SETA l'eros sulle dita

SETA l'eros sulle dita I RADAR DI BORDO. Christian Mantero e i piaceri del tatto SETA l'eros sulle dita LA seta è oggi meno di moda», dice Christian Mantero, uno che la seta la fa, e la fa ottima: la fornisce ad Armani e a Hermes, a Ralph Lauren e a Valentino, a Hugo Boss e a Chanel, a tutte le migliori firme dell'abbigliamento. Solo che la seta pura s'è rifugiata nei foulard e nelle cravatte, negli accessori, perché non è più considerata la regina degli abiti e dei tessuti: appare troppo perfetta e lucente, la sua eleganza ha un che di freddo, li astratto. Così la seta cambia. E le sue metamorfosi la dicono lunga sui mutamenti in atto, non solo nella moda ma anche nel modo di guardare e toccare la bellezza e le cose, nella sensibilità comune che si viene affermando. Proprio il tatto, un senso spesso dimenticato perché ritenuto troppo basso e banale, è una spia: esso non gode più a percorrere soltanto superfici impeccabili, del tutto lisce. Indulge anche e soprattutto a incontri con superfici accidentate, aspre. Il rapporto pelle-cosa diventa più avventuroso, più eccitante. «Queste nuove esigenze mi costringono a sperimentare e a rinnovare continuamente le mie sete», dice Mantero, amministratore delegato dell'industria omonima fondata dal nonno, un bel tipo estroso da Belle Epoque, amantissimo di feste e champagne, che si chiamava Camillo, ma siccome Camillo non gli piaceva si faceva chiamare Riccardo. Christian, 58 anni, sposato con tre figli, a sua volta è un uomo complesso: con i fratelli ha reinventato l'azienda di famiglia - una famiglia che venne dalla Spagna a fine Quattrocento, d'origine ebraica - facendola, come si dice, a rete, cioè a più centri, e ciascun centro è guidato da un responsabile «che è come un imprenditore autonomo, però senza capitali; il segreto è non fargli spiccare il volo e per trattenerlo lo strapago». Alleandosi poi con i giapponesi, ha messo su a Vercelli un'industria (soltanto una della sua costellazione) di cui è molto orgoglioso: vi produce dieci milioni di metri l'anno di una seta speciale, «la migliore, la più cara al mondo». Mente d'imprenditore di successo, dunque, Christian Mantero, che però si prende in giro: «Per far tessuti, come qualsiasi altra cosa, basta circondarsi di gente più in gamba. Io non sono come Berlusconi, che dice "io, io, io". Non dico neppure "noi", ma "loro", i dirigenti». Soprattutto Mantero si dichiara votato ad altro: «Non voglio né soldi né fama. Non mi vergogno di dirlo: cerco il piacere, che spesso trovo nell'arte. Mi dà piacere toccare. Tocco la seta, m'accorgo quando vien fuori troppo dura, troppo molle o altro ancora; e tocco l'arte stessa, le sculture, come un giorno m'invitò a fare Manzù. Vista La femme qui marche di Giacometti all'ingresso? Ogni volta che entro, acca- rezzo quel bronzo e ho una sensazione, un'idea». Come cambia dunque la seta? Si fa più terrena, s'impolvera, si sporca. Perde insomma il suo sublime, quel tanto di radioso e di metafisico che possiede. I modi di questa contaminazione e caduta sono diversi. Innanzi tutto si imbastardisce mischiandosi con altri filati naturali e soprattutto sintetici, come il camaleontico e invadentissimo poliestere, il nylon, la viscosa, l'acetato e il triacetato, diavolerie sempre aggiornate e mutevoli. Quindi irrompe il finissaggio, la lavorazione finale del tessuto: la povera seta viene spalmata di gomme, schiacciata fra due cilindri, cotta al forno, messa al macero, ogni trovata è buona per strapazzarla, renderla più spessa o schiumosa, più opaca o traslucida. Un vero calvario. Il risultato è duplice. Da una parte si ha una seta che acquista un che d'antico e d'artigianale, di amabilmente ruvido come certe sete indiane filate, tessute e tinte a mano: e questa è una tendenza che oggi va molto, la naturalezza, la morbidezza sapiente, quotidiana (s'annuncia persino un cachemire estivo, leggerissimo). Dall'altra parte impazza la mirabolante tecnoseta, la seta hi-tech, dalle prestazioni imprevedibili: respira e non si bagna, è leggera e tiene caldo, e altro ancora. E nelle sfilate apparirà talvolta persino intrecciata con maghe d'acciaio e rame, oppure come solcata da ustioni e crateri un po' alla Burri, in uno scenario d'arte informale. La sintesi di Mantero va