalità, prostituzione. Mi sembra che a fronte della trita retorica del dialogo (tanto cara ai buonisti) la gente chieda il «metodo Giuliani», ovvero «tolleranza zero», grazie al quale in breve tempo New York è tornata a essere una città normale, sicura e vivibile. Franco Donalisio Torino Un'idea per evitare i calci di rigore In seguito alle innumerevoli polemiche calcistiche lette su tutti i quotidiani sportivi e non, in merito all'inadeguatezza della soluzione dei calci di rigore per porre fine alle partite troppo equilibrate, mi permetto di proporre a coloro che gestiscono questo spettacolo mia mia personale soluzione. Pur premettendo che le mie conoscenze calcistiche sono volutamente limitate, penso che si possano evitare i calci di rigore adottando mia soluzione nuova: si iniziano i tempi supplementari regolarmente e a intervalli regolari (ad esempio ogni 5 minuti) si toglie un giocatore per squadra, fino al limite di arrivare ad mi giocatore per squadra. A quel punto tutti gli schemi e i tatticismi dovranno per forza saltare e un gol, segnato dagli elementi migliori di una delle due squadre, dovrà per forza arrivare. Andrea Bucci bucci@polito.it Cattivi professori e scelte demagogiche Sono sconcertato e perplesso per quanto ha scritto la studentessa Lidia di Roma (24 luglio). La signorina fa presente che, a parte le persecuzioni subite nel corso dell'anno scolastico, il prof, di matematica la denigrò e giustificò con il commissario di maturità le insufficienze precedenti, attribuendole a storie presunte di facili amori, che non avrebbero dovuto assolutamente condizionare l'obiettività di giudizio dell'insegnante di classe, come non hanno condizionato quella della commissione esaminatrice. Ma la signorina non si deve meravigliare più di tanto, anche se lascia schifata e senza rimpianti la scuola. La nostra scuola, signorina, è specchio fedele dei tempi che viviamo; su essa, periodicamente, come in corpore vili, si esercitarono i vari ministri di ogni ordine di idee, a fare vivisezioni, per riformarla, dicono loro, e adeguarla ai tempi in continuo divenire. Ma, ahimè, ogni operazione è sempre risultata demagogica, e la scuola ne è uscita stravolta. Un famoso poeta latino moderno, il prof. Giuseppe Morabito, recentemente scomparso nonagenario, di grande sensibilità umanistica, in un suo lavoro, Difendo la Scuola Classica, scongiurava l'allora ministro della Pubblica Istruzio¬ ne a non operare a danno del Liceo Classico riforme, che avrebbero alterato i caratteri di una scuola che aveva tanto contribuito a sviluppare «le più promettenti e sveglie intelligenze». Per effetto, poi, di leggi e leggine politiche vi è stato un grande rivoluzionamento nel corpo insegnante; in questo marasma si succedet- tero sulle cattedre, senza regolari concorsi, insegnanti del valore di quelli indicati dalla signorina nella sua lettera. Dui io mi domando: come gli insegnanti possono avere una guida sicura nella loro attività scolastica, se nei vari Istituti si vedono presidi, forniti di cultura generale, e non qualificati per il tipo di scuola cui presiedono, senza co¬ noscere un'acca, dico un'acca di latino e greco o della letteratura italiana? Anch'io, signorina, ho conosciuto insegnanti di scarsa preparazione nel mio girovagare per le scuole del Nord e del Sud Italia. Insegnanti che ignoravano la letteratura italiana e latina, specie la lingua latina, i quali, in virtù di leggi e leggine, occupavano, horresco referens, la cattedra di italiano e latino nei licei classici: la più difficile! Le conseguenze erano disastrose. Tanto hanno voluto i politici, deformando il liceo classico, perché scuola di élites! Di intelligenze, però, che si sono segnalate feconde in ogni campo, poiché avevano trovato l'habitat naturale per lo sviluppo delle loro capacità. E questo, signorina, lo dico con buona pace del ministro attuale della Pubblica Istruzione, che generosamente si è accinto a riformare la scuola. Speriamo che non stravolga ulteriormente un sistema di istruzione che è stato sempre efficace nel realizzare il fine propostosi: dalle aule dei licei classici, infatti, sono usciti sempre giovani preparati e maturi, che hanno tanto contribuito a promuovere il progresso civile e a dare lustro alla nostra terra. Rosario Pancallo, Locri (Re) Il teologo non offenda la memoria di Diana Ho appena terminato di leggere il breve articolo che ci illustra il giudizio, terribile ed apparentemente inappellabile, del teologo Philip Nobile - di laurea «pontificia» - sulla defunta Principessa Diana di Inghilterra. Premetto che non credo neppur io nella patente popolare di «santità» attribuita alla giovane Diana; ma (e tantomeno da cattolica praticante, da sempre innamorata della figura e degli insegnamenti del Cristo) non posso impedirmi di provare un sentimento di repulsione spirituale verso tutti gli integralisti cristiani che si esprimono come il suddetto teologo. Costui trancia giudizi che io ritengo blasfemi, in quanto si arroga un diritto che spetta soltanto a Dio; inoltre appartiene alla schiera di quei fanatici che tutto sono fuorché cristiani, e che tanto hanno fatto e fanno per allontanare la gente dalla Chiesa e dal messaggio liberante e compassionevole di Gesù. Sono indignata, e pertanto mi rivolgo alle alte gerarchie ecclesiastiche - sempre così sollecite a rivendicare il loro diritto ad intervenire nelle questioni di moralità pubblica per sapere quali sanzioni intendono adottare nei confronti di questa persona (accademico, per di più). Noi, piccola «chiesa» militante in vari campi, siamo feriti profondamente per il comportamento ed i giudizi senza cuore di tanti membri vicini al cosiddetto magistero, nei quali ogni tanto ci sembra di vedere quegli stessi difetti e quella stessa difesa dell'«istituzione» contro i quali Cristo si è scagliato fino a morirne. Grazia Vanini Daniel Harding e la tradizione Nell'intervista con Daniel Harding, pubblicata domenica nelle pagine degli Spettacoli, un walzer fuori tempo delle virgolette ha messo in bocca a Sandro Cappelletto mia frase che invece appartiene al giovanissimo direttore inglese: «C'è la tradizione, molti anni di tradizione, e poi ci sei tu. Chiudi gli occhi, li riapri davanti alla musica scritta e succede quello che ti aspetti». Una considerazione tipica del suo modo di affrontare e rinnovare le partiture che dirige, particolarmente significativa nel caso del Don Giovanni di Mozart. Ce ne scusiamo con i lettori e con l'interessato. jv Le lettere :.yanno inviate„#: ^\>^ a: J* V / \/ x /LA STAMPA ./'Va Marenco 32,10126 TORINO S fax Oli -6568924 e-mail lettere@lastampa.it

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