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I Pinocchio della statistica Funzionari licenziati in Usa e Russia: con dati falsi addolcivano la realtà I Pinocchio della statistica In questi giorni sono stati sospesi dall'incarico alcuni funzionari di polizia di New York, Pbiladelphia, Atlanta e New Orleans. Si è scoperto che per aiutare le percentuali dei delitti a essere migliori non prevenivano crimini né arrestavano colpevoli: erano i dirigenti degli uffici statistici e si limitavano a ritoccare i dati nella direzione da tutti desiderata, a proprio talento. Il caso vuole che poche settimane fa lo stesso incidente si sia verificato in Russia, dove i responsabili dell'ufficio centrale di statistica alteravano i dati relativi a tasse e importanti indicatori economici. Le due maggiori potenze mondiali hanno dichiarato guerra alla statistica? In un mondo dominato da parametri meritocratici chi non riesce a raggiungere gli obiettivi segnati sulla carta, dice di averli raggiunti e se la cava. Il parametro è impassibile: quello menzognero ha la stessa faccia del verace, e la sostanza è quasi sempre altrove. Ma la vecchia gag dell'Esperto sulla Buccia di Banana nel caso degli statistici dà ancora più gusto (gusto puerile, certo). Troppe volte la scimitarra di una percentuale ci ha tranciato un discorso articolato, troppe volte le nostre approssimazioni linguistiche sono state sormontate da quelle matematiche e tanto più rispettabili. Il sette per cento degli italiani adulti non sa cosa sia la polenta: questo è il fatto (in questo caso, inventato), il resto è opinione. Alla cartografia, la scienza che descrive il mondo usando il nobile tramite del disegno, chiunque perdonerebbe ìona piccola imprecisione o semplificazione umana. Ma nessuna indulgenza spetta a chi il mondo vuole ritrarlo usando i numeri per toglierci le parole. Quegli sfortunati funzionari americani e russi hanno finalmente scoperto che anche i numeri sono parole come le altre: cattivi retori, si sono fatti cogliere in flagranza di metafora. Ai loro successori è richiesto di fare lo stesso, con più sobrietà. Stefano Bartezzaghi