per le spicce: «Oggi c'è una gran confusione». Colpa degli stilisti, secondo lui. E gli scaglia contro un'invettiva: «Ricavano l'80% dei loro guadagni dalle borse, dalle scarpe, dalle cinture, non dal tessile, però la loro immagine la giocano tutta lì, sul tessile. Vendono fumo, immagine. Miuccia Prada spende cento miliardi per fare comunicazione comprando una superbarca, non per fare ricerca. E Tom Ford, il preteso salvatore della Gucci, è soltanto un bravo vetrinista. L'unico che capisce è Armani». Il risultato è che «il tatto non preferisce questo o quel tessuto, questo o quell'effetto, ma ingoia tutto». Domina una specie d'onnitattismo, un'ansia ebbra e indiscriminata di piacere tattile. Lasciamo per un poco Mantero per chiederci: sono condivise le sue conclusioni? Davvero il tatto è allo sbando? «C'è una vera e propria inflazione di un tatto impoverito, privato della dimensione di accesso all'intimità dell'altro», conferma il sociologo e psicoanalista Enrico Pozzi. Basterebbe guardare i giovani, che si toccano in continuazione; ma il loro è una sorta di gioco, di tic esoreistico e rassicurante, ben diverso dal tatto praticato solo fino a poco tempo fa, quan¬ do il toccare era un esercizio infinitamente più circoscritto, negoziato, conquistato. C'è un film di Rohmer in cui il protagonista soltanto alla fine, dopo un'ora e mezzo, arriva a toccare il ginocchio di Claire, la protagonista. Oggi il tatto, molto spesso, non ci avvicina ma ci allontana dall'altro, serve quasi per scaricare a terra la sua energia e profondità. Un tatto esteso e consunto, impaurito, che non morde ma scivola via, non s'impegna a conoscere veramente. «Lo vedo anche nei miei pazienti - dice Pozzi - . E la pelle, il gran mediatore fra noi e il mondo, il percettore sensibilissimo fra l'interno e l'esterno, sempre più spesso rivela qualcosa che non va. Si diffondono orticarie, vitiligini, dermatiti varie: sono somatizzazioni, sintomi del nostro disagio nei confronti di una persona, di un ambiente. La pelle rivela il conflitto e si ammala». Il nuovo tatto scriteriato ed espanso ha varie facce. Se da una parte sono più frequenti i casi di innocui maniaci, di coloro ad esempio che toccano sempre molte cose, dal rubinetto del gas alle maniglie delle finestre, per sincerarsi che stiano ben salde al posto loro e che in definitiva il loro proprio universo non frani via, dall'altra c'è la riscoperta diffusa e piacevole dell'intera pelle su tutto il corpo. Oggi l'eros non si esaurisce più nelle classiche zone del piacere più intenso, ma s'estende, è ben vivo anche in una mano e in un piede, lungo il collo, nella schiena, dappertutto. Sarà contento il sessuologo Pasini, che non fa che predicare un tale eros ubiquitario. Si rintracciano e si pre- mono muscoli, cartilagini, tendini. Non sono massaggi veri e propri, ma manipolazioni, stringimenti, carezze forti, astute L'Oriente è diventato di casa. E naturalmente si comprano più tessuti e vestiti, non solo perché abbiamo più denaro ma perché «i tessuti sono fonte d'identità, di riconoscimento, rafforzano il nostro io». Così dice un altro psicoanalista, Maurizio Balsamo. E qui s'impone il curioso caso d'uno psichiatra francese dei primi del secolo, maestro di Lacan, dal nome altisonante, Gaétan Gatian de Clérambault. Costui aveva in casa manichini e molte stoffe e fece quarantamila fotografie di donne marocchine, ma non gli mteressavano tanto le donne quanto i loro abiti e i loro veli. Il Beaubourg gli ha dedicato di recente una mostra. Clérambault aveva in cura varie pazienti che rubavano tessuti, quasi soltanto seta, e ne traevano soddisfazione erotica mediante strofinamenti. Scrisse così il saggio La passion érotique des étoffes chez les femmes, dove cercava d'indagare un tal fenomeno. Si trattava di vero feticismo? Il feticismo, privilegiando questo o quell'oggetto, rinvia comunque all'altro sesso. Così era per il feticismo maschile, in cui il tessuto mimava preziosità muliebri. Ma por quelle donne era diverso, secondo Clérambault: toccando la seta esse in realtà si costruivano un'altra pelle, un altro involucro psichico, proteggevano il loro sé e gli davano nuovi limiti, nuovi argini contro la disgregazione, in una sorta di battesimo continuo. I tessuti sono sorprendenti. Clérambault è