E il tasso di sconto? Come se fosse calato di Alfredo Recanatesi

E il tasso di sconto? Come se fosse calato E il tasso di sconto? Come se fosse calato ERCHE' il Governatore della Banca d'Italia continui a tardare un'ulteriore riduzione del tasso di sconto non lo sappiamo; probabilmente lo sa solo lui e, forse, qualche suo diretto collaboratore vincolato all'impegno del silenzio. Sappiamo, però, una cosa: che il tasso venga ridotto o no, presto o tardi che sia, conta assai poco; quasi nulla. Da moltissimi anni quel tasso è solo un segnale. Per stare ad una immagine di stagione, è come la bandierina rossa che i bagnini alzano per segnalare un mare che potrebbe riservare qualche pur debole insidia e ammainano quando il mare torna tranquillo. Ciò non esclude che anche con la bandierina rossa alzata si possano prendere bagni, nuotare e divertirsi, così come nulla attualmente esclude che il mercato del credito offra condizioni del tutto analoghe a quelle che potranno esserci se e quando il tasso ufficiale verrà ridotto. Quel che conta, infatti, è la politica monetaria, la quale è ormai integrata con quella dei Paesi che parteciperanno alla moneta unica. I cambi tra le monete che verranno sostituite dall'Euro sono ormai fissi, e la piccola differenza che la lira deve ancora recuperare sta rientrando a piccole, regolari e prevedibili tappe. Solo radio e televisioni, sull'inerzia di ormai lontane tragedie valutarie, continuano ad annunciare la stabilità della lira rispetto alla moneta tedesca come se fosse possibile un qualsiasi altro andamento. Questa stabilità basterebbe da sola a privare di ogni valore operativo il livello del tasso di sconto. Nei confronti delle monete che verranno sostituite dall'Euro, infatti, essa annulla ogni possibile rischio di cambio e quindi rimuove ogni ostacolo a finanziarsi sul mercato, ad esempio, tedesco ai tassi propri del marco. Per questo motivo, i tassi di mercato itahani, indipendentemente dal tasso di sconto, si sono allineati a quelli degli altri Paesi, in sintonia, per altro, con una politica della Banca d'Italia che, pur mantenendo alzata quella bandierina rossa, ostenta un indirizzo nient'affatto restrittivo: la quantità di moneta cresce a tassi elevati e non fa nulla per prosciugarla, ha chiuso operazioni di pronti contro termine a tassi inferiori a quelli dello sconto, ha ridotto la riserva obbligatoria. Di conseguenza, non hanno alcun fondamento le sollecitazioni rivolte al Governatore perché si decida. Ancor meno fondamento hanno quelle pressioni che, esplicitamente o implicitamente, lasciano intendere che una riduzione del tasso di sconto tonificherebbe una situazione economica alquanto asfittica. E del tutto fuorviami sono le tesi di chi sostiene che la riduzione dovrebbe essere «più del solito 0,25-0,50% per poter far ripartire veramente l'economia». Due anni fa il tasso medio sui prestiti bancari era oltre il 12%; oggi è sotto l'8%, ed anche meno se si prendesse denaro in Germania o in Francia come è possibile fare senza rischio alcuno. Due anni fa, come prima e come dopo, si chiedeva una riduzione dei tassi per far riprendere investimenti e occupazione. Malgrado il tracollo dei tassi, che sono scesi ai liveli dei migliori Paesi europei, questo non è minimamente avvenuto, la ripresa indotta da rottamazioni ed incentivi non ha attecchito: gli investimenti delle imprese soprattutto piccole e medie sono sempre stati bassi ed ora stanno ulteriormente diminuendo; di quel gran fervore di iniziative che in passato sarebbe stato bloccato dall'elevato costo del denaro si è visto poco o nulla. Eppure ora c'è chi attribuisce questo deludente andamento alla politica monetaria asserendo che la ripresa, quella vera, dipenderebbe da quest'ultimo punto di riduzione del tasso di sconto che, per altro, il mercato ha già scontato. Che il deludente andamento dell'economia venga spiegato con motivazioni di parte è più che naturale, ma c'è un limite alla forzatura dei fatti. E i fatti sono che, pur in presenza di costanti negative che sono l'inefficienza dei servizi pubblici, il clima di continua fibrillazione politica, la pesantezza degli oneri fiscali e parafiscali, non poche, né bevi condizioni operative sono sostanzialmente migliorate: è stata debellata l'inflazione e si suoi effetti sui salari, il cambio si è stabilizzato ed è addirittura fisso verso i maggiori partner commerciali stranieri, i tassi di interesse sono sui livelli (invidiatissimi) dei tedeschi, degb olandesi e dei francesi, diversi provvedimenti hanno incentivato gli investimenti e la flessibilità dell'impiego di manodopera. La perfezione non è di questo mondo e tanto meno di questo Paese, ma, almeno in termini relativi, le condizioni che si offrono a chi opera nell'economia sono sensibilmente migliorate. Se, ciò nondimeno, il sistema economico non riesce a decollare e, per certi aspetti, sembra addirittura peggiorare persino al Nord dove servizi e infrastrutture sono migliori, evidentemente la causa non sta dove si è soliti cercarla e, tanto meno, in una pohtica monetaria che attualmente offre condizioni quali non si verificavano da un quarto di secolo e più. Alfredo Recanatesi

Luoghi citati: Francia, Germania