Rogers: metropoli, killer della civiltà

Rogers: metropoli, killer della civiltà L'intervista. L'architetto inglese indica la via di salvezza per le nostre città: case e industrie più ecologiche, quartieri a misura d'uomo Rogers: metropoli, killer della civiltà Shanghai o Los Angeles organismi inquinanti da risanare S~ IAMO seduti su un barile di esplosivo: il nostro pianeta inquinato e surriscaldato, popolato da miliardi I di poveri stipati in megalopoli disumane, fingiamo di non preoccuparci. Suona la sveglia un architetto famoso, non un ambientalista doc. E' Richard Rogers, inglese nato a Firenze, autore di opere che gli hanno fatto attribuire l'etichetta di «High Tech» («La rifiuto, non mi piace affatto»). Dal Beaùbourg progettato insieme a Renzo Piano al Palazzo dei Lloyd's e al Millennium Dome, enorme cupola trasparente sulle rive del Tamigi (364 metri di diametro, 80 mila mq coperti). Pubblica un libro, Cities for a small planet (Faber & Faber), di ispirazione radicalmente ecologica sul futuro della città. Un nuovo utopista, erede di Robert Owen fondatore di New Harmony e di Ebenezer Howard teorico delle Città Giardino? «Non mi sento in questi panni. Non si tratta di utopie ma di scelte obbligate. In passato erano pochi a pensare globalmente, oggi il quadro è chiaro a molti: se continuiamo sulla strada dello sviluppo incontrollato sarà il disastro. Gli agglomerati di ogni dimensione causano tre quarti dell'inquinamento globale. Il futuro della civiltà è determinato dalle città che nel 1950 avevano complessivamente duecento milioni di abitanti, saliti a più di due miliardi. La città ecologicamente sostenibile è la via di salvezza, non possiamo farne a meno». Che cosa intende per città ecologicamente sostenibile? «Una città policentrica. Non più divisa in zone ma organizzata integrando residenze, uffici, negozi. Un corpo vivo, dotato di un suo metabolismo: riciclaggio dei rifiuti e delle acque usate, uso delle fonti naturali di energia, spazi verdi e più trasporti pubblici per ridurre l'inquinamento atmosferico. Una città pensata per gli esseri umani, con strade e piazze che vengono restituite ai cittadùii». Parlando di consumi di energia Rogers mi fa l'esempio del nuovo Tribunale di Bordeaux, da lui progettato escludendo l'aria condizionata artificialmente: «La forma dell'edificio fa pensare a sette grandi camini. E' determinata dal sistema di riscaldamento e di raffreddamento che sfrutta il vento, il sole, l'acqua, sostituendo i condizionatori elettrici». La forma segue la funzione? Era un motto dei modernisti, in anni ormai lontani. Ma Richard Rogers non è propenso alle divagazioni accademiche. Insiste sul tema di fondo: l'urgenza di una vera e propria rivoluzione culturale e politica nei rapporti tra Paesi ricchi e poveri, nei programmi di sviluppo urbano. Osservo che i governi responsabili sembrano poco propensi a cambiare indirizzi per ridurre effettivamente la quantità di gas scaricati nell'atmosfera del pianeta. Lo confermano i modesti risultati delle Conferenze di Rio, di Vancouver e di Tokyo. «Non regge più la città concepita come arena del consumismo e tempio delle finanze, col centro diviso dalle periferie dei disperati. Nel Terzo Mondo possono esplodere i ghetti e le baraccopoli dei poveri. Ingiustizie sociali, disoccupazione, basso livello di istruzione, impediscono alla città di diventare ecologicamente sostenibile». Nelle pagine di Cities for a small planet vengono descritte situazioni allarmanti. Metà della popolazione della Terra è già inurbata e nel giro di trent'anni altri due miliardi di esseri umani si aggiunge¬ ranno a quelli che vivono nelle mostruose megalopoli del Terzo Mondo. Ben 57 città hanno superato i cinque milioni di abitanti e 44 di queste si trovano nei'Paesi in via di sviluppo. Mexico City aveva 340 mila abitanti nel 1900, oggi sono 20 milioni (ogni mese arrivano dalle campagne 70 mila senzatetto) con 4 milioni di automobili e uno smog quattro volte peggiore di quello di Los Angeles. Shanghai è sui 17 milioni. In Cina circolano due milioni di automezzi ma entro il 2020 diventeranno 20 milioni. E il governo incoraggia l'esodo dalle campagne, verso la città. I Paesi in via di sviluppo importano i modelli del mondo occidentale, preferibilmente degli Stati Uniti, con le loro distorsioni e le loro architetture (i grattacieli simbo- leggianti la ricchezza). Rogers cita diversi esempi di «non-città» americane, cominciando da Los Angeles dove ai quartieri