«Presto per il mercato europeo»

«Presto per il mercato europeo» «Presto per il mercato europeo» Preda: meglio un network che unisca i listini Stefano PreIL PRESIDENTE DELLA SPA ITALIANA SMILANO TEFANO Preda, primo presidente della Borsa italiana privata dall'ottobre del '97, ha due bussole: i suoi azionisti e il mercato. I suoi azionisti sono per il 70% banche, con l'Imi (nel cui consiglio siede da tre anni) addirittura al 20%. Una presenza, questa degli istituti di credito nel capitale della Borsa Spa, che egli giudica «una grande ricchezza», e se mai sottolinea come a volte non si occupino ancora sufficientemente dell'evoluzione del mercato. Ma del resto le banche Preda le conosce bene, perché è anche consigliere della Fondazione Cariplo, presidente di Imi Investments Sa, di San Paolo-Imi e di Mediolanum Spa. Professor Preda, ma questa presenza nella Spa delle banche, che sono oltre che protagoniste del listino anche importanti emittenti, non pone un problema di conflitto di interesse? «No. Nel senso che esiste un regolamento preciso per la quotazione che prevede solo tre casi estremi di non ammissione. Le regole, quindi, sono oggettive e non discrezionali. Poi c'è una ulteriore schermatura, nel senso che in quest'area i poteri deliberanti sono nelle mani dell'amministratore delegato, e non del consiglio di amministrazione». Il bilancio del primo armo della Spa sarà attivo? «Certamente. Gli azionisti hanno investito 70 miliardi e il bilancio sarà attivo. Il 65% dei ricavi viene dagli intermediari per i servizi di trading, il 20% dalle società quotate, il resto dai servizi informativi e dalla venita di dati, grezzi e elaborati. Inoltre abbiamo già deliberato un aumento di capitale fino a 100 miliardi». Finalizzato a che cosa? «Finalizzato ad acquistare parti della filiera produttiva del mercato. Dopo l'estate compreremo la Cassa compensazione e garanzia, e in prospettiva intendiamo investire in altre società come la Montetitoli». Un giudizio sul recente accordo anglo-tedesco che tanto allarma i francesi. Che cosa ne pensa? Quale sarà la vostra posizione? «Per il momento, questa idea del circuito in comune per le 300 blue chip europee è ancora a livello di lettera di intenti. Ritengo che, prima che possa diventare un mercato, passerà diverso tempo. Basti pensare ai regolamenti, al problema delle autorità di controllo, ai problemi informatici. Detto questo, il mercato europeo ha una sua logica, e non ha senso opporvisi. Ma bisogna che l'iniziativa sia effettivamente aperta a tutti, senza padroni dominanti. Se si arriverà a questo mercato, a noi sta bene. Ma prima negozieremo, per salvaguardare intermediari e emittenti italiani». Quali sono le perplessità maggiori su questo progetto? «E' un mercato tagliato sui grandi operatori globali che potrebbe incontrare le resistenze sia degli intermediari che delle emittenti. Sarebbe bene cominciare con un progetto meno elitario creando un network delle Borse che, attraverso il collegamento, consenta a tutti gli operatori membri di un mercato di poter operare direttamente anche sugli altri». I vantaggi? «E' un progetto che si potrebbe realizzare rapidamente, se c'è la volontà basterebbero pochi mesi. E' un mercato sul quale possono lavorare tutti, e che non sottrarrebbe le blue chip ai mercati nazionali. Detto questo, non vogliamo dire di essere contrari al mercato delle 300 blue chip, venticinque delle quali italiane, ma solo che sarebbe opportuno, nel frattempo, far passare il network europeo». E il tribolato progetto delle Borse minori, o locali? «Non ci pensiamo assolutamente. Oggi, con i mercati sempre più globali, il Metim è fuori dalla storia. Esiste il localismo delle quotazioni, e potranno esserci operatori interessati a promuovere localmente singoli titoli, ma non ha senso che una azienda di Reggio Emilia debba trovale investitori solo a Reggio. Avremo invece un mercato per le piccole imprese ad alto tasso di crescita, il Nuovo Mercato che partirà entro l'anno e sarà collegato al circuito Euro NM» La Spagna sta facendo accordi con le Borse del Sudamerica, per Milano esiste un progetto analogo? «Istituiremo un gruppo di lavoro per studiare il problema delle Borse dei Paesi emergenti, ma non dobbiamo dimenticare che Spagna e alcuni mercati sudamericani hanno il vantaggio di una lingua comune». E le notizie di intese tra i listini statunitensi ed europei? «Gli americani sono interessati alle Borse europee. Ma esistono ostacoli oggettivi, primo fra tutti i fusi orari. Ci sono colloqui tra Nasdaq e Francoforte, tra New York e i mercati latini, ma finora si tratta soprattutto di operazioni d'immagine». Quale peso hanno oggi gli stranieri sul listino di Milano? «Oggi il 50% dei flussi di investimento proviene dall'estero». Professore, ormai c'è corsa alle quotazioni. Il bilancio di fine anno vedrà una trentina di ingressi nuovi, il doppio del '97. Come fronteggiate la valanga? «Diciamo che il nostro servizio quotazioni è in espansione a ritmi galoppanti, e con compiti più ampi. Tutta la nostra organizzazione è cambiata, da funzionale a divisionale, e siamo saliti a 80 persone». Il mercato è cambiato, la Borsa è percepita in modo diverso. Lei è stato fortunato ad arrivare in un momento diboom. «Fortunato? Non direi. Con un Paese mutato, il Testo Unico varato, le stesse banche spinte a disegnarsi un futuro diverso, mi aspettavo francamente questo momento positivo. Quello che ancora non si vede è come cambierà l'atteggiamento verso la quotazione, e qui sarà un cambiamento epocale. Tuttavia, nonostante il salto nel numero di società quotate, siamo lontani dalla dimensione ottimale. La crescita si baserà soprattutto sulle aziende medie. Per quanto riguarda le grandi aziende, ce ne sono ancora una cinquantina non quotate». Dovrebbe presto partire una commissione mista GiustiziaTesoro per la riforma del diritto societario e per l'informativa delle società non quotate. Di che cosa si tratta? «Oggi, con il Testo Unico siamo in linea con i mercati più sviluppati. Ma il TU ha innalzato la soglia dell'informativa per le società quotate e delle garanzie per le minoranze. Quindi, automaticamente, si è ampliata la lontananza con gli obblighi delle non quotate. Il che finisce per essere un oggettivo disincentivo alla quotazione. Si tratta di alzare la soglia delle regole per le non quotate in modo da riequilibrare il sistema», [v. s.l Stefano Preda

Persone citate: Stefano Preda

Luoghi citati: Francoforte, Milano, New York, Reggio, Reggio Emilia, Spagna, Sudamerica