Caccia al racket delle navi di Alessandra Pieracci

Caccia al racket delle navi Caccia al racket delle navi Genova, c'è una rete che smista i neri L'OMBRA DEI CLAN OGENOVA UELLA botola predisposta nel container non lascia dubbi: le organizzazioni per la tratta dei clandestini hanno ormai affinato i loro metodi coinvolgendo anche «basisti» all'interno delle navi mercantili in rotta dal Nord Africa all'Italia. Organizzazioni che hanno imparato a scartare i porti a maggior rischio di controlli per scegliere scali magari più lontani, ma ritenuti in un certo qual modo sicuri. I cinque tunisini morti nel rpgo della cabina in cui erano stati rinchiusi, dopo essere stati scoperti, a bordo del mercantile «Lindarosa», avrebbero fatto parte di un «carico» di otto clandestini, appoggiati a un connazionale come «guida». Proprio il nono uomo riu- scito a fuggire, attraverso la botola del container, nella fase di scarico a ponte Canepa. E la sua scomparsa dimostrerebbe una perfetta conoscenza dei luoghi in cui aveva condotto gli altri disperati. Il giorno stesso della tragedia, lunedì, gli investigatori della Mobile, diretti dal vice¬ questore Filippo Dispenza, hanno avviato un'inchiesta parallela sull'esistenza di un racket internazionale tra Tunisia e Liguria. Ma a questo punto la polizia genovese ritiene determinante la collaborazione delle autorità dei Paesi da cui provengono i clandestini. Gli elementi raccolti dalla scientifica nel sopralluogo della nave e del container hanno confermato i sospetti: qualcuno aveva predisposto le modalità di fuga dopo lo sbarco in porto del container, appoggiato su un semirimorchio. Assi smosse in precedenza, cioè una vera e propria botola, lasciavano aperto un varco abbastanza ampio per il passaggio di un uomo, fra la motrice e il pianale del semirimorchio, in corrispondenza dello spazio vuoto, questo regolare, attraverso il quale si può arrivare a terra. Genova e un porto di arrivo per molti, ma resta soprattutto uno dei crocevia dei disperati che puntano ad altri paradisi: la Germania e il Canada. Da tempo esisteva il sospetto dell'esistenza di un'organizzazione per la tratta dei clandestini diretti in Nord America, gestita dagli stessi extracomunitari e rivolta soprattutto agli sbandati dell'Est europeo. Per l'espatrio nei container erano già stati escogitati sistemi «artigianali» in grado di ripristinare in qualche modo i sigilli delle porte. Proprio per scoprire la presenza di persone all'interno dei grossi contenitori chiusi, ammassati in attesa d'imbarco nella zona por¬ tuale, alcune ditte si sono munite da tempo di apparecchiature in grado di rilevare la presenza di anidride carbonica, «spia» di esseri umani all'interno. Spesso la scoperta dei clandestini ha garantito loro la sopravvivenza. Per tutti, vale il caso di tre romeni scoperti tempo fa dalla Guardia di Finanza con sacchi a pelo e viveri per pochi giorni: si erano affidati a un'organizzazione di albanesi che, dietro un forte compenso, aveva garantito l'arrivo in Canada, quando invece la destinazione del carico e del container era Yokohama. Ora, però, l'impressione è di un «salto di qualità» criminale, con una rete internazionale in grande stile. Alessandra Pieracci La nave della morte di Genova

Persone citate: Canepa, Filippo Dispenza

Luoghi citati: Canada, Genova, Germania, Italia, Liguria, Nord Africa, Nord America, Tunisia