Le mie notti in cima a un cubo

Le mie notti in cima a un cubo «Guadagno duecentomila lire a sera: i ragazzi con me sognano, io vorrei soltanto fuggire» Le mie notti in cima a un cubo La ballerina: io, oggetto sessuale in discoteca SSAVONA TEFANIA di giorno dorme. Quando si sveglia leviga il suo corpo, lo allena, lo guarda danzare dentro allo specchio. Alle nove di sera lo lava, lo depila e lo prepara con lentezza automatica. Smalto viola alle unghie delle mani. Smalto blu ai piedi. Mascara nero sulle ciglia, riga e ombretto. Rossetto rosa sulle labbra. Perizoma maculato all'inguine. Top filiforme al seno. Stivali neri alti. Quando è pronta chiude gli occhi. Quando chiude gli occhi vede l'estate passare. Alle dieci - quando esplodono i 5 mila watt della discoteca su al Priamar, la fortezza che sovrasta Savona - Stefania è in cima al cubo, perforata da un migliaio d'occhi, immersa in una sostanza speciale fatta di musica, luci e sudore che le cola addosso isolandola dal mondo. Il suo corpo agganciato al tempo trasmette ossessioni e tutti ne sembrano assorbiti: nessuno che si accorga della sua solitudine. Perché in fondo a chi importa come è fatta dentro una cubista? Ci vogliono parecchie ore di chiacchiere per tirarla fuori, seduti a un bar davanti al mare, lasciando passare le sciocchezze standard che lei racconta per ingenuità, noia, abitudine. Tipo: «E' un buon lavoro, mi piace». Oppure: «Non ti dico la mia età, indovina». Oppure: «So che il mio corpo è perfetto». Oppure: «Io sono narcisista, sai, come Narciso che si guardava nell'acqua e si piaceva. Conosci Narciso?». Oppure: «Sì, ho molti amici, padroni di discoteche, agenti, gente a Milano...». Viene fuori lentamente con le sue cicatrici e paure, intaccando il linguaggio patinato, accorciando sempre più spesso i suoi sorrisi, scivolando dentro a ricordi che sembrano piccoli, ma si allargano e finalmente la lasciano libera di dire: «Ma cosa credi... Ogni volta che salgo lassù io penso: Stefania, ma che cazzo ci fai su questo cubo? Con la musica orribile intorno, la musica da discoteca che odio, e circondata da questi uomini che sbavano guardandomi il culo... Io sono una ballerina. Amo danzare. Dovrei stare sul palcoscenico di un teatro... E invece sto qua, tre notti alla settimana, per guadagnarmi quattro soldi. E far sognare i ragazzi...». Lei non sogna molto, se non una via d'uscita. Balla da quando era ragazzina. «Ho fatto il mio primo saggio al Teatro Chiabrera di Savona. Avevo 14 anni. Mia madre pianse. Mio padre non venne perché era già malato, sclerosi multipla da più di dieci anni: prima sulla sedia a rotelle, adesso sul letto, incapace di muovere qualunque parte del corpo». Dice che quando balla, lei balla per due, dedicando a lui la sua propria perfezione di corpo, sinuosità, leggerezza, ritmo. «Devo metà di quello che sono a mio padre. E l'altra metà a mia madre che vive e respira per lui, faticando come una bestia, alzandosi ogni notte, tutte le notti dell'anno, e io faccio quello che posso, cerco di aiutarla quando non lavoro, dandole il cambio, ma ogni tanto anche quando lavoro, arrivando all'alba...». La luccicanza che esibiva finalmente diventa opaca, e la superficie ora ha la densità di una storia che può essere rac¬ contata. Stefania ha 24 anni. E' nata a Milano. Vive a Celle. Ha finito le scuole medie. Poi ha fatto un corso per estetista. Lavora da quando aveva 16 anni, «perché in famiglia abbiamo sempre avuto bisogno di soldi». Per una stagione è stata cameriera in una pensione a due stelle di Celle. «Lavoravo dalle sei del mattino all'una di notte. Mi piaceva fare le cose bene, pulire tutto, tenere in ordine... Guadagnavo 2 milioni al mese». Poi ha fatto la segretaria in uno studio legale, otto ore al giorno in nero, per 500 mila lire al mese: «Uno schifo». Poi ha fatto l'estetista: «Sono brava, solo che c'è pochissimo lavoro». Infine si è infilata in questa invenzione dei cubi da discoteca. Non beve, non fuma, non usa droghe. Dice: «Sono pazza naturale». Fa sparire il sorriso: «Un medico mi ha detto che ho tre disturbi della personalità. Me li ha anche scritti: disturbo di tipo narcisistico, di tipo istrionico, di tipo oppositivo provocatorio». Ride amara: «Essendo pazza