dei segregati si oppongono quelli protetti da polizie private. Il distretto degli affari è continuamente sorvegliato dagli occhi delle telecamere e da strumenti elettronici che seguono i passanti. Non è da meno Houston, dove è stata costruita una rete di strade sotterranee, interamente private, al servizio esclusivo del centro direzionale. Una cittadella di massima sicurezza, ovviamente ad aria condizionata. * A Shanghai, dove i grattacieli troneggiano, Richard Rogers è stato invitato a progettare un nuovo quartiere, Lu Zia Sui. Lo ha fatto pensando ecologicamente: spazi verdi, trasporti pubblici, percorsi pedonali, equilibrio tra residenza e uffici. Mi dice con un pizzico di autoironia: «Siamo riusciti a concludere poco. E' stata una battaglia quasi perduta. Però è interessante che mi abbiano invitato pur conoscendo le mie idee». L'insuccesso cinese non turba il suo ottimismo: «Non vedo tutto nero intorno a noi. Arrivano segnali incoraggianti, prevalentemente dalle città europee». Rogers non risparmia critiche alle trasformazioni subite da Londra negli anni della Thatcher, quando l'iniziativa era nelle mani dei «developers». Nel suo libro attacca l'enorme operazione immobiliare dei Docks, naufragata anche a danno degli speculatori: milioni di metri quadri per uffici restano vuoti mentre 120 mila persone non hanno un tetto sicuro. Dalle sue pagine emerge un dato statistico impressionante: a Londra l'inquinamento atmosferico è tale che un bambino su sette soffre di asma. «Queste sono le eredità del passato, però senza dimenticare che il Tamigi è stato ripulito. Oggi le cose stanno cambiando, Londra ha nuovi progetti per il Duemila. Le battaglie iniziate anni fa possono essere vinte. Un esempio concreto: non si costruiscono più shopping centers fuori città, si progettano nuovi spazi pubblici». Rogers mostra fiducia nel governo Blair e insiste sull'importanza della partecipazione dei cittadini al disegno politico per l'avvenire della capitale. Propone l'ingresso dell'urbanistica e dell'architettura nelle scuole, l'allestimento di consultori di quartiere, mostre dei piani e progetti. «Londra è ad una svolta storica. La nostra generazione ha l'opportunità di trasformarla in una delle città più civili e abitabili del pianeta». Mi parla del suo piano per cinque nuovi quartieri, ideati per ridurre di un terzo i consumi di energia. Come saranno le case, quali dimensioni e quale aspetto? Domanda inevitabile all'architetto che deve la fama a edifici pubblici ammirati e discussi, fortemente caratterizzati dalla sua ricerca, a Londra come a Tokyo, Berlino, Strasburgo. Nel suo libro immagi- na gli edifici del futuro come contenitori flessibili, adatti agli usi di una società dinamica. Tale prospettiva causa perplessità pensando che già oggi non si distingue una nuova chiesa da un cinematografo o da un magazzino. Rogers riconosce: finora sono state costruite città che producono violenza e segregazione. Lo dobbiamo anche alle architetture delle macchine per abitare, al linguaggio incomprensibile dei progettisti. Che cosa propone a Londra? «Il primo quartiere, a Greenwich, viene progettato da Ralph Erskine. Le case di abitazione saranno in gran parte di legno, con elementi di acciaio». La scelta di Erskine è indicativa. L'architetto di formazione svedese si è sempre ispirato ai principi della dimensione umana e della partecipazione degli abitanti alla fase progettuale, mostrandosi attento ai suggerimenti della natura dei luoghi. La città ecologicamente sostenibile avrà dunque case rispondenti alle attese degli abitanti, disegnate con un linguaggio che consente il dialogo e il senso di appartenenza? Richard Rogers mi sembra convinto della necessità di una svolta nel progettare le abitazioni e il paesaggio urbano, dopo troppi anni di predominio dello «stile internazionale» che ha uniformato le nuove parti delle città nei Paesi più diversi. «La città sostenibile sarà una città bella, dove arte, architettura e paesaggio muovono l'immaginazione e lo spirito. L'architettura non è moderna se non tiene conto dei problemi sociali e se non è comprensìbile dagli abitanti. In "passato avevamo smarrito la strada che porta a forme ecologiche». Mario Fazio «Le aree urbane devono essere corpi vivi, con metabolismo proprio: riciclaggio di rifiuti e acque, fonti naturali di energia, spazi verdi e più trasporti pubblici» L'architetto e urbanista Richard Rogers. A sinistra, il Millennium Dome a Londra, sulle rive del Tamigi