Lega, Bossi rilancia e guarda al Polo

Lega, Bossi rilancia e guarda al Polo Berlusconi: la nostra linea non cambia. La Russa (An): belle parole, ma non ci fidiamo Lega, Bossi rilancia e guarda al Polo «Non si fanno accordi con chi ha già il potere» ■ : : :;: : :: LA SVOLTA DEL CARROCCIO ROMA. Bossi rilancia. Se nell'intervista alla Stampa dell'altro giorno si dichiarava «pronto a trattare con Roma» al fine di «rompere l'asse tra mafia-Polo e camorra-Ulivo», ieri al Tg3 si è spinto molto oltre le sue stesse parole, lasciando capire che potrebbe riallearsi con il Polo. «La Lega è tornata a Roma e può scombussolare le carte» ha minacciato. Perché «un conto è la Lega, un conto è la Padania: come Lega siamo pronti ad un accordo». E un accordo, è il ragionamento del Senatùr, non si fa con chi è già al potere, «perché quello sta già bene così». Il ragionamento di Bossi è solo apparentemente pieno di contraddizioni. Il leader della Lega sa benissimo che nello scenario della politica si affaccia un autunno caldo, con la maggioranza che sostiene il governo a rischio di frattura sui temi del lavoro, dello Stato sociale, della politica estera. Sempre ieri era Franco Marini a ricordare che, se Rifondazione dovesse tirarsi indietro, il governo potrebbe in alcuni casi accettare i voti dell'Udì' di Francesco Cossiga. E in questo scenario, per Bossi si riapre la possibilità di tornare a giocare il ruolo di ago della bilancia. Sia pure accusando Berlusconi di essere «lo strumento palermitano al Nord», e ribadendo «su di lui non ho cambiato idea», il leader leghista getta il sasso nello stagno. Come poi verrà accolto il suo tentativo di inizio estate, è presto per dirlo. Di certo, le prime reazioni non sono positive. Di fronte al messaggio che arriva da Ponte di Legno, «senza di noi gli assetti politici non si cambiano», la reazione degli ex alleati del Polo è di fastidio. Se è vero che, ai tempi della Bicamerale, il blitz leghista concordato con Forza Italia riuscì a far passare ai voti il semipresidenzialismo, e ad affossare il premierato, la prima reazione di Berlusconi è conciliante, com'è nel suo stile. «Noi siamo sempre sulle posizioni di prima», dice Berlusconi, e poi precisa: «Portiamo avanti le tesi in cui credono e per cui si battono gli elettori della Lega». Come dire: se Bossi vuole, si avvicini alle nostre posizioni, e se son rose fioriranno. Ma nel Polo, e in Forza Italia, c'è chi non ha dimenticato il tradimento della Lega che portò al ribaltone, e al governo Dini: «Bossi va preso con le pinze», dice Peppino Calderisi, che trova singolare la proposta di «rientro» nel Polo avanzata assieme a «un nugolo di improperi contro Berlusconi e Forza Italia». Calderisi azzarda un'analisi della sortita bossiana: «Parole d'ordine di carattere miracolistico, come la secessione, non consentono alla lunga di mantenere vivo l'interesse dell'opinione pubblica». Di diverso parere Ignazio La Russa di Alleanza nazionale, il quale ritiene che il Polo sia l'interlocutore naturale della Lega, e che essa «davvero uscirà dal proprio infantilismo politico» la via dell'accordo sarà perseguibile. An, tuttavia è molto prudente. La politica di Bossi ha scottato più volte il Polo, e secondo La Russa a questo non è estranea la personalità, il carattere del leader «padano»: «Bisogna stare molto attenti, si tratta di un personaggio che ha fatto dello "stop and go" una filosofia di vita, lui non fa mai un discorso definitivo». Il che è un po' come dire: Bossi è inaffidabile. E certamente la pensa così Giulio Maceratini, collega di partito di La Russa, che usa esattamente quell'aggettivo: inaffidabile. Sul fronte dei leghisti, sono tutti con Bossi: l'ex ministro del Bilancio Pagliarini, il presidente Stefani. Anche il per solito «dissidente» Maroni si schiera con il leader e ribadisce di credere «nella secessione come strumento». Dal fronte della maggioranza, invece, mentre il segretario del Ppi Franco Marini apre al possibile dialogo «se non parla più di rottura del Paese», il suo vice Dario Franceschini solleva un sospetto: e se, di nuovo, ci fosse un accordo segreto con Berlusconi? Anche Franceschini diffida dei «cambi di linea» di Bossi perché «sia le accelerate che le frenate sono sempre funzionali a un disegno negativo e di divisione del Paese: non vorrei che in fondo alla rinuncia al termine "secessione" ci fosse un patto segreto e tacito con Berlusconi». Un patto elettorale, evidentemente. A meno di non dar ragione all'ex leghista Irene Pivetti, che legge l'intervista alla Stampa e sbuffa: «Bossi, che noia mortale...». [r. r.] Il segretario della Lega Nord, Umberto Bossi

Luoghi citati: Ponte Di Legno, Roma