stato studiato da un filosofo alla moda fino a non molto tempo fa, Gilles Deleuze, che è andato oltre e ha investigato la piega, 'umile, comunissima piega che fanno i tessuti. La piega gli si è gonfiata sotto gli occhi, è diventata una potenza, la culla primaria d'ogni universo che nasce ed esplode, il luogo e il simbolo d'ogni filiazione e proliferazione. Il mondo barocco, per Deleuze, ha nella piega il suo emblema. E un altro studioso francese, Michel Pastoureau, s'è dedicato di recente alla Stoffa del diavolo, a certi tessuti e disegni, trovando ad esempio che le righe sono sempre state considerate inquietanti, negative: nell'icono¬ fuori che" lta uel bronzo un'idea» grafia classica definivano i cattivi, Caino, Giuda, Salomé. Fino a ieri bollavano i carcerati. E nel Duecento il Papato faticò parecchio ad abolire la cappa a righe dei religiosi del Carmelo. Torniamo ora a Christian Mantero, seduto nel suo studio nella villetta in pieno centro a Como dove ha sede il suo impero di seta, una villetta degli Anni 20 dal grazioso e severo sapore neorinascimentale, ricca di gran mobili lombardi, quadri e sculture. Nello studio ha un Melotti, un Fontana figurativo, un crocefisso d'avorio di fine Settecento scolpito da Maragliano e un altro crocefisso di bellissimo bosso rosa uscito dalla bottega dei Fantoni. In una vetrinetta brillano scheletrirli d'acciaio, orecchini d'oro Tamil e statuine erotiche cinesi. Un esteta eclettico, Mantero. Fa pure parte del Guggenheim Museum a Venezia, del suo consiglio d'amministrazione. E adesso lancia una seconda invettiva, questa volta contro la maggior parte degli artisti contemporanei: «Non fanno più opere, obbediscono solo al mercato, ai soldi». Però da questo secolo e dalla sua arte dice anche che gli vien su come un invito, trova che mille sculture e tele e romanzi lo esortano a guardare, ad andare, a toccare le cose, tutte le cose, ghiaia e muri, acqua e foglie, a percorrere la loro superficie, la loro pelle, in una specie di riscatto estetico globale. Forse Mantero coglie nel segno perché da più paiti si punta oggi a ritrovare il co^no a corpo, il pelle a pelle con la realtà: quando la parola barcolla e sembra che non faccia più presa, e la mente annaspa e gira a vuoto anch'essa, si cerca nei sensi una qualche ragione, e il tatto viene celebrato come comunicazione primaria. In America è uscito da poco proprio Touch, tatto, del critico Josipovici, e alcuni saggi di Cannile Paglia, come Sexual persone/i' (Einaudi), rintracciano nelle opere, al di là del loro disincarnamento, le i'orze e le emozioni sessuali e sensuali di chi le fa e di chi ne finisce. «Corpo io sono in tutto e per tutto, e null'altro», diceva Nietzsche. «Ogni profondità è in superficie», aggiungeva. E se per Barthes - ricorda il filosofo e scrittore Franco Rolla - «l'abbraccio è l'espressione totale del corpo, la carezza per Lévinas è il primo contatto con l'altro e per Sartre è addirittura lo sbocciare delle carni, la fioritura dell'essere e del conoscere». Fino ai rovesciamenti estremi, alle crudeltà di certe performances artistiche e di certi scrittori giovani come David Cooper e Poppy Brito, in cui il tatto diviene graffio e ferita, voglia di penetrazione e squartamento per scoprire il segreto ultimo delle persone, e l'ultimo segreto può benissimo essere la carcassa dipinta da Bacon. Christian Mantero dice che l'amore per la sensualità dell'arte gli è cominciato suonando il violino da piccolo sotto la guida di un bravo maestro, Franz Terraneo. Poi ha smesso perché s'è innamorato, s'è sposato e s'è messo a lavorare in azienda. Però questa passione gli è rimasta, lo aiuta nel lavoro. Dice che l'estetica è esperienza, sensorialità. S'abbandona a ebbrezze segrete. Domenica scorsa ha immerso una mano in un vaso di miele appena colto e s'è leccato le dita. L'altro giorno è andato nell'orto e ha tirato su una verza, l'ha afferrata tra le mani e l'ha schiacciata ascoltando il crepitio delle foglie, «come seta croccante». Gli piace staccare un caco e palpeggiarlo, accarezzarlo: «Ha una pelle sottile e cedevole, ma consistente. Pelle di donna, di donna turcana o samburu, della Nubia, per me le più belle al mondo. Sensazioni che mi servono per fare la seta». Di nuovo la seta come pelle. Dopo tanto caos, dopo