Una ragazza all'accademia militare. L'Italia che tollera ifalsi testimoni

Una ragazza all'accademia militare. L'Italia che tollera ifalsi testimoni LETTERE AL GIORNALE Una ragazza all'accademia militare. L'Italia che tollera ifalsi testimoni Una liceale e l'ambizione di diventare ufficiale Mi rivolgo a voi per incitare all'approvazione definitiva della proposta di legge secondo la quale anche le donne avrebbero accesso alle Accademie militari. Sono una ragazza di diciannove anni che nell'anno scolastico 1998/99 frequenterà la III liceo classico presso il Liceo Cavour di Torino, ed al termine di questa vorrei poter accedere all'Accademia militare di Sanità per studiare Medicina e diventare un ufficiale. Mi rivolgo a voi, perché il mio non è un semplice capriccio: ho dedicato tutta la mia vita, ed indirizzato i miei studi, a questa grande ambizione, e non ho molto tempo, considerando che a gennaio dovrei presentare la domanda d'iscrizione al distretto militare di Torino. Fin da quando ero bambina sono stata appassionata alla carriera militare, fino al punto di farla diventare l'unica cosa importante nella mia vita, e vorrei che questa passione ed ambizione non rimanesse solo un sogno. Sono venuta a conoscenza del fatto che inviando una domanda al consolato americano potrei avere la possibilità di entrare in servizio nell'esercito degli Stati Uniti, ma tutto ciò appagherebbe solo in minima parte la mia ambizione: sono una cittadina italiana, pertanto preferirei poter servire la mia Patria. Daniela Balsamo, Torino Le responsabilità della Chiesa cattolica Il presidente della Rebubblica e il capo della Procura di Milano affermano una cosa e un ex-presidente del Consiglio e due ex-ministri ne affermano un'altra. In Italia mentire non è poi così grave. Grandi sono le responsabilità della Chiesa cattolica che di rado richiama l'attenzione sulla falsa testimonianza, pure inclusa tra i comandamenti. Ho lavorato a lungo in Paesi protestanti e ho notato ben altro rispetto e intransigenza su questo tema. Non che manchino i mentitori ma certamente sono un numero limitato e non trovano, in ogni caso, benevola accettazione come da noi. L'etica tra i protestanti è una cosa seria, tra i cattolici una stramberia di pochi. Il «caute nisi caste» è sempre una regola d'oro, quanto sia immorale non viene spiegato mai. Bisognerebbe aprire un dibattito su questo tema: è importante. Rosy Lunardi publicworkstation(?ryale.edu Tre tenori tra le gaffes del tele-presentatore Condivido pienamente, e sottoscrivo, la lamentela del sig. Guido Rezzoiùco di Venezia, riguardo al concerto «dei tre tenori» a Parigi, e vorrei aggiungere che quell'illustre sconosciuto «comico» (?) non diceva solo scemenze, ma ha detto anche parecchie inesattezze; purtroppo ne ricordo solo due: «La Luisa Verdi di Muller» e «giornalista» anziché «musicista». Ho ancora ben chiaro nella mente il bel commento di Fabrizio Del Noce al 1° concerto dei tre tenori a Roma, e mi convinco sempre più che la nostra società peggiora, anziché migliorare. Per favore, la «Gialappa's» lasciamola allo sport e ai programmi leggeri. Enrica Ceresole, Giaveno Se un deputato insulta il tricolore Un deputato che, agendo come tale in una pubblica manifestazione, ha insultato volgarmente il Tricolore, se ne va tranquillo, assolto dal Parlamento. Meglio dunque spianare i cimiteri di guerra da Solferino a Redipuglia a el-Alamein, affinché almeno non rimanga memoria ipocrita, di quelle migliaia di poveri illusi che per l'Italia han dato la vita! Quanto a noi, ex combattenti e partigiani superstiti che, su sponde opposte ma ugualmente, cercammo di salvare l'onore della stessa Italia - cioè, scusate, di «questo Paese» - a noi rimarrà di fare altrettanto pubblica ammenda di tanta ingenuità. Silvio Curto, Torino Informate i clandestini sulla nostra realtà L'immigrazione clandestina che assale in questi giorni la Sicilia assume i tratti apocalittici d'una nuova invasione musulmana. I giornali spagnoli parlano del «sogno europeo» che attrae i poveri d'oltremare. Gli immigranti messi¬ cani, perseguendo il loro «sogno americano», non