Sexygate, Clinton sotto torchio via cavo

Sexygate, Clinton sotto torchio via cavo Un altro mezzo punto per Starr, un giornale anticipa: il Presidente farà un mea culpa Sexygate, Clinton sotto torchio via cavo Testimonierà in video: i giurati potranno fargli domande NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Non è vero che i membri del gran giurì saranno «tenuti a distanza» durante la deposizione di Bill Clinton del 17 agosto di fronte al procuratore Kenneth Starr: la seguiranno «in diretta» attraverso un collegamento televisivo a circuito chiuso fra la Casa Bianca e il Palazzo di Giustizia, si è saputo ieri, e potranno anche inten/enire, chiedendo a Starr di porre delle specifiche domande. Sembra un dettaglio non molto rilevante, ma ieri i media americani vi si sono lanciati sopra perché ciò significa che quando David Rendali, l'avvocato di Clinton, aveva pubblicamente annunciato che i membri del gran giuri avrebbero visto la deposizione solo in un secondo momento, attraverso un video che sarebbe stato girato, non ha detto la verità. La Casa Bianca, che aveva tenuto a far presente che l'esclusione dei giurati era da considerare una sorta di vittoria di Clinton, il quale considerava troppo «umiliante» doversi presentare di fronte a loro, ora è costretta ad ammettere che quell'umiliazione invece ci sarà, almeno parzialmente, e questa ieri era considerata dai media americani una novità sufficientemente succosa su cui vivere, in attesa del fatidico 17 agosto. Ma il punto principale, naturalmente, rimane «che cosa» Clinton andrà a dire a Starr: confesserà tutto o continuerà a negare? Il «New York Post» ieri aveva una «rivelazione» che sembrava deporre a favore della prima ipotesi. Diceva che Erskine Bowles, il capo dello staff di Clinton, si era attaccato al telefono e aveva preso a «sondare» con discrezione deputati e senatori per conoscere la loro reazione di fronte a un eventuale «mea culpa» di Clinton, accompagnato da una pubblica richiesta di «perdono» rivolta al popolo americano e presumibilmente alla moglie Hil- lary. Ma un po' perché il «New York Post» è quello che è, un tabloid che ama «urlare» e che è da sempre ferocemente schierato contro Clinton, un po' perché Bowles ha precisato che non stava facendo nessun sondaggio, stava solo richiamando parlamentari che gli avevano telefonato e lasciato messaggi, quella rivelazione non è stata preso molto sul serio e la «suspence» su ciò che Clinton dirà ri- mane tutta intera. La convinzione diffusa è che lui, per decidere come comportarsi, voglia prima sapere se davvero il «vestito macchiato» di Monica, attualmente sotto esame nel laboratorio scientifico dell'Fbi, è in grado di «parlare» contro di lui attraverso il Dna. Il procuratore Starr, si dice, ha duramente diffidato gli uomini dell'Fbi a mantenere segreti i risultati della loro analisi perché inten¬ de spiattellarli di fronte al Presidente, con un colpo alla Perry Mason, nel caso in cui lui si ostini a negare la relazione con Monica Lewinsky. Ma è dubbio che quel segreto riesca a restare tale. Se è improbabile che nessun giornale abbia la sua brava «talpa» all'Fbi, dicono un po' tutti, è ancora più improbabile che quella talpa non ce l'abbia neanche la Casa Bianca. Starr intanto, visto che si sta arri- vando alla fase finale di questa storia, ha deciso di prendersi una «vacanza non pagata» dallo studio legale di Chicago di cui fa parte, per dedicare ad essa tutto il suo tempo. Nella sua parallela attività privata, regolarmente svolta - nonostante le critiche - durante tutti questi quattro amii di «impegno pubblico» come procuratore speciale, Starr ha guadagnato un milione di dollari l'anno, ma ha anche rinunciato a un posto di prestigio (preside della facoltà di legge) che gli era stato offerto dalla Pepperduie University della California, un posto incidentalmente finanziato da Richard Mellon Scaife (petrolio, supermercati e tante altre cose) noto per la sua inimicizia per Clinton. Ma anche con questo suo impegno finalmente a tempo pieno, la previsione è che Starr il suo rapporto finale lo consegnerà alla commissione Giustizia della Camera, perché decida se ci sono o no gli estremi dell'impeachment, al più presto a settembre. E già i membri di quella commissione dicono che a quel punto sarà troppo tardi per mettersi immediatamente al lavoro. A novembre, infatti, si vota e loro saranno impegnati a cercare di essere rieletti. Perfino Robert Barr, un repubblicano che da tempo va dicendo che Clinton deve essere cacciato, ora ammette che le elezioni sono mi «problema pratico», per lui e per i suoi colleghi, destinato a prevalere sul resto. Franco Pantarelli Lotta contro il tempo del procuratore per presentare il rapporto prima delle elezioni v -. „ 7

Luoghi citati: California, Chicago, New York