Un pacco-bomba al giudice degli anarchici di Alberto Gaino

Un pacco-bomba al giudice degli anarchici Torino: aperto dalla segretaria del procuratore Laudi, non è esploso. Gli investigatori: era pericolosissimo Un pacco-bomba al giudice degli anarchici Esplosivo, chiodi e bulloni nascosti in alcuni libri TORINO. Doveva essere un lunedì d'agosto con i telefoni che tacciono, il fax addormentato, la porta dell'ufficio che si apre solo per le visite dei colleghi appena rientrati dalle ferie, la posta da ordinare per il capo assente. Già, la posta: la tranquilla mattinata qualunque della segretaria del procuratore aggiunto Maurizio Laudi è precipitata con l'apertura di una busta intestata a un avvocato romano e indirizzata al magistrato. Dentro c'erano tre libri tascabili, avvolti da nastro adesivo. Ma il pensiero di Freud era stato ridotto a metà per far spazio a una sagoma di cartone che era nascosta alla vista. Conteneva un pacchettino con 50 grammi di polvere nera. Esplosivo. Una pila. Fili elettrici collegati a un innesco che i carabinieri hanno definito perfettamente funzionante. Sfilando il nastro e separando i libri, la signora Elisabetta avrebbe fatto esplodere la «book bomb». Ma lo scotch ha fatto resistenza e le è rimasto in mano l'intero blocco di libri e bomba, più i chiodi e i bulloni con cui era stato imbottito l'ordigno. Un'occhiata è bastata alla segretaria per posare il pacco sulla scrivania e correre a chiedere aiuto nella stanza accanto. Erano le 9,15. Otto ore e un quarto dopo) "alle 17,30, nella sua abitazione di Pavone, vicino a Ivrea, il giornalista Daniele Genco apriva un identico pacco appena ritirato al giornale dove lavora, la «Sentinella del Canavese». All'interno, sotto una letteratura latina in edizione economica, un cilindretto metallico ha attirato la sua attenzione. Era collegato a una batteria a nove volt da fili elettrici che spuntavano da una controcopertina. Senza essere a conoscenza di quel che era accaduto il mattino alla procura di Torino, Genco ha alzato il telefono e ha chiamato i carabinieri. «Ho ricevuto un pacco bomba». Laudi è il magistrato che aveva ottenuto l'arresto degli squatter Edoardo Massari, Maria Soledad Rosas e Silvano Pelissero per associazione sovversiva. Sullo sfondo, le bombe rudimentali che avevano danneggiato in Valle di Susa mezzi di un cantiere dell'alta velocità, una cabina delle ferrovie, un ripetitore Rai e uno Mediaset, una centrale Omnitel. Cose. Tecnologia. Simboli. Ma fu sufficiente parlare di eco-terroristi e di «Lupi grigi» (una delle sigle usate per rivendicare i piccoli attentati) per amplificare la ero naca di quegli arresti. Far corre re la notizia. Trasformarla in un evento del disagio giovanile con la morte in carcere di Edoardo Massari e, a distanza di mesi, della sua compagna, «Sole», in una cascina dov'era agli arresti domiciliari. Morti suicidi. Senza lasciare una riga di addio. Anche Laudi è stato trasformato in qualcos'altro: un sim bolo della repressione, schizzato sui muri di Torino con la vernice. Genco è invece il giornali sta che fu riempito di botte e fratture il giorno del funerale di Edoardo Massari, sulla collina di Brosso Canavese. Anche lui un simbolo. Come queste «book bomb»? Il generale Franco Ro mano, comandante della Regione Carabinieri, non ha dubbi «Attentati veri, gravissimi». Il procuratore capo Francesco Marzachì ascolta gli artificieri e dichiara: «La bomba arrivata per posta e destinata al dottor Laudi non era idonea a uccidere, ma, se fosse esplosa nelle mani della segretaria, le avrebbe causato conseguenze gravissime. Così dicono gli esperti» Anche Genco, alle ventuno, do po che i carabinieri di Ivrea hanno disinnescato la sua «book. bomb», esprime la stessa convizione: «Poteva scoppiare, non è stato soltanto un avvertimento». Stiamo ancora dentxo la «guerra dei simboli» o si è anda ti oltre? I fatti: i rudimentali or digni sono stati copiati da un «manualetto di area anarchica», come precisa Marzachì, o da Internet, cercando fra uno dei 92 siti in lingua inglese che istruiscono i volonterosi sulla fabbricazione di «book» e «phone bomb». Sono stati spediti da Roma Fiumicino e recapitati dal servizio postale nella scorsa settimana in buste intestate ad avvocati romani (Caputo, per la «confezione» destinata a Laudi, Mele per l'altra) che abbondano di omonimi nell'elenco dell'Ordine forense della Capitale. La cronaca per ora finisce con il brindisi che i colleghi hanno offerto alla signora Elisabetta a fine mattinata: aperol e patatine per esorcizzare la grande paura. Lei sorride e si schermisce: «Cose che possono capitare». Alberto Gaino La donna: cose che possono capitare Una lettera esplosiva anche al giornalista aggredito dagli anarchici

Luoghi citati: Brosso, Ivrea, Pavone, Roma, Torino