Preso l'uomo che ha ucciso 40 volte
Preso l'uomo che ha ucciso 40 volte Killer di camorra Preso l'uomo che ha ucciso 40 volte NAPOLI. Per la polizia era un killer professionista, per la camorra era l'uomo che della morte aveva fatto una fiorente industria. Maurizio Procida, 34 anni, il cui nome era inserito nell'elenco dei cinquecento ricercati più pericolosi d'Italia, è stato arrestato dalla polizia che lo ritiene coinvolto in quaranta omicidi. Con lui è stato ammanettato un suo guardaspalle, Marco Mollo. A tradire involontariamente Procida è stato il fratello Vincenzo: gli 007 della squadra mobile napoletana lo tallonavano da giorni, convinti che prima o poi avrebbe incontrato il superlatitante. E così è stato. Sabato notte Vincenzo si è diretto in auto verso la statale Ofantina, e si è fermato in un punto non distante da Avellino. Poco dopo è arrivata una Twingo con due persone a bordo, e gli agenti hanno riconosciuto subito l'uomo che sedeva accanto al guidatore: era Maurizio Procida, il killer imprendibile che da sette anni teneva in scacco polizia e carabinieri, e che si è lasciato ammanettare senza battere ciglio. Un sicario dai nervi d'acciaio, un camorrista per il quale la vita umana valeva meno di zero: Maurizio Procida era famoso tra le bande che si affrontano per il controllo del racket delle estorsioni e del traffico di droga in Campania. Ha iniziato la sua carriera a metà degli Anni Ottanta, quando nel Napoletano infuriava la guerra tra la Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e la Nuova famiglia, un cartello di clan al quale aderiva anche Cannine Alfieri, il padrino di Nola. «Don» Carmine aveva saputo apprezzare i servigi di quel giovane lesto di pistola e assolutamente incapace di provare emozioni: in breve ne aveva fatto il numero uno della squadra dei killer al soldo dell'organizzazione. Sbaragliato Cutolo, il boss ha continuato a utilizzare il suo sicario preferito contro altri rivali. Così, uno dopo l'altro, sono caduti gli uomini di Valentino Gionta, un capo camorrista colpevole di aver tentato di scalfire il potere di Alfie ri. Così, in un crescendo impressionante di agguati e regolamenti di conti, sono morti i «guaglioni» che nel '91 tentarono una scissione all'interno della stessa banda di «don» Carmine. Due di loro, i fratelli Matteo e Bonaventura Monti, furono puniti in modo esemplare. Per ordine di Alfieri, una squadra di killer guidata da Maurizio Procida li sequestrò e li portò in un casolare abbandonato nelle campagne che circondano Palma Campania. Vennero torturati per un'intera notte, e poi eliminati con un colpo di pistola alla nuca. I loro resti carbonizzati furono trovati in un cimitero dell camorra scoperto dalla polizia grazie alle confessioni del pentito Pasquale Galasso. Per sette anni Maurizio Procida è riuscito a sfuggire a polizia e carabinieri, ma non ai suoi doveri coniugali: da latitante ha incontrato senza problemi la moglie, che gli ha dato due figlie. E ha continuato a fare carriera nel clan. Dopo l'arresto di Alfieri che, con le sue confessioni, ha consentito una raffica di arresti, il sicario dai nervi di acciaio ha scalato i vertici dell'organizzazione fino a diventarne il numero uno. (f. mil.]
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