naturale, que¬ sto schifo di lavoro fa per me, giusto?». Quando le va bene guadagna fino a 200 mila lire a notte. «I posti migliori sono le grandi discoteche della Lombardia, tipo 1"X O' di Cremona, o il Fellini. Qui in Liguria le tariffe sono molto più basse, 100-120 mila a notte, c'è un sacco di offerta, perché moltissime ragazze credono che basti infilarsi un perizoma e gli stivali neri per diventare una cubista». Essere una cubista comporta certi rischi. Lei te li racconta con faccia impassibile: «So benissimo cosa pensa la gente. Pensa che sei un oggetto sessuale, una disponibile a tutto». Dice che ogni tanto le arrivano proposte scivolose: «Mi hanno chiamato da Rimini offrendomi di fare la ragazza immagine in una discoteca. Cioè? Ho chiesto. Devi fare compagnia a uomini ricchi, mi hanno detto, che vogliono farsi vedere in giro con le bionde. Ho capito, non mi interessa». Dice che la chiamano per fare la «Lap Dance» nei locali notturni (che vuol dire se- minuda, avvinghiata a un'asta), di fare la pupa nei night, di essere gentile con qualche cliente. «So dove vanno a parare queste offerte, non sono proprio stupida. Così io dico: se volete che balli, io ballo, tutto il resto non mi interessa». Ci pensa, dice: «Gli uomini proprio non mi interessano. Sono single e voglio rimanerlo. So come mi guardano. So che sono quasi tutti porci. Ho imparato a non vederli. A volte qualche uomo mi sfiora mentre ballo. Mi è successo: io gli punto l'indice come fosse una pistola e sparo. Lo uccido». Ha frequentato la Jazz Dance School di Genova seguendo le lezioni di Marcus: «Non sai chi sia? E' un ballerino meraviglioso. Uno che ha la musica nel sangue». Anche lei si sente così, destinata alla musica. Un paio di anni fa ha visto i Momix al Teatro Nazionale di Milano, li ha guardati «con la pelle d'oca e le unghie piantate nei braccioli della poltrona». Ha deciso che quella sarebbe stata la sua strada: ballare in un teatro. Perciò adesso - questa estate '98 che frigge la pelle e spezza il respiro - lei balla, aspetta e intanto si prepara. Si allena in camera tutti i pomeriggi. Va in spiaggia l'indispensabile per tenersi abbronzata. Prepara cena a padre e madre. Mangia, ripulisce casa. Arriva al Priamar, si infila nel camerino con la sua amica Elisabetta. Si sveste e si colora per la serata. Esce in pista e sale sul cubo. «La prima volta, in una discoteca di Finale, credevo di morire, avevo le vertigini, ero terrorizzata dall'idea di cadere. Oggi potrei ballare su un francobollo in cima a una montagna. La musica mi porta via la testa, il mio corpo galleggia leggerissimo...». Balla 30 minuti, poi fa mezzora di riposo in camerino. Il riposo vola via: «Ti asciughi, ti rifai il trucco che è cascato per il sudore, bevi due litri.d'acqua, ti cambi il perizoma, e sei di nuovo su. Dimentichi gli occhi che hai addosso, ignori quello che ti gridano, e ricominci a volare via. Sei dentro l'arte, sei un'artista che si esprime, sei un bellissimo corpo che si muove. Il resto non conta». Quando davvero Stefania sale sul cubo - ore 22,30, folla pazzesca intorno, fumi colorati che la sfiorano - è una immagine in movimento, piena di luce e sesso, circondata dal nero. I ragazzi intorno fischiano e ridono, con gli occhi appesi al suo perizoma. Un'ora fa diceva: «A nessuno interessa niente di chi sei. Va bene così. Solo che ogni tanto, proprio mentre ballo, mi arriva un pensiero che si infila nel cuore. E il pensiero dice così: devi fare in fretta Stefania, sempre più in fretta, perché il tempo passa, tuo padre muore, tua madre invecchia. E la cima della vita è da un'altra parte, anche se sei alta su un cubo». Pino Corrias «Ogni volta che mi esibisco penso che faccio un lavoro schifoso, con una musica orribile» «Ho attorno uomini che sbavano solo per guardarmi E questo per tre volte la settimana» «Un medico mi ha detto che lavorando così ho tre disturbi della personalità» «A volte qualcuno mi sfiora mentre ballo La prima volta avevo I paura di cadere» Vita da cubista, in due discoteche «Si balla per mezz'ora di seguito e si guadagnano 200 mila lire per notte»

Persone citate: Fellini, Jazz Dance, Pino Corrias

Luoghi citati: Cremona, Genova, Liguria, Lombardia, Milano, Rimini, Savona