Incubo sulle Ande un fiume di fango

Incubo sulle Ande un fiume di fango Incubo sulle Ande un fiume di fango LIMA. Era il lago venerato dagli indios, dall'acqua color smeraldo. Adesso Ichic Tio (piccolo zio) è un incubo di fango e terrore: sulle Ande, in Perù, la vita di cinquantamila persone, per sei mesi assediate dall'alluvione, è appesa alla speranza che non piova più, che gli argini naturali dell'Ichic Tio resistano, che non accada come trent'anni fa, quando furono migliaia le vittime. In Italia è arrivato l'appello di un missionario salesiano, padre Ugo De Censi, 75 anni, che nel Chacas è il parroco dei campesinos: «Il rio Chacas, affluente del Maranon, si è trasformato in un serpente ciclopico e per giorni e giorni ha travolto tutto ciò che ha incontrato sul suo cammino. Ha divorato in poche ore un migliaio di ettari di terreno coltivato, ha distrutto case, sradicato la centrale elettrica nuova che ci era costata 10 anni di lavoro. Ha portato via tutti i ponti e ha distrutto o reso in agibili centinaia di case». E' partito da Genova un primo aiuto italiano: nove containers con 10 mila metri quadrati di tegole canadesi e 28 mila metri quadrati di guaina impermeabile che un gruppo di imprese ha acquistato su invito del ministro per il Commercio con l'estero Augusto Fan- tozzi. L'operazione di soccorso è coordinata dai volontari dell'organizzazione «Mato Grosso» che lancia un ulteriore appello per le popolazioni alluvionate del Nord del Perù. «C'è bisogno di tutto: alimentari, tende, coperte, medicinali - spiega Salvatore Scino, 44 anni, sottufficiale della Guardia di Finanza, imo dei responsabili di Mato Grosso -. Chi vuole contribuire può mettersi in contatto con noi, ai numeri di telefono 0543/84700 o 0338/968.5130». Chacas è un villaggio a 3360 metri di altezza sulla Cordigliera delle Ande, terra di agricoltura avara e di contadini poveri. La zona è stata colpita in questi ultimi mesi da piogge torrenziali provocate dal fenomeno del Nino. «Sono già andati distrutti due terzi del raccolto delle patate che è il nutrimento principale della nostra gente», spiega padre De Censi. Diego Ducoli, 30 anni, perito elettronico bresciano, un volontario che sta lavorando per riparare la centrale idroelettrica, racconta al telefono: «La pioggia è caduta per mesi. Otto ponti sono stati distrutti. Ed è gravissimo perché il paese di Chacas, così come Huallin, Viscas, Acochaca e Chukpin, sono collegati al resto del Paese attraverso i ponti». Una situazione drammatica. Migliaia di persone sono senza casa, alluvionate, senza cibo con il raccolto distrutto. Le voci di Andrea e Verdiana Nori, faentini, in Perù dal '94, trasmettono le difficoltà di questa missione: «La condizione più tragica è quella dei bambini. Le famiglie degli indios hanno in media quattro o cinque figli. Non c'era l'acqua, i problemi igienici rischiavano di portare infezioni. Ora manca tutto, il cibo soprattutto». Padre De Censi è un'istituzione per Chacas e alla sua iniziativa si deve il ((piccolo miracolo» che si è consumato in questa valle del Perù. Nel '92 dopo 4 anni di siccità e di magri raccolti padre De Censi andò a Lima a chiedere aiuto per i suoi campesinos che non avevano nemmeno più nulla da seminare. Da uno scienziato ebbe in dono la patata bianca chiamata «gringa». I campesinos di Chacas «incrociarono» i semi. Ne nacque una nuova varietà che venne chiamata «chacasina» che aveva delle caratteri¬ stiche particolari: grande resistenza e produttività. Con i semi tradizionali si ricavavano tra i tre e i 10 kg di raccolto. Il nuovo ibrido riusciva a produrre invece tra i 20 e i 42 kg di patate per ogni seme. E già nel '96 la «chacasina» veniva coltivata da un centinaio di piccole aziende familiari. Il «miracolo di Chacas» ottenne così aiuti e finanziamenti dal governo e dagli Usa. I campesinos poterono costruirsi case, asili e strutture. Il Chacas è diventato il punto di riferimento per il volontariato dell'organizzazione del Mato Grosso. In Perù sono attive 38 missioni, con 150 italiani. «Il risultato di anni di lavoro e di sacrificio dei campesinos e dei missionari italiani è ora sepolto sotto un lago di fango, distrutto dalla forza distruttiva dell'alluvione», commenta Salvatore Scino. La situazione è drammatica. Il Chacas ha bisogno dell'Italia. Daniela Cotte E' l'altra terribile conseguenza del rapido processo di riscaldamento globale della Terra In Niger e in Sudan la pioggia è attesa come una benedizione, ora è un incubo Si sono avute in una notte precipitazioni per 100 millimetri, the hanno provocato allagamenti j in zona subsahariane, dove si coltiva cotone, solitamente aride. Centinaia di case sono state I rese inabitabili. Si parla già di un bilancio di 1200 morti e ora | si teme che la Yangtze rompa argini e dighe provocando alluvioni disastrose. Sono almeno 26 le vittime di una frana nella regione Nord occidentale del Paese, dove si segnalano anche inondazioni. Secondo fonti ufficiose i morti potrebbero essere in realtà più | di cento. Oceano Àf lantico Le vittime per le innondazioni sono più di 250. Ora il livello delle acque sta scendendo, ma la gente continua a morire per le malattie provocate per lo più dalla impossibilità di bere acqua che non sia infetta. Oceano Pacifico OCEANIA 14 persone sono morte annegate e 450 cose sono andate distrutte a causa delle piogge torrenziali che hanno devastato un distretto dello regione di Ayala, nel Sudan occidentale. Le innondazioni hanno reso ancora più drammatica la già disastroso situazione alimentare in molte aree del Paese. Oceano Indiano Incubo sulle Ande un fiume di fango INDONESIA I morti ufficialmente segnalati sono quattro. Ad essere colpita dalle inondazioni è stata la città di Samarinda, capoluogo di una delle province del Borneo, in seguito alia rottura di una diga. Le persone evacuate sono migliaii m IMA. Era il lago venerato dagli dios, dall'acqua color smeraldo. desso Ichic Tio (piccolo zio) è un cubo di fango e terrore: sulle Ane, in Perù, la vita di cinquantami persone, per sei mesi assediate tozzi. L'operazione di soccorso è coordinata dai volontari dell'organizzazione «Mato Grosso» che lancia un ulteriore appello per le popolazioni alluvionate del Nord del Perù «C'è bisogno di tutto: ali