tanti connubi con metalli e fibre sintetiche, va a finire che la seta pura riprenderà il suo trono. La morbidezza, l'eros muove e vince. Claudio Altarocca Fornisce i suoi tessuti a Armarti Hermes, Chanel, Valentino La sua ricerca è continua; segue le suggestioni del tempo e dell'arte «Ilgusto cambia e . la mia stoffa si sporca di vita, perde il sublime e il metafisico» «Oggi ogni scusa è buona per strapazzarla, spalmarla di gomma, cuocerla al forno macerarla. E' un vero calvario» «Gli stilisti vendono immagine: guadagnano i soldi con le cinture e le borse. Gli artisti non fanno più opere: obbediscono solo al mercato» Mi piace toccare. Qui fuori ho "La femme qui marche" di Giacometti. Ogni volta che entro, accarezzo quel bronzo e ho una sensazione, un'idea» ORDO. rmarti o ; segue dell'arte eros ulle dita Oggi ogni scusa è buona er strapazzarla, spalmarla i gomma, cuocerla al forno macerarla. E' un vero calvario» Gli stilisti vendono immagine: uadagnano i soldi con le cinture le borse. Gli artisti non fanno più pere: obbediscono solo al mercato» ristian Mantero bracciato na testa mana marmo ui accanto modello la Collezione onna Armani alto a destra oco Chanel n basso lentino emire estivo, all'altra parte bolante tecnoch, dalle preibili: respira e eggera e tiene ra. E nelle sfivolta persino aghe d'acciaio ome solcata da n po' alla Buro d'arte inforntero va per le una gran conegli stilisti, sescaglia contro cavano l'80% i dalle borse, e cinture, non a loro immagia lì, sul tessile. immagine. ende cento miomunicazione bdo il toccare era un esercizio infinitamente più circoscritto, negoziato, conquistato. C'è un film di Rohmer in cui il protagonista soltanto alla fine, dopo un'ora e mezzo, arriva a toccare il ginocchio di Claire, la protagonista. Oggi il tatto, molto spesso, non ci avvicina ma ci allontana dall'altro, serve quasi per scaricare a terra la sua energia e profondità. Un tatto esteso e consunto, impaurito, che non morde ma scivola via, non s'impegna a conoscere veramente. «Lo vedo anche nei miei pazienti - dice Pozzi - . E la pelle, il gran mediatore fra noi e il mondo, il percettore sensibilissimo fra l'interno e l'esterno, sempre più spesso rivela qualcosa che non va. Si diffondono orticarie, vitiligini, dermatiti varie: sono somatizzazioni, sintomi del nostro disagio nei confronti di una persona, di un ambiente. La pelle rivela il conflitto e si ammala». Il nuovo tatto scriteriato ed espanso ha varie facce. Se da una parte sono più frequenti i casi di innocui maniaci, di coloro ad esempio che toccano sempre molte cose, dal rubinetto del gas alle maniglie delle finestre, per sincerarsi che stiano ben salde al posto loro e che in definitiva il loro proprio universo non frani via, dall'altra c'è la riscoperta diffusa e piacevole dell'intera pelle su tutto il corpo. Oggi l'e i ri iù llChristian Mantero e i piaMi piace toccare. Quho "La femme qui madi Giacometti. Ogni vche entro, accarezzo e ho una sensazione, rubavano tessuti, quasi soltanto seta, e ne traevano soddisfazione erotica mediante strofinamenti. Scrisse così il saggio La passion érotique des étoffes chez les femmes, dove cercava d'indagare un tal fenomeno. Si trattava di vero feticismo? Il feticismo, privilegiando questo o quell'oggetto, rinvia comunque all'altro sesso. Così era per il feticismo maschile, in cui il tessuto mimava preziosità muliebri. Ma por quelle donne era diverso, secondo Clérambault: toccando la seta esse in realtà si costruivano un'altra pelle, un altro involucro psichico, proteggevano il loro sé e gli davano nuovi limiti, nuovi argini contro la disgregazione, in una sorta di battesimo continuo. I tessuti sono sorprendentiClérambault è stato studiato da un filosofo alla moda fino a non molto tempo fa, Gilles Deleuze, che è andato oltre e ha investigato la piega'umile, comunissima piega che fanno i tessutiLa piega gli si è gonfiata sotto gli occhi, è diventata una potenza, la culla primaria d'ognuniverso che nasce ed esplode, il luogo e il simbolo d'ogni filiazione e proliferazione. Imondo barocco Dl h Christian Mantero abbracciato a una testa romana di marmo Qui accanto un modello della Collezione Donna di Armani Iti alto a destra Coco Chanel e in basso Valentino

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