Sul Sexygate il thriller della macchia di Franco Pantarelli

Sul Sexygate il thriller della macchia Clinton ha fretta di conoscere i risultati delle analisi, per decidere un'eventuale confessione Sul Sexygate il thriller della macchia Allarme nei giornali: l'Fbi ha il primo responso NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Il venticello aveva cominciato a soffiare ieri mattina verso le 10: in giornata - diceva - si conoscerà il primo risultato dell'analisi che il laboratorio scientfico dell'Fbi sta compiendo sul vestito di Monica Lewinsky. Non si riferiva all'analisi «vera», quella che dovrebbe essere in grado di dire se le macchie sul vestito corrispondo al «patrimonio genetico» di Bill Clinton, bensì quella «preliminare», tesa a stabilire se quelle macchie sono ancora utilizzabili, nonostante siano vecchie di un anno e più, per un esame del genere. Ma era stato sufficiente, quel venticello, per mettere in allarme le redazioni dei giornali, delle agenzie e soprattutto dei notiziari televisivi, tutti speranzosi in qualcosa di «corposo», in una giornata che si presentava piuttosto stracca sulla vicenda Bill-Monica-sesso. Ma la mattinata è passata, il pomeriggio ha cominciato a richiedere la parola «inoltrato» e del risultato di quell'analisi non si sapeva nulla. Come fosse nata la voce nessuno sapeva dirlo, ma siccome allo stesso modo nessuno poteva permet¬ tersi di trascurarla, la situazione che si era venuta a creare era stata quella un po' paradossale in cui nelle redazioni si parlava solo di quello, e per di più in modo febbrile, mentre i loro utenti, cioè il pubblico, non ne sapeva nulla. Poi, l'unica no- tizia della giornata l'ha fornita la Casa Bianca, annunciando l'intenzione di andare a sostenere di fronte alla Corte Suprema il «privilegio cliente-avvocato» sulla testimonianza di Brace Lindsy, il consigliere e confidente di Clinton che il pro¬ curatore Kenneth Starr vuole a tutti i costi interrogare. A Starr hanno già dato ragione il tribunale federale e la prima Corte d'Appello. La Casa Bianca aveva la possibilità di ricorrere alla seconda, di Corte d'Appello, cioè quella costituita non da tre giudici soltanto ma dall'intero collegio giudicante, e invece ha preferito saltare quel passaggio e rivolgersi direttamente alla Corte Suprema, forse per dimostrare che il suo scopo non è meramente quello di perdere tempo ma di condur¬ re una battaglia «di principio». Inutile dire che con quello che sta bollendo in pentola, in attesa della deposizione di Clinton del 17 agosto, questa notizia pure importante perché in pratica si chiede alla Corte Suprema di stabilire un precedente che va al di là della vicenda (e della persona) di Bill Clinton - è risultata a dir poco secondaria. L'attenzione di tutti, in questo momento, è su «come» il Presidente risponderà alle domande di Starr. Ogni tanto spunta qualcuno che dà per sicuro che lui finirà per «ammettere tutto» pubblicamente, il giorno prima dell'interrogatorio, accogliendo le esortazioni di chi dice che il popolo americano è disposto a perdonare una sua confessione, se fatta «col cuore in mano» (il senatore repubblicano Orrin Hatch, che pure è un «duro» - fu uno di quelli che misero sotto torchio Anita Hill, durante la tormentata conferma della nomina di Clarence Thomas come giudice della Corte Suprema - gli ha promesso «tutto il mio aiuto»); ma subito dopo arriva qualcun'altro a garantire che invece Clinton resterà aggrappato al suo «inai avuto sesso con quella donna» del gennaio scorso, ripetuto ogni cinque minuti dalle emittenti televisive. La verità è probabilmente che neanche lui, Clinton, sappia ancora come comportarsi. Per deciderlo, ha bisogno di sapere con certezza se il vestito di Monica è in grado o no di «parlare» contro di lui. E' per questo che ieri, quando è sembrato che da un momento all'altro dall'analisi su quel vestito dovesse arrivare quanto meno una prima indicazione, tutti hanno cominciato a tremare. La febbre che è salita nelle redazioni, si può starne certi, e salita ancora di piii fra gli uomini del Presidente. Franco Pantarelli

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