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Il poliziotto dai due volti Americani Il poliziotto dai due volti HARRY Bridgwood, di New York, rise calando sua moglie gli cantò, per l'ennesima volta, una vecchia canzone che diceva: «Vorrei avere due amanti e un solo uomo». Disse: «La signora è servita. Domani andiamo a una cena di gala alle Bermuda. Solo, ricordati di chiamarmi Paul e non stupirti se tutti mi considerano un manager». Lei aveva sposato Harry il poliziotto, che aveva 52 anni, uno stipendio decoroso e un appartamento nel Queens. Volò alle Bermuda in business class con uno che aveva la stessa faccia, ma un vestito gessato, diceva di chiamarsi Paul Vassil e di essere vicepresidente della società che gestisce il più grande palazzo privato di Manhattan (70 ascensori, per dare l'idea). In aereo, lui le spiegò che, da tre anni, faceva l'undercover, l'infiltrato, per smascherare il racket dei rifiuti che taglieggiava i grandi proprietari immobiliari. Lo avevano scelto perché, tra tutti gli agenti, era l'unico con qualche conoscenza di economia (da giovane aveva trafficato con i succhi di frutta Tropicana), un tocco di signorilità, ima singolare freddezza. Aveva funzionato. Era diventato amico degli altri manager, aveva la fiducia del presidente. L'unica a conoscere la sua identità era la segretaria (anche lei infiltrata). E ora, la moglie. Che, alla fine della vacanza, tornando nel Queens, sospirò: «Sarebbe bello, se non dovesse finire». Il mese successivo, con un microfono nascosto nel doppiopetto, l'agente Bridgwood incastrò il clan dei Ponte e fece sì che la raccolta dei rifiuti non fosse più un affare sporco. Spiegò al presidente della «sua» società chi era veramente, si tolse l'abito gessato e tornò al distretto. Tre mesi più tardi ricevette una lettera: conteneva l'offerta di (ri)assunzione come vicepresidente. Lasciò distintivo e pistola. Ora guadagna 200 mila dollari l'anno. Sua moglie gli canta ancora la stessa vecchia canzone. Gabriele Romagnoli