Capolavori imprigionati contro l'incubo furti

Capolavori imprigionati contro l'incubo furti PANEALPANE Capolavori imprigionati contro l'incubo furti irti e gli sfregi alle opere d'arte si susseguono con cadenza impressionante. L'ultimo episodio riguarda la testina di cane staccata da un sarcofago romano agli Uffizi. Da oggi un molosso in meno si avventerà alla caccia del cinghiale sul vetusto bassorilievo. E' successo in una sala piena di gente, ma soltanto una turista francese ha visto e ha dato, inutilmente, l'allarme. Il danno non è molto grave, restano però la beffa e l'amarezza, la paura di quanto sarebbe potuto toccare a uno dei più amati musei del mondo. Le gallerie più celebrate scoppiano per il numero crescente di visitatori che rende sempre più ardua la protezione. Forse, come è stato suggerito più volte, bisognerà ricorrere al numero chiuso, evitare l'inseguimento tra museo e museo a suon di statistiche e di incassi. Ma per capire l'accanimento contro le opere d'arte, il tipo di fascinazione criminosa che vanno oggi esercitando (si sono sempre rubate e distrutte, magari per mano di avventurieri e conquistatori) occorre tenere conto di un nuovo potente fattore. E' la straordinaria visibilità che hanno assunto grazie agli strumenti di comunicazione di massa. L'informazione più diffusa, che denota anche un maggiore, virtuoso apprezzamento dell'arte, il business demandato alle istituzioni culturali contribuiscono a pubblicizzare all'inverosimile fenomeni che erano riservati un tempo alle èlites. Insieme al godimento più esteso di beni che idealmente appartengono a tutti, si arriva all'affollamento indotto e distratto di luoghi illustri, fino al pedagogismo insulso di scolaresche caracollanti. Si arriva, purtroppo, agli attentati veri e propri contro testimonianze inestimabili, contro la memoria, che è midollo e anima, di una civiltà. Se non fosse così divulgato I il valore simbolico e venale dei I beni artistici - assimilati agli imperversanti idoli della tribù non assisteremmo a tante offese. Non si tratta soltanto del furto organizzato a fini di vendita clandestina o di riscatto. A nessun presunto rivoluzionario verrebbe in mente - come hanno fatto a Viterbo - di sfigurare pallidi affreschi. La mafia non si proverebbe a dimostrare la propria impunità usando la dinamite contri) chiese e musei. E non ci sarebbe forse il feticista che si porta via come soprammobile un frammento di marmo dal prezzo irrisorio. Cosi, chiese che hanno esibito per secoli i loro tesori, aprendosi confidenzialmente alla comunità dei fedeli, devono sbarrare i portali. Subiscono violenza muri e fontane. Statue ritte nelle belle piazze d'Italia, già espressione di civico orgoglio, sono sostituite da gelide copie (è vandalico anche lo smog). E non basta, se nel chiuso dei musei si deve ricorrere a sempre nuovi marchingegni protettivi. La visibilità ne risulta, per eccesso, condizionata e contraddetta. Che fare? Non si possono discriminare ovviamente i visitatori che hanno uguali diritti. Gli accordi internazionali possono contrastare, non impedire, i furti. La più solerte sorveglianza non garantisce l'assoluta invulnerabilità. L'educazione al rispetto è una pianta lenta che non attecchisce in rutti i terreni. Occorrerà, si dice, contenere i danni entro limiti fisiologici. In una società sempre più complicata, convulsa, insicura dovremo abituarci anche a questi capolavori imprigionati, esposti all'ammirazione stipata e commossa di chi passa, accennando. Lorenzo Mondo do |

Persone citate: Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Italia, Viterbo