si fermano neanche davanti al caldo spaventoso, morendo nel deserto incandescente. In Italia i cinque disperati nordafricani, pur di non ritornare nella loro patria, bruciano la barca, morendo tra le fiamme. Sono fatti terrificanti che fanno disperare: questi «sogni» (italiano, europeo, americano o qualsiasi altro) valgono una morte? Li porterei, questi immigranti clandestini, in una gita nella «bella» Napoli. Farei loro vedere i Quartieri Spagnoli, li lascerei da soli in quella città, in mezzo a quel degrado umano, che forse farebbe loro ricordare l'altra sponda dalla quale sono venuti con tanta fatica e con tanto rischio. E dopo gli chiederei: ne valeva la pena? Forse qualcuno avrebbe risposto: sì. Se fosse stato un curdo, lo avrei capito: almeno qui c'è qualche possibilità di sopravvivere. Là non c'è n'è nessuna: o ti ammazzano gli uni o gli altri, nel migliore dei casi tu muori di fame. Invece, il rifiuto delle autorità tunisine di riprendere i propri cittadini, accusando l'Italia di non rispettare i diritti umani, fa pensare che l'immigrazione clandestina tunisina, come quella cubana di qualche anno fa, è favorita dal governo, che la usa per risolvere i problemi mterni. Non si può fermare la spontanea circolazione degli esseri umani. Fermarla è come fermare la circolazione del sangue. Però questo fatto «biologico» non dispensa le autorità italiane dalla necessità di elaborare una politica ben definita di immigrazione. E' essenziale informare le popolazioni dei Paesi da dove proviene l'immigrazione clandestina, nella loro lingua e secondo la loro mentalità, della situazione economica e sociale italiana e delle possibilità di un immigrante di entrare nel Paese legalmente e trovare un lavoro. Dovrebbe cioè essere creata una agenzia specializzata per l'immigrazione. Costerebbe molto meno delle battaglie sulle coste siciliane che la polizia deve ingaggiare con gente impazzita dal caldo e dalla fame. Michael Yevzlin, Trento Dragoni e Lancieri questione di stile Dopo il bell'articolo di Giorgio Calcagno, torno sul tema della Cavalleria italiana in Russia proponendo la testimonianza del giornalista e scrittore Cesco Tomaselli che in Battaglia sul Don (Rizzoli) descrive un incontro con i Reggimenti Savoia e Novara: «Dopo una quarantina di chilometri, il bosco s'era quasi di colpo diradato ed avevo rivisto spalancarsi la bianca, uniforme pianura che per tanti mesi era stata lo scenario d'ogni nostro avvenimento. Ero immerso nella contemplazione di quella funerea bianchezza, allorché da un punto qualunque emerse all'improvviso un che di scuro e semovente che s'allungava in forma di catena e cresceva via via di rilievo fino a determinarsi in ciò che realmente era. Era una colonna di cavalleria, che da una pista laterale marciava verso la via maestra... Era la nostra cavalleria, erano i Dragoni di Savoia, erano i Lancieri di Novara, erano quei due reggimenti insigni di tradizione che sui campi di battaglia dell'Ucraina, imperando ordigni corazzati e motori a scoppio, avevano sanguinosamente rivendicato l'impiego classico dell'arma che dovrebbe esser simboleggiato da un arcangelo guerriero perché si regge sui valori dello spirito. «Quel giorno essi compivano l'ultima tappa di una marcia di mille chilometri dal Don al medio Nipro; però nessuno, vedendoli, avrebbe potuto pensare ciò; si sarebbe detto che stavano effettuando un trasloco di guarnigione, e tale infatti era lo stile della loro sfilata, primo il generale Lombardi col comando di raggruppamento, i colonnelli in testa ai reggimenti, gli Stendardi sempre spiegati, le armi, le selle, le trombe, le uniformi così a posto che il dettaglio non andava mai a scapito del colpo d'occhio...». Alberto Bersani Torino Quando i cavalleggeri caricarono a Poloj L'ultima carica della Cavalleria italiana fu non quella di Savoia Cavalleria in Russia (24/8/42) bensì quella dei Cavalleggeri di Alessandria a Poloj (Balcania), il 17/10/42. generale Emilio Grimaldi Massa Finalese (Mo) Le lettere .vanno inviate^'8'' a: j* / LA STAMPA\ | «Via Marenco 32,10126 TORINO\J fax 011 -6568924 ^| e-mail lettere@lastampa.it |