Maud, il processo dei sette veli ultimo scandalo di Oscar Wilde di Masolino D'amico

Maud, il processo dei sette veli ultimo scandalo di Oscar Wilde Una «Salomé» Ira Sodoma e Lesbo: così la camera di una rivale di Isadora Duncan fu stroncata dai giudici Maud, il processo dei sette veli ultimo scandalo di Oscar Wilde N~BELL'ODIERNO ritorno di interesse per tutto quanto riguarda Oscar Wilde si riparla spesso del processo I che lo condannò a due anni di carcere duro, pochi però ricordano che un quarto di secolo dopo, nel 1918, molti superstiti di quello si ritrovarono ancoi'a una volta all'Old Bailey, coinvolti in un'altra causa legale poco meno clamorosa, oggi puntigliosamente ricostruita da Philip Hoare [Oscar Wilde's Last Stand, Arcade Publishing, New York). Tutto cominciò quando una bella nonché abbastanza famosa danzatrice poco vestita (sui generis, ossia esponente come le sue rivali Isadora Duncan e Loie Fuller di una concezione nuova e sensuale, libera dai vincoli accademici) accettò di interpretare a Londra il personaggio di Salomé nella commedia che Wilde aveva scritto originariamente in francese, e che il censore aveva vietato rispolverando una legge antica quanto la Riforma protestante. Morto Wilde, la commedia ebbe fortuna sul Continente, particolarmente in Germania, con una ammiratissima messinscena di Max Reinhardt e con la non meno acclamata opera di Richard Strauss, che la mise in musica quasi senza tagli. Sfruttando la fama vagamente scandalosa della protagonista (che Wilde non aveva certamente trattato per primo, basti pensare ai quadri di Gustave Moreau e alla loro collocazione in A rébours di J.K. Huysmans, il testo sacro del decadentismo), Maud Allan si era specializzata in una propria versione della danza dei sette veli, esportandola in tutta Europa, compresa, nel 1908, l'Inghilterra, dove Edoardo VII era stato fra i suoi fans. L'idea di rilanciarla ora proponendo il testo integrale della commedia partiva anche dall'esi- genza dell'artista di riciclarsi in un genere un po' diverso. Maud Allan era nata circa 45 anni prima, in Canada, e aveva un passato tutt'altro che comune. A San Francisco, dov'era cresciuta, suo fratello era stato impiccato per avere fatto a pezzi due ragazze e averne occultato i cadaveri; comprensibilmente, la giovane aveva cambiato cognome e si era trasferita in Germania, dove prima di dedicarsi alla danza studiò pianoforte con Busoni. Non si sa se l'idea di rispolverare il testo wildiano sia venuta a lei o al critico teatrale e impresario Jacob Grein per il proprio glorioso Independent Theatre, in cui debuttarono lavori di Ibsen e di G.B. Shaw. Particolare non trascurabile, prima di dedicarsi al teatro Grein era stato brevemente avvocato, assumendo la fallimentare difesa di Alfred Taylor, l'organizzatore di incontri fra omosessuali incarcerato insieme con Wilde. In attesa del visto della censura, si optò per una rappresentazione privata di Salomé, col Royal Court trasformato come altre volte in club. L'annuncio fu segnalato con orrore dalla scrittrice popolare Marie Corelli a un formidabile individuo, Noel Pemberton Billing, principale predecessore di Mosley come fondatore del fascismo inglese. Dopo essersi distinto in iniziative eccentriche fra cui una accanita attività di inventore (più di 500 brevetti, nessuno dei quali mai sfruttato) soprattutto nel campo dell'aviazione, ed essendo entrato in Parlamento, Billing si era dedicato alla causa del patriottismo, secondo lui languente in quegli anni di guerra, e denunciava disfattisti e giudei dalle colonne del suo giornaletto Vigilante (prima si chiamava The Imperialist). Qui diede spazio alle farneticazioni di un americano psicologicamente tarato, già impiegato nei Servizi Segreti britannici, tale Harold Spencer, il quale sosteneva di avere avuto in mano un Libro Nero redatto dai nemici tedeschi, contenente una lista di 47.000 Vip britannici ricattabili perché dediti all'infame vizio di Sodoma e di Lesbo. Sul Vigilante Spencer pubblicò un trafiletto dedicato all'imminente rappresentazione di Salomé, intitolato II Culto della Clitoride: vi si affermava che nella lista dei sottoscrittori Scotland Yard avrebbe certo trovato molti dei 47.000 di cui sopra. Spinta probabilmente da amici, come la moglie dell'ex primo ministro Asquith, che seguivano con preoccupazione le smargiassate ricattatorie di Billing, Maud Allan querelò Billing per diffamazione, ma com'era stato per Wilde nel 1895, quando l'accusato Queensberry diventò accusatore, Billing non chiedeva di meglio che passare al contrattacco (anche se degli ammiratori temettero per lui, e una setta religiosa gli mandò una adepta chiedendogli di metterla incinta, per garantirsi un continuatore del suo eroismo: Billing non si tirò indietro). In ogni caso, il processo diventò uno show suo e dei testimoni da lui convocati. Di questi il più clamoroso fu Lord Alfred Douglas, a suo tempo noto come Bosie. L'ex amico di Oscar Wilde nutriva ora solo odio per la memoria dell'esteta, in quanto anni prima aveva perso un processo per diffamazione che aveva intentato contro un biografo di costui. Bosie definì l'a lui dedicata Salomé un testo corrotto e mefitico, sicuro strumento di corruzione; disse che quando lo aveva tradotto non se ne era reso conto, e comunque si dichiarò pentito dei trascorsi giovanili, nonché implacabile nei confronti dei sodomiti odierni. Medici di parte affermarono che scrivendo Salomé Wilde aveva certo tenuto presenti le scoperte di KrafftEbing, secondo il quale, disse un luminare, le donne posseggono un organo detto clitoride, capace di portarle fino alla frenesia e al delitto. Il termine non era allora di uso comune (Lord Albemarle chiese al circolo chi era questo tizio greco, Clit qualcosa, di cui tutti parlavano tanto), e anzi Spencer sostenne di averlo usato a ragion veduta, per denunciare una infamia senza offendere nessuno. Agenti governativi ostili a Billing avevano tentato di incastrarlo tramite una avventuriera, tale Eileen Villiers-Stuart, ma Billing prontamente la sedusse, e costei lo sostenne al punto di affermare in aula di avere visto anche lei il libro nero coi 47.000 nomi, e anzi cominciò a farne alcuni, fra cui quelli degli Asquith. Alla fine gli avvocati dell'accusa, fra cui il figlio di un avvocato di Wilde, anch'egli in cerca di rivincite, furono travolti; Billing trionfò, e la povera Maud Allan, il cui passato era stato rivangato, fu bollata come lesbica e la sua carriera finì lì. Pochi mesi dopo peraltro finì anche la Grande Guerra, e con essa il china di isterismo collettivo; altri conti furono saldati. Billing ebbe un sacco di grane - fra l'altro la donna della setta gli si presentò con l'illegittimo - culminanti nella sua espulsione di peso dal Parlamento; la signora Villiers-Stuart fu imprigionata per bigamia. Il collerico Bosie assunse Spencer e con lui mandò avanti un proprio foglio polemico, Plain English, sulle colonne del quale ebbe l'imprudenza di diffamare un coetaneo dell'Ammiragliato; andò così a sua volta in galera, per sei mesi. Si era scelto un avversario robusto, a nome Winston Churcill. Masolino d'Amico In un libro la storia della Man, che danzò nell'opera proibita Oscar Wilde. A sinistra, la danzatrice americana Maud Allan

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